Sto seguendo una trasmissione televisiva dedicata alla questione “banche salvate con i soldi degli obbligazionisti”; siamo, temporalmente, a fine 2015, prima del dibattito parlamentare sulla mozione di sfiducia individuale.
C’è un autorevole opinionista, Fabrizio Rondolino, in veste evidente di difensore d’ufficio del ministro Boschi e del Governo, che, col solito sorriso sulle labbra, parlando degli obbligazionisti ai quali sono stati confiscati i crediti vantati nei confronti delle banche se ne esce con una analisi, sintetizzabile in un “Se la sono cercata” ed una frase testuale (“E’ il mercato, bellezza”) che chiude, a voler essere buoni, un cerchio di inesattezze.
Un quadro decisamente insopportabile per quelli che potrebbero essere stati anche truffati o oggetto di circonvenzione (uso il condizionale in attesa degli interventi della magistratura ma il giudizio pubblico, basato su dati esperienziali, è abbastanza netto anche prima delle decisioni del potere giudiziario o dell’authority di Cantone) ma che dà la misura esatta di quale sia il problema principale e che coinvolge, altrimenti non ne scriverei qui, direttamente la scuola.
Tuttoscuola news ha dedicato al tema “diseducazione finanziaria” un articolo di apertura al numero 728. Il problema principale, dunque, e non sono il solo a scriverlo, è la diseducazione finanziaria. Non solo quella degli ignari pensionati a cui è stato mollato uno strumento finanziario tanto tossico che Salvatore Rossi, direttore generale di Bankitalia, ne ha proposto il divieto di vendita a risparmiatori non qualificati. Ma, soprattutto, dei Rondolino, dei commentatori ed opinionisti culturalmente non deprivati, che spacciano come verità cose che, se sono in buona fede, semplicemente ignorano.
E se il ferroviere in pensione che ha perso i suoi soldi ha una qualche scusante, il commentatore in grado di orientare l’opinione pubblica non ne ha alcuna. Perché se non conosci non parli. E non c’è bisogno di scomodare Einaudi per questo. Possibile che Rondolino ignori la differenza tra un azionista ed un obbligazionista?
Il primo è uno che rischia, più o meno consapevolmente, i suoi soldi, il secondo è uno che i suoi soldi li presta con la prospettiva di vederseli restituiti con gli interessi. Ed anche un obbligazionista subordinato come lo sono i pensionati irrisi in tv ha delle garanzie, attenuate, ma sicuramente superiori rispetto all’azionista. A quest’ultimo possiamo anche concedere di voler “giocare” (è il termine che si usa e non a caso) in Borsa, all’obbligazionista ancorché subordinato ma incolpevole sul rischio la borsa non glie la possiamo togliere dipingendolo pure come uno speculatore.
Per cui altro che “E’ il mercato, bellezza”. Se mai, se proprio siamo appassionati di citazioni, dovremmo dire “E’ l’ignoranza, bellezza, quella che rende possibile definire un prestito (meno) garantito un’operazione speculativa su cui infierisce il mercato”.
In realtà la questione non è nuova ed anche il sussidiario, in passato, ha ospitato articoli sul tema.
Qual è, oggi, lo stato dell’arte sulla discussione per inserire nel core curriculum degli studenti italiani nozioni di carattere giuridico-economico utili ad evitare le Banche Etrurie et similia? Lo zero assoluto in Italia ma situazioni diverse nel resto del mondo e mi limito a citare Germania e Stati Uniti.
Vero è che in una ricerca da lei curata prima di diventare ministro, la professoressa Elsa Fornero si era occupata di un tema collaterale e cioè la scarsa conoscenza degli strumenti di previdenza da parte delle famiglie italiane.
Ma, sul tema specifico, la diseducazione finanziaria la scopriamo e ne parliamo più o meno diffusamente solo da Banca Etruria in poi.
In un recente saggio dedicato agli effetti negativi della financial illiteracy, Maurizio Trifilidis di Bankitalia segnala che: “L’Ocse è l’organismo internazionale che finora ha dedicato maggiore attenzione al tema dell’educazione finanziaria, sia autonomamente sia attraverso la promozione di un network di esperti a livello globale (International Network on Financial Education), INFE. L’INFE ha l’obiettivo di definire le priorità in materia e agevolare la diffusione delle migliori pratiche. I “Principles and Good Practices for Financial Education and Awareness” raccomandazioni rivolte principalmente ai Governi e alle istituzioni pubbliche dei paesi membri nonché ai rappresentanti delle categorie di imprese, consumatori e operatori del settore, sono stati approvati dall’OCSE nel 2005; essi suggeriscono un approccio d’azione complessivo finalizzato a individuare gli strumenti di intervento di formazione più idonei per la crescita dell’educazione finanziaria, in ragione della specifica situazione di ciascun paese, delle diverse fasce di popolazione/consumatori interessate, delle possibili forme di coinvolgimento degli operatori. Il documento, che ha ricevuto un formale riconoscimento anche da parte dei Ministri Finanziari del G8, raccomanda un’offerta formativa corretta, imparziale, coordinata a livello nazionale e nettamente distinta dalle iniziative a carattere commerciale“.
Ricordo, sempre a proposito di Ocse ma in riferimento al Pisa, che l’Italia ha accettato di testare anche le competenze di carattere economico-finanziario dei propri studenti proprio dopo aver eliminato lo studio dell’economia e del diritto nelle scuole. Sarebbe comico se non fosse tragico.
E, comunque, da noi come siamo messi a “offerta formativa, imparziale, coordinata a livello nazionale e nettamente distinta dalle iniziative a carattere commerciale” per usare le parole di Trifilidis? Lo ripeto, zero assoluto. Il giudizio è perentorio, ma giustificato da vicende che si ha — in giorni recenti di dolore umano assai forte — anche difficoltà e pudore a raccontare.
Perché se uno deve scrivere che negli anni scorsi, in alcune scuole del Nord e col beneplacito di ministri come Gelmini, Carrozza e Profumo, ci sono state iniziative sperimentali di “educazione finanziaria” (non virgoletto a caso) gestite da consorzi di banche (Patti chiari), sì banche, proprio loro, quelle da cui i pensionati della Etruria non sono riusciti a difendersi, ebbene questo dà la misura di come siamo messi.
Quindi una formazione sicuramente “imparziale” e sicuramente “distinta dalle iniziative a carattere commerciale” e spero di non dover chiarire che, al solito, uso l’ironia.
In questi mesi di “Buona Scuola” risuonano ancora certe promesse del ministro Profumo sull’inserimento dell’educazione finanziaria nei curricola italiani (a testimonianza c’è perfino una paginata del Sole 24 Ore) come tornano alla mente anche i messaggi propagandistici di chi, poco prima dell’approvazione della legge 107 ed in convegni pubblici, garantiva che nella Buona Scuola sarebbe ritornato l’insegnamento delle discipline giuridico-economiche.
Ovviamente aspettiamo ancora, perché nulla di tutto questo è accaduto; la farsa del potenziamento è sotto gli occhi di tutti e non mi meraviglierei di tentativi futuri di menare il can per l’aia. Ad esempio con discorsi fumosi come questi: “Ma c’è Cittadinanza e Costituzione, ci sono le lezioni di funzionari di Bankitalia o degli ufficiali della Guardia di Finanza“.
Con tutto il rispetto per Bankitalia e Gdf, ma quali competenze pedagogiche ed esperienza di insegnamento hanno i funzionari di centri studi?
Suggerisco, però, anche una nuova variante di fumo negli occhi: visto che abbiamo assegnato, in fase C per il cosiddetto potenziamento, insegnanti di discipline giuridiche ed economiche ad istituti comprensivi anziché alle scuole superiori, potremmo cominciare ad insegnare ai bambini delle elementari chi sono gli azionisti e cosa non dovrebbero fare gli obbligazionisti. E’ un’idea, anche se la vedo dura far rifrequentare le elementari ai Rondolino di turno.