Caro direttore,
le manifestazioni studentesche che l’altro ieri hanno bloccato Roma, Milano, Firenze erano contro la Buona Scuola, anche se di fatto erano manifestazioni contro Renzi che utilizzavano strumentalmente il tema della scuola andando a colpire il nerbo scoperto di una riforma quanto mai deficitaria. Uno scontro politico, dunque; ma in questa dialettica mi ha colpito lo slogan che i giovani hanno gridato ripetutamente: “ora decidiamo noi!”.



Non so fino a che punto se ne siano resi conto, ma con questo slogan hanno toccato la questione seria della scuola oggi, il punto di discrimine che differenzia la scuola di chi la fa dalla scuola gestita dal potere statale. 

La questione della scuola è quanto mai quella dei soggetti che la vivono e che premono per diventare protagonisti. Invece vi è un modo dominante di intendere la Buona Scuola che la vede realizzata perché è ben pianificata dall’alto. Ma questa è la scuola della burocrazia, dove vige la gestione progettuale, dove al posto di seguire ciò che accade si decide ciò che deve accadere, lo si progetta. La scuola muore qui, quando si crede che durante l’anno si debba realizzare ciò che si è deciso a tavolino a settembre. In questo modo la scuola è sempre più ridotta alla sua organizzazione centralistica, e poco importa che sia il consiglio dei ministri o il consiglio di istituto, perché la logica è la stessa: noi educatori progettiamo e poi eseguiamo. Ciò di cui ha bisogno questo tipo di scuola è che vi siano degli ottimi burocrati, degli ottimi esecutori. 



In questo paesaggio grigio e informe, lo slogan degli studenti di ieri in piazza dice molto di più di quello che loro stessi pensavano di dire. “Ora decidiamo noi!” dice l’urgenza di noi tutti dentro la scuola, e non che al posto del governo o del consiglio di istituto o del dirigente vogliamo mettere noi stessi, ma molto di più; dice che tutti sentiamo di soffocare nella scuola che stanno costruendo e vogliamo ripartire dalla libertà. 

Il dramma della Buona Scuola è che il modo con cui viene realizzata tradisce il motivo per cui la si voleva costruire — una scuola dell’autonomia e della libertà — e dovunque rischia di produrre un meccanismo così ben funzionante che ci impedisce di essere liberi. 



Sulla scuola si sta giocando una partita decisiva. Tutti dobbiamo decidere se vogliamo una scuola pianificata, dal ministero al più periferico dei consigli di istituto, oppure se vogliamo una scuola fatta dai soggetti che vi operano e in modo libero. 

Una scuola pianificata è una scuola sicura, dove tutto accade come si è deciso che debba accadere; una scuola libera è invece una scuola che continuamente si rifà, seguendo gli spunti e le provocazioni della realtà, una scuola dove i protagonisti sono insegnanti e studenti, dirigenti e genitori, e non la macchina della burocrazia. 

“Ora decidiamo noi!” è una sfida a chi vuol essere libero, e decidere vuol dire prendere sul serio il bisogno di vita che si ha. “Ora decidiamo noi!” pone di nuovo la domanda di che cosa significhi oggi essere protagonisti dentro la scuola. 

Per decidere bisogna avere un punto da cui prendere le mosse, è capace di decidere solo chi ha a cuore l’esistenza, altrimenti si riduce la decisione ad una pratica di mediazione con il potere o la mentalità dominante. E’ chi ha una forte energia vitale che sa decidere, e questo è il problema della scuola, che cresce se vi è passione per la vita.