Un recente commento ai dati dello studio Eurostat sembrerebbe aver individuato la soluzione ad uno dei problemi storici della scuola italiana, per una volta non legato alla burocrazia e alle graduatorie, ma altrettanto storico. Gli italiani e le lingue: le sanno, non le sanno? Una somma di dati deludenti a dir poco; nonostante l’introduzione obbligatoria del Clil e le sperimentazioni a materne e università, le competenze degli italiani nell’idioma di Shakespeare non decollano, e continuare una seconda lingua straniera è cosa per pochi. Facciamoci queste tre anni di bilinguismo alle medie, e poi basta.



Gli italiani non le sanno, le lingue, ovvia conclusione (ma non se ne era mai parlato prima? Nessun articolo di giornale, nessuna pubblicazione scientifica, nessun convegno, niente di niente?), e allora quale potrebbe essere il rimedio a tanto male? Magari la rivisitazione della didattica delle lingue? A fronte del confronto che segue — a fronte delle stesse ore di scuola un finlandese o svedese od olandese finisce nella top four di chi la lingua la sa e la usa, mentre un italiano si piazza 28 esimo — la riflessione nel commento in questione si fa alta e profonda.



Perché gli italiani non sanno l’inglese, pardon, le lingue straniere, non dimentichiamoci il multilinguismo dell’Europa. Niente films in inglese dall’infanzia, niente genitori che fin dalle fasce parlino in inglese al pupo, niente letture di cartoons in lingua. Tutto leggermente scontato, per quanto vero ed utile. Perché non sia mai detto che è la scuola a poter fornire apprendimenti, le competenze si imparano solo fuori, il sistema scolastico fa solo grammatica (almeno quello italiano, prosegue il saggio commento).

Ed a conferma della lungimirante analisi ecco l’altrettanto lungimirante risoluzione, e voi direte, sarà semplice, proponibile a tutti gli studenti (gli adulti possono restare ignoranti, chissenefrega del Lifelong learning programme per loro). Ed invece no, occorre altro. Per fortuna ci sono programmi di scambio, le visite all’estero, commenta l’ispettrice Gisella Langé, perché così impareranno certamente le lingue; guarda caso proprio di programmi simili si occupa l'(ex) ispettrice. Lo stesso messaggio arriva dalla direttrice di EF Education, agenzia di soggiorni all’estero.



Cosa fa la somma di dati deludenti più proclami inefficaci? Un bel pezzo di autopromozione.