Una graduatoria delle scuole italiane, a portata di clic. A dirlo sembra un’ovvietà, quasi un servizio dovuto, ma nella realtà tutto si complica: dovuto da chi? Un’illusione aspettarselo dal Miur, fantascienza augurarselo da un soggetto pubblico realmente terzo (che nel nostro paese non esiste). Ci ha pensato la Fondazione Giovanni Agnelli, che ieri ha messo online la terza edizione di Eduscopio. Il principio è semplice: “L’idea di fondo del progetto eduscopio.it” — si legge nel portale — “è proprio quella di valutare gli esiti successivi della formazione secondaria — i risultati universitari e lavorativi dei diplomati — per trarne delle indicazioni di qualità sull’offerta formativa delle scuole da cui essi provengono”. Certo, farlo è un’altro paio di maniche. Ne abbiamo parlato con Andrea Gavosto, direttore della Fondazione.
Gavosto, Eduscopio.it è un progetto di successo giunto oggi alla terza edizione. Può darci qualche dato sul flusso di traffico?
Da quando esiste, Eduscopio ha avuto oltre 500mila visitatoti singoli e oltre 2 milioni di pagine visitate. Oggi (ieri, ndr) — primo giorno — alle 18 gli accessi erano superiori del 39 per cento al primo giorno della scorsa edizione.
In Eduscopio i risultati del curricolo posteriore (università e lavoro) sono tradotti in una valutazione della qualità della formazione anteriore (scuola superiore). Un’obiezione ricorrente è che in questo modo la scuola viene vista solo in funzione del dopo.
Beh, è la scuola che è sempre funzionale al dopo — vita, lavoro, famiglia, eccetera! Capisco però l’osservazione: come abbiamo sempre detto, quello degli esiti, anche se fondamentale, è solo uno degli aspetti che le famiglie dovrebbero prendere in considerazione. Contano anche l’organizzazione delle lezioni, i risultati delle prove Invalsi, la qualità dei docenti e del dirigente, la disponibilità di strutture adeguate e via dicendo.
Eduscopio è uno strumento terzo rispetto ai principali stakeholder: famiglie/studenti e Miur. Questo quali considerazioni dovrebbe suggerire ai decisori politici?
Ai decisori politici, poche. Eduscopio non serve alla valutazione delle scuole o dei docenti, per cui il Miur dovrebbe dotarsi di altri strumenti, come il valore aggiunto. Serve alle famiglie per fare le proprie scelte sul percorso scolastico migliore.
Di fatto, però, Eduscopio fornisce un servizio che il Miur non sa o non vuole fornire?
Sinceramente non lo so. Al Miur hanno dichiarato in varie occasioni di non amare i confronti fra scuole. Ma nel momento in cui uno sceglie, fa inevitabilmente dei confronti.
Molti commentano che la graduatoria di Eduscopio rispecchia nei suoi valori assoluti la stratificazione sociale degli allievi e non la qualità delle scuole. Avete in prospettiva un’evoluzione che metta in evidenza il valore aggiunto delle scuole stesse?
Il valore aggiunto in senso stretto richiede il confronto fra quello che uno sa all’inizio e alla fine del percorso e non è quindi facilmente realizzabile con Eduscopio, che non prevede prove di apprendimento. Ci piacerebbe sicuramente capire meglio quanto i risultati di una singola scuola siano dovuti alle competenze dei docenti e quanto alla bravura in ingresso degli studenti. Ci abbiamo provato in passato, ma, come può capire, non è un programma di ricerca facile.
Quali sono a vostro avviso i risultati meno scontati?
Forse il fatto che il 55 per cento dei diplomati degli istituti tecnici e professionali ottiene un lavoro stabile (per più di sei mesi continuativi) nell’arco di due anni. In un periodo di crisi come quello attuale, non è un risultato scontato.
In questo periodo stanno continuando, sia pure faticosamente, le visite alle scuole nel quadro del Servizio nazionale di valutazione. Cosa pensa dell’impianto, della realizzazione e dei possibili risultati di questo primo esperimento istituzionale di valutazione delle scuole a carattere nazionale?
Sono molto favorevole al Snv. La componente fondamentale sono le visite di osservatori esterni indipendenti: i soli Rav (rapporto di autovalutazione di istituto, ndr) rischiano di diventare autoreferenziali. Il rischio che vedo è che, a questi ritmi, ci vogliano vent’anni per completare le visite delle scuole.
In estrema sintesi, quali sono i fattori che fanno buona una scuola? Solo le scuole storiche sono destinate ad essere le migliori?
No, molte scuole di periferia sono ai primi posti in Eduscopio: pensi al liceo Kant di Roma. In generale, le buone scuole sono tali perché hanno docenti competenti e dedicati, dirigenti innovatori, studenti motivati e strutture adeguate.
(Federico Ferraù)