Già da un paio di anni, con diverse sentenze ed ordinanze, il Consiglio di Stato riconosce il valore abilitante all’insegnamento dei diplomi di istituto magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, dopo 13 anni dalla sua conclusione e dopo diversi interventi legislativi che l’hanno cancellato.



In particolare, le ultime due ordinanze del 31 agosto impongono al ministero dell’Istruzione di inserire in via cautelativa i 3mila ricorrenti nelle graduatorie a esaurimento (Gae), in attesa della sentenza di merito che sarà discussa il prossimo 1° dicembre.

L’intricata vicenda nasce nel 2013, quando un parere del Consiglio di Stato riconobbe il diritto per chi aveva conseguito il diploma magistrale entro l’anno scolastico 2001/2002 di essere considerato abilitato all’insegnamento nella scuola primaria, a differenza di quanto accaduto fino ad allora.



Il ministero dell’Istruzione aveva conseguentemente consentito a questi insegnanti l’iscrizione nelle graduatorie di istituto e di circolo, ma non nelle Gae, chiuse dal 2006 dall’allora ministro Fioroni.

Da lì parte la nuova querelle giudiziaria, per ottenere l’inserimento straordinario nelle Gae che a partire dallo stesso provvedimento del 2006 sono diventate il passaggio obbligato per l’assunzione a tempo indeterminato.

Pur non volendo entrare nel merito delle sentenze del Consiglio di Stato ed in attesa del prossimo giudizio di merito, non si può oggi non sottolineare che le due recenti ordinanze escludono esplicitamente che i ricorrenti possano rientrare nel piano assunzionale della legge 107/2015 per il quale sono già state completate le fasi 0 e A che hanno riguardato lo scorrimento delle Gae per coprire i posti del turn over. Inoltre, sono scaduti i termini per la presentazione delle domande per partecipare alle fasi B e C ed in queste ore si stanno definendo le assegnazioni territoriali per il personale della fase B, sulla base dei calcoli di un algoritmo che dovrà incrociare i punteggi dei singoli docenti con le preferenze espresse in sede di domanda. 



Perciò, al massimo, questi ricorrenti potranno andare ad ingrossare il numero di insegnanti precari che potranno aspirare alle immissioni in ruolo dei prossimi anni.

Semmai ce ne fosse ancora bisogno, questa vicenda conferma ulteriormente che la cosiddetta “Buona Scuola” non realizza la fine del precariato, così come non evita la famosa “supplentite”. Ai precari che restavano già esclusi dal piano straordinario di assunzioni, se ne aggiungono altri per effetto delle ultime decisioni del Consiglio di Stato.

La seconda considerazione sulla cosiddetta “Buona Scuola” che può essere tratta da questa vicenda riguarda la decisione del Governo di escludere dal piano assunzionale gli insegnanti abilitati con il Tfa e/o Pas, sulla base della motivazione che questi insegnanti fossero in possesso solamente di un titolo abilitante e non siano vincitori di concorso.

Peraltro, questa ingiusta disparità di trattamento emergeva già dalla scelta di immettere prioritariamente in ruolo non solo i vincitori del concorso del 2012, ma anche coloro che erano solo risultati idonei. 

Infine, rimane ancora da capire come la sopravvivenza delle ingrossate Gae si combinerà con gli esiti del concorso che dovrà essere bandito entro il prossimo 1° dicembre. In altre parole, bisogna ancora capire come si eviterà l’insorgenza di nuovo precariato, come si porrà rimedio ad altri casi come quelli generati dagli ultimi pronunciamenti del Consiglio di Stato e come si garantirà alla Scuola di riprendersi dallo tsunami che la sta per investire, per cui lo stesso ministro Giannini ha dovuto riconoscere che sicuramente l’anno scolastico che non è ancora cominciato è già da considerare come anno di transizione, con buona pace della qualità e della continuità della didattica.