“Il destino, quando apre una porta, ne chiude un’altra. Dati certi passi avanti, non è possibile tornare indietro”.

La frase di Victor Hugo sembra scritta apposta per il destino della scuola italiana: adesso che esso chiude la porta al Governo della “Buona Scuola” ed apre quella di un altro esecutivo, la forza delle cose non consente di tornare indietro. Il futuro è cominciato.



Era il mese di settembre 2014 quando, nell’enfasi del nuovo inizio, il Governo Renzi consegnava al mondo delle scuole e non solo il documento “La buona scuola. Facciamo crescere il Paese” avviando un confronto che non voleva essere una consultazione “perché non c’è un ‘noi’ e un ‘voi’. C’è solo la nostra scuola”.



Era la dichiarazione di un investimento innovativo sul bene-scuola che sorprese e rese guardinghi allo stesso tempo, nell’attesa di una verifica diretta nel tempo a venire. 

“Ciò che saremo in grado di fare sulla scuola nei prossimi anni — proclamava il documento — determinerà il futuro di tutti noi più di una finanziaria, o di una spending review. Perché dare al Paese una Buona Scuola significa dotarlo di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo, e qualità della democrazia”.

Cosa si può dire, oggi, alla prima sosta imprevista della riforma Renzi ad appena due anni dal suo avvio?



Molti i principi e gli elementi innovativi introdotti: la chiamata diretta, la valutazione del merito dei docenti, il piano di miglioramento come strumento programmatorio di trasparenza, l’organico all’autonomia, il coinvolgimento progettuale degli organi collegiali, il sistema nazionale di valutazione. Strumenti che i dirigenti scolastici e le scuole hanno provato a testare per rendere l’offerta formativa più adatta alle attese di chi apprende e realizzare un servizio più adeguato. E, poi, molti investimenti di risorse finanziarie che non si vedevano da tempo per la scuola digitale, per l’edilizia scolastica, per la formazione e altro ancora. 

Tutto oro, allora, quello ciò che è luccicato in questi due anni? 

Qualche pepita ha certo cominciato a brillare, ma in un setaccio di procedure, meccanismi, sfasature di tempistiche e regole non sempre scritte che hanno reso faticoso il lavoro del popolo dei cercatori d’oro che sono i dirigenti scolastici, i docenti, gli studenti e le famiglie, i comitati di valutazione e gli organismi scolastici. Troppi treni partiti insieme senza una regia che ne favorisse il coordinamento, le percorrenze, i costi, le stazioni di arrivo e gli inevitabili attriti di linea. Una miscela di accensioni che non potevano non far grippare il miglior motore. 

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare” diceva con ironia Winston Churchill; ma il cambiamento richiede, tuttavia, motivazioni condivise, strumenti coerenti, tempistiche adeguate e deve tenere presente sempre i fattori di realtà che sono le abitudini, le forme acquisite, le mentalità in essere delle persone che i cambiamenti devono avviare.  

L’urgenza di cambiare, l’introduzione repentina di nuovi meccanismi, il ricorso a procedure non sempre chiare hanno così affaticato la gestione dell’ordinario quotidiano, hanno ingenerato confusioni, affastellato procedure ad altre procedure, facendo perdere di vista spesso la bontà e l’opportunità dei criteri e dei modelli  introdotti. Vanificando l’impeto innovatore con cui eppure il Governo Renzi era partito.

Cosa c’è da auspicarsi ora che cambia il comando?

Alcune scelte appartengono ai governi che passano, ma la strada intrapresa deve essere sostenuta. La meta può essere ancora lontana, ma la rotta non deve essere invertita e le cose buone andare avanti. Tra queste alcune priorità: la valutazione dei dirigenti scolastici da integrare con quella degli altri soggetti, l’alternanza scuola-lavoro dotandola di strumenti e snellimenti burocratici, la chiamata diretta dandole strumenti efficaci e coerenti, l’organico dell’autonomia adeguandolo alle reali esigenze formative di singoli istituti scolastici, forme adeguate di reclutamento e formazione dei docenti.

Il cantiere è aperto, gli operai sono da tempo al lavoro, le maestranze hanno imparato a organizzarsi ed ora occorre creare una regia snella che identifichi strumenti, tempi, modelli efficaci e condivisibili, evitando di complicare quello che di positivo è stato introdotto. Il tempo di un investimento finalizzato e coordinato sulla scuola che dia slancio ai soggetti che vogliono investire, progettare e rischiare: dirigenti scolastici, docenti, personale e famiglie. 

Come? Innanzitutto sviluppando modalità di accompagnamento dei processi avviati, valorizzando esperienze virtuose e buone pratiche, completando il sistema di valutazione del personale della scuola, introducendo un sistema di controllo dell’efficacia, liberando i processi gestionali da inutili adempimenti.

“La poesia è una scintilla di rivelazione… Il potente spettacolo continua e tu puoi contribuirvi con un verso! Quale sarà il tuo verso?” diceva ai suoi studenti Robin Williams nei panni del mitico prof. Keating ne L’attimo fuggente. Chi governerà dovrà, poeticamente parlando, scrivere buoni versi usando poche parole: semplificazione, valorizzazione, controllo. E poi dare vita e prospettiva alla piena autonomia delle istituzioni scolastiche e dei loro protagonisti. Protagonisti di autonomia: questa la nuova consapevolezza che i tempi e le riforme introdotte hanno risvegliato, nonostante tante fatiche ed intoppi, negli operatori della scuola, che può diventare prospettiva necessaria e decisiva per un’autentica innovazione e che ha già generato fatti, esperienze, reti di scuole, solidarietà professionali, momenti di formazione e di incontro che realizzano ambiti di novità e di bene.

Un protagonismo ed una consapevolezza che ora vanno sostenute in tutti i modi per dar vita ad un tempo di scuole autenticamente autonome e libere.