Caro direttore,
con la Buona Scuola entra dentro l’istituzione scolastica il comitato di valutazione e il suo scopo è la “valorizzazione dell’impegno e dei meriti professionali del personale dell’istituto, sotto il profilo individuale e negli ambiti collegiali. Il comitato è istituito presso ogni istituzione scolastica ed educativa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; nessun compenso previsto per i membri; durerà in carica tre anni scolastici; presieduto dal dirigente scolastico, è composto da tre docenti dell’istituzione scolastica, di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto, a cui si aggiungono due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo di istruzione; un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione, scelti dal consiglio di istituto; un componente esterno individuato dall’ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici.



Obiettivo è valorizzare il merito, premiare chi tra i docenti si è dimostrato incisivo, efficace sia dentro le attività di insegnamento sia dentro la scuola in generale con i suoi diversi progetti. Questo quello che dice la nuova legge 107.

Nella realtà, il comitato di valutazione è un’occasione perduta: se parte da un’esigenza giusta, nella pratica la tradisce perché non coglie la natura dell’esperienza educativa e di conseguenza non sa come valorizzarla.



Innanzitutto è evidente che il merito deve essere valorizzato. Da troppo tempo siamo in una scuola dove tutto va bene, che si faccia o non si faccia è lo stesso perché l’importante è scriverlo nei vari modelli qualità. Invece no, la natura stessa dell’educazione mostra che dove ciò che si fa in classe colpisce l’interesse degli studenti si crea continuità, si inventano iniziative nuove, si tentano strade originali. E’ il contraccolpo di un interesse a creare una storia educativa: il “merito” non sta nell’aver generato quel contraccolpo, ma nell’averlo identificato e nell’averlo fatto crescere. Il merito è pertanto un fattore critico e dinamico, presente nello svolgersi del fenomeno educativo.



Proprio per questo il comitato di valutazione così come è stato immaginato da Renzi-Giannini è già vecchio prima di nascere, perché chi l’ha disegnato non ha capito due cose:

1. in primo luogo, stabilire il merito è un’azione di discernimento, non l’esito di una analisi di dati. Il merito va visto in azione, se si vuole fissarlo lo si riduce, non lo si capisce in tutta la sua energia creativa.

2. per questo, in secondo luogo non vi è bisogno di nessun bonus, né qualsivoglia premio in denaro, e questo rattrista molto chi è impegnato dentro la scuola. Chi è seriamente impegnato in essa non vuole qualche soldo in più perché il suo insegnamento o il suo impegno nei progetti sono stati valutati positivamente e appassionano gli studenti. 

Ciò che un insegnante vorrebbe è che il suo impegno venga valorizzato, che le sue attività ottengano le risorse necessarie per compiersi, qui sta la questione seria del merito; che l’istituzione sostenga ciò che incide dal punto di vista educativo.

Il comitato di valutazione così com’è nella legge 107 procede come un tribunale che analizza le cause e si pronuncia, mentre in campo educativo bisogna seguire ciò che accade, valorizzare ciò che è nuovo e che promette un surplus di conoscenza.