Il meccanismo dei progetti banditi dal ministero dell’Istruzione è una vera giungla e la trasparenza è del tutto inesistente. Lo abbiamo chiesto a diverse scuole italiane e il ritornello è sempre il solito. “Partecipiamo ai bandi, ma gli esiti non sono mai resi pubblici in modo chiaro e senza generare dubbi”. Insomma un caos generalizzato. Quando poi si cercano risposte ufficiali, le richieste cadono nel vuoto e non si sa mai a chi rivolgersi. Ed è strano che, data la scarsissima capacità del Miur di rendere pubblici i risultati dei suoi bandi, che come è noto elargiscono denari dello stato, non ci siano stati in questi anni contenziosi e polemiche (o almeno non sono stati resi pubblici). In realtà la procedura sembra corretta, con i bandi che escono regolarmente e con gli avvisi di notifica che frequentemente arrivano alle mail ufficiali delle scuole, oppure compaiono sul sito web del Miur, nel settore istruzione.
In questi ultimi tempi ne sono stati banditi di tutti i generi, dalla dispersione scolastica ai gruppi sportivi, alle biblioteche, dall’evoluzione digitale alla valorizzazione degli spazi scolastici, o le relazioni e gli scambi europei.
Tuttavia, se si guarda con più attenzione, un buio fitto avvolge questo tipo di procedure. Infatti, una volta che le scuole accedendo a un portale, a volte creato ad hoc, hanno completato l’inserimento dei dati, utilizzando le credenziali del dirigente scolastico o di un suo delegato accreditato, tutto diventa più nebuloso. Nessuno conosce i tempi di assegnazione, né criteri di valutazione, con i relativi punteggi, nonché i nomi delle commissioni giudicatrici. Insomma trasparenza zero. E questo crea mille illazioni e certamente non fa fare una bella figura al dicastero guidato da Stefania Giannini.
Alcune volte sulle home page dei siti delle direzioni regionali dell’istruzione compaiono gli esiti, ma in modo del tutto casuale, per cui tra gli addetti ai lavori, coloro cioè che negli staff dei singoli istituti si occupano dei progetti, si sa che non ci si può mai dimenticare di dare una sbirciata a quelle pagine, perché da un momento all’altro può arrivare la buona notizia. Molti docenti sono però sconfortati da queste modalità approssimative e poco chiare, tant’è che sono crescenti le resistenze a partecipare. Per sapere le news spesso le segreterie chiamano a destra e a manca, sia in regione che a Roma, ma il più delle volte la ricerca è inutile.
“Il dramma — dice una docente milanese — coincide con il fatto che spesso non si riesce a capire neppure se il bando, a cui hai dedicato decine e decine di ore di lavoro, l’hai vinto oppure no. Passano i mesi e poi, senza conoscere gli esiti, si deduce che quei soldi sono stati assegnati ad altri, ma non sai a chi”. Inutile chiedere agli ispettori ministeriali o ai dirigenti degli uffici scolastici provinciali o regionali, perché spesso non sanno nulla nemmeno loro.
Come è noto accanto ai finanziamenti del ministero, esistono i bandi del Programma operativo nazionale (Pon), con cui il ministero mette a disposizione finanziamenti del Fondo sociale europeo, secondo assi d’indirizzo pluriennali. Qui le cose sembrano un po’ più trasparenti, anche perché è già intervenuta la procura della Repubblica di Roma. Nel marzo 2015 infatti è stato rinviato a giudizio l’ex direttore generale del Miur Antonio Agostini e ora segretario generale del ministero dell’Ambiente, in concorso con un altro dirigente del ministero dell’Istruzione, con l’accusa di abuso d’ufficio e turbativa d’asta.
Agostini, come riporta il Corriere della Sera, avrebbe nominato, senza averne le competenze, una commissione di esperti, quasi tutti del suo entourage, per esaminare i progetti da finanziare, spianando la strada a chi aveva già avuto valutazione negativa o mancava dei requisiti.
Tuttavia la trasparenza è un’altra cosa, perché mancano sempre i criteri di valutazione e nominativi delle commissioni giudicatrici.
Un capitolo a parte riguarda il sito del Miur. Qui degli esiti non c’è alcuna traccia. È diviso in quattro sezioni: il ministero vero e proprio, il settore dell’istruzione, quello dell’università e poi la parte dedicata alla ricerca. Ci sono centinaia di informazioni, ma sembra costruito per non trovare le notizie. Ad esempio il settore istruzione, oltre a un elenco iniziale degli argomenti, è legato alle attività delle direzioni generali e quindi segue, anche nel linguaggio e nelle sigle, un criterio amministrativo, che non corrisponde alle esigenze del pubblico.
Molti presidi evitano di entrarci, perché lo considerano un labirinto in cui passare ore alla ricerca di notizie che spesso non si trovano, mentre se ne incontrano moltissime che sono secondarie o addirittura inutili. Insomma una sorta di zibaldone che, più che aiutare, complica la vita. Oltre alla sua efficacia, poi, bisognerebbe avere informazioni anche sul costo. Anche qui la trasparenza zoppica.