Come un riflesso condizionato, l’immancabile polemica sui curricula dei ministri non ha risparmiato nemmeno questo Governo.
Questa volta, la risonanza è stata maggiore perché riguarda proprio il nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che sul riconoscimento ed il rilascio dei titoli di studio avrà la più alta responsabilità. Ad essere più precisi, occorre dire che la polemica non è scoppiata tanto sulla mancanza del titolo, ma per il fatto che nel suo cv pubblicato in rete il neoministro Valeria Fedeli avesse indicato il conseguimento di un diploma di laurea in un momento in cui questo titolo di studio non era previsto dall’ordinamento. Pertanto, la questione non sarebbe tanto la mancanza del titolo, quanto il fatto che sia stato pubblicato un curriculum evidentemente non corretto.
La questione è stata sollevata da coloro che non dimenticano che il neoministro è stata tra le prime firmatarie di un disegno di legge di “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole” che prevede anche di cambiare libri di testo e programmi per rimuovere gli “stereotipi di genere” e “instillare la nozione di uguaglianza nei bambini sin dalla più tenera età”.
A ben vedere, quindi, la mancanza della laurea è solo un pretesto per cercare subito di metterla in difficoltà, anche se sembra proprio di non averne bisogno dato che potrebbe riuscirci senza il concorso di nessuno. La prova di questa sua attitudine potrebbe già essere rintracciata sia per il mancato conseguimento del diploma, sia per le ragioni che ne adduce nella sua prima intervista da ministro dell’Istruzione.
Ora, c’è subito da dire che il ministro Fedeli non è l’unico ministro senza laurea di questo nuovo Governo. Essendo questo quasi completamente sovrapponibile con il precedente, per proprietà transitiva, non è nemmeno l’unico senza laurea rispetto ai ministri riconfermati del Governo Renzi. Eppure nessuno ha sollevato con la stessa forza e con le stesse motivazioni la questione della mancanza della laurea del ministro che si occupa della Salute degli italiani, che può essere quantomeno annoverata tra gli stessi diritti irrinunciabili di equivalente importanza.
Allo stesso modo, occorre poi ricordare che il neoministro dell’Istruzione è vicario del presidente del Senato e nessuno finora ha avuto niente da dire per il fatto che la vice della seconda carica dello Stato potesse essere un parlamentare senza laurea. Da questo punto di vista, non si capisce come mai la laurea possa essere considerata indispensabile per Viale Trastevere e non per dirigere l’Aula di Palazzo Madama.
Per queste ragioni, il ministro avrebbe fatto meglio a fermarsi all’ammissione della leggerezza nella compilazione del suo curriculum, piuttosto che enfatizzare sul fatto che la sua militanza sindacale sia stata talmente pervasiva da impedirgli di poter continuare gli studi.
Infatti, per molti osservatori interessati alla scuola, non è tanto la mancanza del titolo a destare preoccupazione, quanto questa sua forte affermazione identitaria della sua pregressa appartenenza al sindacato. Non a caso, i primi a rallegrarsi della sua nomina sono stati proprio i sindacati della scuola, già prontamente convocati come primo atto di pacificazione dopo le forti polemiche degli ultimi anni.
La preoccupazione maggiore è proprio quella di affidare a questa nuova pacificazione la gestione delle questioni aperte della cosiddetta “Buona Scuola”, che riguardano ancora la famosa “supplentite” e la soluzione del precariato. Si tratta di questioni che non possono trovare adeguata soluzione, se non attraverso l’esercizio delle deleghe previste dalla stessa legge 107/2015, a cominciare da quella sulla formazione iniziale dei docenti e che non possono essere affidate alla gestione sindacale, senza correre il rischio di determinare un’altra caduta della qualità degli apprendimenti, come hanno certificato gli ultimi dati Ocse/Pisa con il 23% di studenti che non raggiunge il livello base in scienze.
Nella sua richiamata prima intervista, il ministro Fedeli ha affermato che alla mancanza della laurea si può rimediare con una grande capacità di ascolto.
L’auspicio è che ne dia buona prova, convocando tutti i contro-interessati all’incontro con i sindacati, a cominciare dalle Regioni certamente coinvolte da quella delega sull’istruzione professionale che non può ora essere esercitata senza considerare che il Titolo V della Costituzione non è stato modificato.
Ci sono già stati molti altri a suggerire l’agenda dei lavori del prossimo ministro. Tra tutte le cose da fare, però nessuno ha indicato il superamento del valore legale del titolo di studio. Magari, proprio un ministro senza laurea potrebbe sorprendere tutti.