In questo autunno sono usciti due strumenti di analisi e valutazione delle scuole italiane di impianto e di risonanza mediatica diversa: Eduscopio della FGA e, sul sito Invalsi, “I processi ed il funzionamento delle scuole” a cura di Donatella Poliandri dell’Area Valutazione delle scuole.

Eduscopio si muove sul terreno hard delle classifiche e non sorprendentemente ha dato luogo per questo, su questo sito, ad un’accesa discussione. Nel nostro paese l’ipotesi di pubblicizzare i dati delle rilevazioni Invalsi è stata a lungo discussa ed autorevolmente sostenuta, ma non realizzata sotto forma di graduatorie. Il Servizio nazionale di valutazione (Snv) costituisce in un certo senso una mediazione fra una tale prospettiva hard e l’ipotesi opposta, ancor più fortemente da altre parti sostenuta, di un’autovalutazione delle scuole effettuata principalmente se non esclusivamente su dati di processo, cioè su quanto le scuole fanno, senza relazione con i risultati e riservata agli operatori della scuola stessa ed all’amministrazione (Miur, servizio ispettivo) ai soli fini del miglioramento. 



Nel Snv c’è tutto questo, ma anche la pubblicizzazione in rete dei dati Invalsi (anche se sottoposta in parte ad eventuali censure della scuola stessa), una visita esterna di valutatori che possono validare o meno i voti che la scuola si è attribuita ed il suo Piano di miglioramento, ed infine è previsto anche un momento pubblico obbligatorio di rendicontazione sociale. Niente però di così forte come una pubblica classifica. Che invece sta prendendo forma non a caso intorno al passaggio cruciale della formazione, cioè l’uscita.



Ad ogni luglio si scatena inevitabile da una decina d’anni la bufera intorno agli esiti degli esami di maturità a causa degli altissimi voti delle scuole del Sud, ma come molte altre cose nel nostro paese, a quanto pare non si riesce a metter mano sulla loro struttura, fondamentalmente interna e sostanzialmente inaffidabile. Profili di illegittimità costituzionale. Ed allora succede che accanto al pilastro dal cemento sbriciolato compaiano i pali di sostegno o meglio sostitutivi. Uno è Eduscopio, che peraltro parla di un esito per certi versi più importante di quello delle competenze in italiano e matematica cioè di come i ragazzi vanno poi all’università o sul mercato del lavoro. Per carità, non è tutto: è vero che l’esito di una formazione lo si vedrà anche in tarda età, quando un sessantenne, invece di incanaglirsi davanti alla tv spazzatura o giocando a carte al bar, passerà piacevolmente il suo tempo nella lettura, ma insomma le due cose non sono antitetiche… L’altro pilastro ce lo indicherà il Dl sulla valutazione applicativo della legge 107/2015 in scadenza a gennaio, le cui linee fondamentali sono state già presentate: prove Invalsi somministrate a livello individuale, fuori dagli esami di terza media e quinta superiore, ma registrate accanto agli esiti degli esami.  



L’Snv, dunque, come mediazione. Si vedrà a breve se sarà riassorbito e sterilizzato, come tante cose nella nostra scuola. Certo non mancano le difficoltà organizzative e l’idea di mandare in giro come valutatori su territori contigui anche presidi di fresca nomina che giudicano i colleghi su un terreno (il Piano di miglioramento) che è anche parte della loro valutazione non sembra particolarmente brillante. Soprattutto sarà importante la pubblicizzazione: quanto ne sanno i genitori? il territorio? gli insegnanti stessi della scuola?

Ma il Snv può essere visto anche come strumento di ricerca e di rilevazione sulla realtà della scuola italiana. Il lavoro dell’Area Valutazione scuole Invalsi sopra citato sintetizza ed analizza gli elementi di processo che sono presenti nel documento di autovalutazione del 98% delle scuole dell’anno 2014-15. Alcuni elementi sono scontati, anche se è sempre importante passare dalle impressioni ai dati, ma altri meno.

Contrariamente al piagnisteo mediatico, le scuole non vivono le loro condizioni strutturali come un disastro. Il 75% delle scuole del primo ciclo ha da 2 a 3 palestre e solo il 4% nessuna palestra. Le scuole del secondo ciclo poi dichiarano mediamente da 1 a 2 palestre, e solo il 9% non ne ha nessuna. Laboratori: nel primo ciclo si registra 1 laboratorio ogni 100 studenti, con un Nord che tende ad averne 2, mentre nelle scuole del secondo ciclo mediamente si arriva a 2 laboratori (sempre ogni 100 studenti), con il Sud e le  Isole che ne dichiarano più di 2.

Ed infine le biblioteche. Quanto a strutture non si va male. Per il primo ciclo 1 o più biblioteche sono presenti nell’84% delle scuole del Sud e nel 94% delle scuole del Nord Est ed in media siamo rispettivamente a 3.400 e 7.140 libri. Il problema viene poi: 31% di fruizione nel primo ciclo e 4,8% nel secondo. Addio pensionati lettori!

Qualcosa sui comportamenti, visto che Pisa ci dice da anni che influiscono sul livello degli apprendimenti anche più delle strutture. Gli studenti sembrano con i loro ingressi in ritardo volere confermare i più vieti stereotipi. Se a livello nazionale si arriva al 31%, la punta in alto viene registrata nel Centro (39%) grazie alla performance del Lazio (52%) e quella in basso nel Friuli Venezia Giulia con il 15%. Venendo poi agli insegnanti ed alle loro assenze ci imbattiamo ancora una volta nel Lazio con il suo apicale 5,8/7% concentrato — sorpresa — nei licei (6,2%) che battono i tecnici (4,9%) ed i professionali (5,1%). Urge un focus sui dati di Roma, anche per ridimensionare le responsabilità della forse incolpevole Rieti.

Da ultimo un occhio alle attività più propriamente professionali. Le scuole dichiarano una diffusione omogenea ed ampia, superiore al 90%, dell’esistenza di gruppi di lavoro (il più diffuso quello sull’handicap) e delle attività di progettazione comune, anche se si aggira solo intorno al 50% il numero delle scuole che dichiarano di avere progettato un curriculo verticale.  

Ma dal punto di vista della formazione siamo dinnanzi ad un panorama deprimente. Viene dichiarato che solo un terzo degli insegnanti è stato coinvolto nell’anno in esame in attività di aggiornamento e che queste si sono focalizzate principalmente non sulla didattica, ma sulla normativa, in particolare quella relativa alla sicurezza.

Il rapporto tocca molti altri punti: è vero che si tratta sostanzialmente di autodichiarazioni, ma il loro livello di attendibilità sembra abbastanza alto, anche perché la pubblicità del rapporto all’interno della scuola e potenzialmente anche all’esterno non avrebbe permesso alterazioni significative della descrizione della realtà. Altro sarebbe il discorso sul voto da 1 a 7 che le scuole si sono attribuite ed anche sul Piano di miglioramento da realizzare.