Eccolo, il caso pietoso. Alla fine è saltato fuori, l’episodio adatto per aizzare la gazzarra. Un sedicenne di Monza, di origine romena, omosessuale dichiarato, è stato messo fuori dalla classe. Motivo, una foto esplicita pubblicata su un social network, trovata da un compagno, segnalata a un insegnante. I contorni della vicenda, come è facilmente immaginabile, sono confusi. “Un innocente scatto al mare”, afferma (secondo le agenzie) la madre. “Un’immagine inequivocabilmente pedopornografica”, replica (sempre secondo le agenzie) il preside. “Il ragazzo è stato allontanato — prosegue — non per discriminarlo, ma per evitare le discussioni in classe”. Posso immaginarmele, le “discussioni in classe” in una terza superiore: le beffe, i lazzi, gli sfottò. Non faccio fatica a immaginarmelo, il povero preside che non sa come arginare la situazione: tanto per cominciare allontaniamo l’oggetto del contendere, lo affidiamo a un educatore, come facciamo abitualmente, intanto ci pensiamo. “Ho avvisato i servizi sociali e i genitori — aggiunge il malcapitato preside — ma non si è fatto vedere nessuno. I cristiani non discriminano, noi accettiamo tutti”. Già, ma chi vuoi che gli creda?



Intanto, si è già scatenato il can can mediatico: “È un fatto gravissimo, inconcepibile, per il quale chiediamo l’intervento fermo e severo del Miur. Il ministero invii gli ispettori”, tuona il presidente di Arcigay Flavio Romani. “Una vicenda di una gravità inaudita, perché sottoporrebbe il minore a un trattamento degradante e discriminatorio”, gli fa eco il deputato Pd Alessandro Zan. “Mi chiedo quanto influiscano, in situazioni del genere, le aberranti esternazioni e gli assurdi convegni che certe forze politiche si ostinano a organizzare, contro la cosiddetta teoria del gender e a difesa di una fantomatica famiglia naturale”, rincara la democratica Rosaria Iardino, consigliere comunale a Milano e consigliera delegata alle Pari Opportunità della Città metropolitana (“Cosiddetta”, “fantomatica”, eh già: chissà chi si ricorda che erano gli aggettivi usati a suo tempo da certa stampa per le Brigate rosse…). “Presenterò quanto prima un’interrogazione parlamentare affinché il Miur faccia chiarezza”, chiude il cerchio la responsabile scuola di Forza Italia, Elena Centemero.



Che il preside abbia davvero pensato — magari sbagliando, è possibile — di sottrarre in quel modo il ragazzo a una malevolenza peggiore è un’ipotesi che non viene nemmeno presa in considerazione. Che la questione, delicata, vada affrontata con discrezione, men che meno. Non mi stupisce. A chi interessa appurare come sono andate, davvero, le cose? A chi interessa, davvero, il bene di quel ragazzo? Io ho un sospetto (opinabile, personale, me ne assumo tutta la responsabilità; non è la posizione del sussidiario, se non è d’accordo fa bene a smentirmi): non interessa a nessuno. 



Quel che sta a cuore a una certa parte culturale e politica — l’ho già scritto, non ho timore a ribadirlo — non è il bene reale, concreto, di una persona. Quel che sta a cuore a una certa parte culturale e politica è una battaglia ideologica, di principio: far trionfare una posizione e ridicolizzare, demonizzare chiunque ne abbia una diversa. Il sedicenne di Monza è uno strumento. Se davvero è stato emarginato, è stata un’ingiustizia, è giusto cercare di porvi rimedio. Ma strumentalizzarlo per una battaglia politica non è un’ingiustizia da meno.

PS: come ho accennato, ho già scritto sul sussidiario su questi argomenti, chiarendo che ho amici di diverso orientamento sessuale a cui voglio un gran bene. Ho raccolto ugualmente qualche commento bilioso. Mi dispiace. Mi dispiace soprattutto perché è segno che il veleno disseminato da questa gente sta facendo il suo effetto, così che diventa impossibile parlare lealmente di questioni drammatiche e bisogna per forza schierarsi, di qua o di là. Per questo ringrazio chi, come papa Francesco e non solo, da anni ci ricorda che il problema non è richiamare i, pur giusti, valori cristiani, ma ricominciare a porre la questione dell’umano. Chissà che, almeno per qualcuno, la vicenda del povero sedicenne monzese sia un’occasione per questo.