Il problema è il pensiero alla moda. Peggio ancora quando questo pensiero ha un'”agenda” che è solitamente politica o ideologica. Perché un problema? Perché non è pensiero. Non è pensiero perché le sue radici non sono genuine o autentiche, sono plagiate. E il pensiero non può essere plagiato perché allora diventa qualcosa come una glossolalia. Si parla e si parla e si parla e non si dice nulla di nuovo né di significativo.
Prendiamo il caso degli infiniti discorsi sulla riforma della scuola. Ben venga una riforma: come si può andare avanti senza continuamente ri-formare ogni cosa che esista — una relazione o una istituzione? Ma riformare non significa rifiutare, bensì ricreare linguaggi correnti e presenti per mettere in atto veri dialoghi dialoganti.
Mi spiego. La mia lunga esperienza nella scuole “preparatorie” privatissime, quindi liberissime di sperimentare e negoziare in quello che è il “mercato didattico” nordamericano, mi ha dimostrato che dopo l’iniziale momento di impatto anche violento (penso agli anni della “affirmative action” in cui la caccia alle streghe non poteva non tornare a mostrare le sue culturali, storiche e ombrose radici puritane; per cui si diventava razzisti con una sola frase non attentamente strutturata e pronunciata, secondo le norme linguistiche del momento, e si rischiava il linciaggio moralista), ci si calmava e si ritrovava una via di mezzo. Negli Stati Uniti si ha l’orgoglio di dire che ci sono sempre “two sides”, due modi di vedere le cose, due scuole di pensiero insomma. Si rischia il qualunquismo, ma il dialogo rimane quasi sempre aperto (se il preside è un vero e illuminato educatore, e non solo una brutta copia di Donald Trump con sete di potere e nessuna vera cultura: ho visto senza alcun dubbio, nel trentennio di docente e anche direttrice di dipartimento di lingue, in queste privilegiate scuole che il tono e il destino delle scuole private dipende da chi e come le dirige).
Nei dipartimenti delle varie discipline, che nelle scuole più sicure di sé sono governate da Chair of Departments, si mantiene un dibattito aperto e continuo sulla specifica materia, sia nelle discipline umanistiche che nelle scienze esatte. Negli studi umanistici il grande dibattito che si aprì ormai un paio di decenni fa, e che continua tuttora, è stato quello sul Canone, il cui più grande difensore divenne Harold Bloom.
Erano lotte di serio pensiero e discussioni caldissime, ascoltate dai presidi con attenzione. Era la grande ondata, che al principio si sentiva come uno tsunami perché come sempre c’erano quelli schierati completamente contro i testi classici o tradizionali e gli altri, dall’altra sponda, venivano accusati di essere essenzialisti ed elitari.
I primi erano i grandi innovatori e rivoluzionari, gli eroi. Gli altri erano i fondamentalisti! In un’America del Nord che vuole identificarsi come il miglior modello della democrazia nell’universo, erano insulti contro chi non voleva vedere Shakespeare scomparire o diventare annacquato. Mi viene da descrivere questo teatro come una commedia abbastanza familiare nelle nostre società moderne.
Il problema si riduceva a dire: attenti non si deve buttare via il bambino e l’acqua sporca (“Don’t throw away the baby with the bath water”), alludendo al fatto che per rinnovare si rischiava di cacciar via la cosa più importante. E così si andò avanti fino ad arrivare alla soluzione intelligente, che poi alcuni, sempre con battute ironiche e idiomatiche traducevano con: “We are re-inventing the wheel”, cioè si finisce per reinventare la ruota! E in effetti, non è molto complicato concludere che per una buona scuola ci vogliono sia i testi che chiamerò storici, sia quelli contemporanei. Oggi usiamo nell’insegnamento il cinema, internet, e i social media, tutto ciò che è nuovo e produttivo diventa un’occasione per essere creativi.
Faccio il caso di una scuola nella quale ho insegnato per quasi un decennio fino a circa un anno fa. L’esempio è quello della sezione di inglese, che ha un ruolo analogo a una sezione di italiano in Italia. La scelta dipende anche dai professori, una volta stabilito l’equilibrio che si vuole raggiungere. Per cui, un collega nel corso di American Literature insegnato al liceo, passa da The Scarlet Letter, The Adventures of Huckleberry Finn e The Great Gatsby, e poi bilancia questi tre romanzi canonici con tre contemporanei cambiando anche il genere, per cui si legge un dramma, una meta-finzione e un memoriale, tutti concentrati sul problema della schiavitù e le sue conseguenze (gli Stati Uniti hanno grosse ferite storiche da risanare).
Ci sono anche i racconti: Edgar Allan Poe, Kate Chopin, Ernest Hemingway; e i poeti, che sfilano cronologicamente dal periodo coloniale, passando per il Federalismo e il Romanticismo, lo Harlem Renaissance, fino ai modernisti, fra cui alcuni nomi sono Whitman, Dickinson, Langston Hughes, Ezra Pound, Gertrude Stein, T.S. Eliot, William Carlos Williams e Hart Crane. Per la saggistica Emerson e Thoreau. Lista abbreviata, perché rimane di anno in anno una scelta di scrittori contemporanei decisi dai docenti.
Un secondo, e in parte diverso, esempio è quello della collega americanista di World Literature, la quale mi risponde e la cito: per quanto riguarda le scuole private e pubbliche in zona, i testi canonici sono “alive and well”, cioè vivi e in eccellente salute. Il suo corso si estende al continente africano, alle isole dei Caraibi e anche all’India. Ma si concentra soprattutto su testi americani; per cui Alice Walker, Toni Morrison, James Baldwin, Malcolm X e poi gli ispanici, come Junot Diaz e Sandra Cisneros. Ci si occupa così non solo del tema del colore, ma anche dei Latinos.
Ci sono ancora altri professori, sempre in lettere inglesi, che compiono altre scelte, le quali possono anche includere scrittori europei come in un corso di letteratura comparata. Ciò che vediamo è un vasto orizzonte di interessi culturali e colti, sempre oggetto di trattative, il rinnovamento continuo e in buona salute, finché chi dirige la scuola permette il dialogo permanente fra i colleghi e con l’amministrazione. Non è per nulla una strada senza ostacoli, ma è una strada sempre aperta. Ecco la buona scuola: una strada sempre aperta; un cammino in cui risuonino sempre le parole del grande Wilde: “La tradizione è un’innovazione ben riuscita”.