In seguito al tentativo di suicidio della dodicenne di Pordenone, causato dalle continue vessazioni dei compagni di scuola, i media hanno sottolineato l’importanza di accelerare il disegno di legge contro il bullismo. 

Mi occupo di bullismo, in chiave europea, da una decina d’anni. E’ giusto che il fenomeno del bullismo venga normato, ma il discorso supera di gran lunga le ali normative. E’ faticoso vivere in questa società “liquida” che ha definito ruoli, spazi e tempi anche per i sentimenti; così come sono faticosi i ruoli di famiglia e scuola!



E’ innegabile affermare che nelle nostre relazioni sociali micro e macro esista un modello basato sul dominio. Il dominio come virus che si insinua in una cellula, espropriando la vittima dalle sue funzioni naturali, configurandosi come azione subdola che sfugge anche alle difese immunitarie.

Scuola e famiglia sono luoghi di esercizio della  creatività, dell’immaginazione, della divergenza e ricerca di convergenza, della sperimentazione empatica: comunicano e trasmettono. Con quale stile operativo? Win/Lose (vittoria/sconfitta) o Win/Win, cioè vantaggio reciproco?



Non sarà certo un ddl a far diminuire i casi di bullismo, ci vorrà sicuramente un grande sforzo educativo per aiutare ogni ragazzo ad aiutare se stesso affinché diventi agente del suo recupero e critico nei confronti dei suoi problemi. Bisogna educare i ragazzi alla libertà, che non è licenza ma possibilità, e non dominio. Si è liberi quando si può condurre se stessi, anche senza norme imposte dall’esterno, quando si sa operare eticamente senza leggi che stabiliscano la qualità dell’agire, quando si è capaci di essere onestamente se stessi.

Educhiamo, allora, alla libertà, educhiamo alla cooperazione al posto della competizione, educhiamo i ragazzi non ad obbedire in base ai dogmi sociali che ci governano, ma perché si deve star bene, vivere bene con gli altri. Educhiamo i ragazzi recuperando l’autorità (da augere, innalzare). 



Oggi famiglia, scuola, società sono spesso vetrine dell’antidialogo, dove non si comunica, ma si trasmettono comunicati. Recuperiamo le parole generatrici di senso: unione, amicizia, rispetto, amore, progetto…

La nostra è una scuola molto burocratizzata, sede di feroci competizioni e ancora di grandi selezioni. Manca una strategia dell’attenzione, che favorisca reciprocità.

Famiglia e scuola non possono cancellare le inevitabili diversità, non possono confondere attribuzioni e responsabilità, né ribaltare i ruoli, ma impegnarsi umilmente in una relazione educativa che, se anche si discosta dall’essere funzionale al sistema, diventa vincitrice nel tendere alla felicità del proprio figlio o studente.

Essere liberi richiede uno sforzo enorme ed un’educazione per tutta la vita. Liberarsi dal bullismo richiede lo stesso enorme sforzo, ma ce la si può fare, perché non accada più di essere miopi davanti agli occhi tristi di una dodicenne.