Caro direttore,
In epoca di post-verità, dire la verità può anche dispiacere. Ma credo sia, per chi non ama le partigianerie, un dovere, prima che un diritto, affidarsi sempre alla verità.
Perché è paradossale quanto è avvenuto. L’unico ministro bocciato, nel nuovo governo guidato da Gentiloni, è Stefania Giannini, responsabile del Miur nel governo Renzi. Segno evidente che è diventata il capro espiatorio, quasi la causa prima del fallimento del referendum per Renzi e la sua maggioranza. La stessa che ora ha in Gentiloni il nuovo premier.
Eppure, la scuola con Renzi ha avuto la più massiccia immissione in ruolo di docenti precari (purtroppo senza filtro qualitativo), un piano consistente, con Pon aperti a tutte le scuole, e non più solo al Sud, per la digitalizzazione, per non parlare poi della premialità dei docenti migliori, ed un bonus formativo di 500 euro per tutti. Senza dimenticare la novità dell’alternanza al triennio delle superiori, per superare il gap tra formazione e lavoro, causa prima dei drammatici dati sulla disoccupazione giovanile.
Sulla formazione dei docenti, ad esempio, la spesa è passata da 18,5 milioni di euro nel triennio 2013-2016 a 1,5 miliardi di euro per il 2016-2018. Senza dimenticare il rinnovo contrattuale, dopo sette anni di blocco, siglato a fine novembre, e gli investimenti in edilizia scolastica.
La scuola, invece, è stata dominata già dalla presentazione della “Buona Scuola” dalla polemica sul “preside sceriffo”, poi scomparsa per evidenti motivi, poi dalla cosiddetta “chiamata diretta” dei nuovi docenti, avendo come filtro qualitativo, come avviene in tutto il mondo del lavoro, un colloquio ed il cv, per verificare se il sapere si traduce anche in saper-fare cioè saper insegnare. Cosa, come sappiamo tutti, non scontata. Per non parlare delle accuse di “deportazione” dei docenti del sud al nord, per il fatto che i posti liberi è al nord che ci sono. Infine, per i nuovi concorsi dei docenti, l’accusa è stata di troppa selettività. Senza dimenticare quei presidi che si trovano costretti, come il sottoscritto, a seguire due scuole, per mancanza di un concorso per dirigenti.
Allora, perché la “Buona Scuola” ha fallito, secondo il parere di molti, tanto da causare il voto-contro al referendum? Forse perché i concetti di merito, di centralità degli studenti (e non più dei docenti), di etica della responsabilità personale sono ancora lontani, paradossalmente, visto il contesto formativo, dal mondo della scuola?
Credo sia giusto che si apra una discussione aperta, franca, in un clima di pacificazione, ma nel senso della verità, non della difesa del vecchio modello assistenzialistico. Oggi inaccettabile a livello sociale. Tant’è che la raccolta firme per cancellare via referendum la Buona Scuola ha fallito lo scopo, perché, evidentemente, lontano dalla vita reale.
Credo che la pacificazione, necessaria e salutare, debba però aprire discorsi e riflessioni in modo trasparente, e non più secondo i vecchi slogan, al di là di partiti, sindacati, leader politici, convenienze del momento.