GAINESVILLE, Florida — L’ultimo capitolo di questa mia proposta di riflessioni riguarda le discipline. Occorrerebbe, nell’era digitale, ripensarle. In tanti discorsi sulla tecnologia che ho ascoltato, non ho mai trovato, grazie a Dio, nessuno che avesse il coraggio di usare questo verbo per la valenza filosofica che esso ha. Non possiamo sognarci di fare una nuova epistemologia delle discipline che insegniamo semplicemente perché usiamo uno strumento diverso per studiarle. La provocazione tecnologica ci invita, semmai, a guardarle in faccia. In altre parole: non dobbiamo farci spaventare dal dogma dell’integrazione della tecnologia nella didattica. Semplicemente perché, se uno vuole fare scuola, quella del sostantivo, la tecnologia la userà se servirà a quella sostanza. E bisogna provarci, per carità nei confronti dei nostri studenti che alla tecnologia sono esposti come mai prima nella storia dell’uomo. Ecco, allora, la mia esperienza. In questi dieci anni mi sono trovato a insegnare in Italia italiano, storia, geografia e latino; in America italiano (ma come lingua straniera), filosofia, storia europea e latino.
Ogni disciplina ha il suo rapporto con la tecnologia. Ma non per strane congiunture astronomiche. Per la natura della disciplina. Ancora si tratta della sostanza dei sostantivi. La disciplina più assurda da “integrare” con i tablet o i pc è la letteratura. Ho visto tanti tentativi: inserti audio-visivi del chiurlo di Pascoli; improbabili mappe interattive dei viaggi di Enea o della sua fuga da Troia; ridicole ricostruzioni dell’aldilà dantesco. Niente all’altezza. La letteratura è per sua definizione fatta di parole. Sono queste a cui lo studente deve essere esposto, alla loro comprensione, interpretazione, manipolazione. Gli esempi che ho fatto non rispettano questa sostanza della disciplina. Invece, ci sono tantissimi strumenti che possono essere utilizzati per facilitare la comprensione del testo. Dizionari e concordanze su tutti. Ricordo anche di aver visto una splendida app per iPad che conteneva The Waste Land di Eliot. L’app aveva il testo, le fotografie dei manoscritti e dei video in cui vari attori di teatro, credo, recitavano il poema. Queste sono possibilità in linea con la natura dell’oggetto.
Latino. Qui le cose si fanno interessanti. Non credo che la grande disponibilità di testi tradotti online sia nella sostanza un grande problema. Le traduzioni a disposizione ci sono sempre state e gli studenti sono sempre stati abili a trovarle, modificarle, venderle come proprie eccetera. La grande novità, credo, è la possibilità di ricercare forme flesse in un vocabolario. Niente più peregrinazioni sul Castiglioni-Mariotti, e ancora di più sul Rocci, alla disperata ricerca di una parola che almeno inizi con una serie di quattro lettere. Il computer ci restituisce immediata analisi e paradigma di qualunque forma. I puristi potrebbero storcere il naso, di fronte alla perdita della necessità di una competenza grammaticale mnemonica strutturata.
Io non ho visto questo. Si può leggere di più, più autori, più testi. E la competenza grammaticale è ancora richiesta, per capire che cosa il computer ti restituisce come informazioni. La stessa fatica che si faceva per persuadere gli studenti a imparare a memoria le tabelle, o a non fermarsi al primo significato in grassetto sul vocabolario, viene spesa ora a fargli fare la fatica di capire quella pagina che si apre in un browser con l’analisi di una parola inserita.
Storia. Indubbi vantaggi sulla storia contemporanea: la quantità di documenti, dai giornali a video originali, offrono possibilità bellissime per approfondire la conoscenza storica. Ma anche street view di Google, o splendidi siti con banche dati di archeologia, arte e via dicendo. Il web dà la possibilità di vedere cose che gli storici dovevano raccontare, disegnare o far immaginare. Ho seguito un corso di storia greca lo scorso semestre. Il professore, assiduo frequentatore della Grecia, aveva preparato le slides delle sue presentazioni con fotografie fatte da lui stesso nei vari luoghi della storia che spiegava. Il web e gli strumenti digitali arricchiscono il lavoro dello storico. Offrono più possibilità di ricostruire cosa sia successo nel passato. E interpretarlo. Mi sembra un vantaggio rispetto al passato.
Insomma, la tecnologia arricchisce quando è usata in linea con la natura della materia. Altrimenti genera mostri. Le mie osservazioni vogliono essere spunti di riflessione, aperti a correzioni, critiche e conferme. Il desiderio è che il problema della tecnologia a scuola possa non essere trattato semplicemente come una minaccia da neutralizzare, magari salvando la faccia, ma che possa essere un’altra prova che spinga gli insegnanti a riguardare al loro lavoro per la natura che ha. L’esperienza in classe, in questi anni americani, mi ha confortato, perché è possibile educare, sempre e in qualunque contesto, fintanto che ci sarà un uomo di fronte ad un altro uomo.
(5 – fine)
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