A giorni, prenderà il via la terza fase di valutazione delle scuole italiane così come disegnata e prevista dal sistema nazionale di valutazione (Snv) contenuto nel DPR 80/2013, ossia l’attività di valutazione esterna. Dopo il completamento del rapporto di autovalutazione (Rav), avvenuto nell’a.s. 2014/15, e l’avvio dei piani di miglioramento con l’a.s. 2015/16, è ora giunto il momento di raccogliere i giudizi (le valutazioni, per l’appunto) di un nucleo di valutazione esterno alla scuola (Nev).
Tale fase non coinvolgerà tutte le scuole ma, secondo quanto indicato dalla direttiva 11/2014, solamente il 10 per cento di esse — anche se da fonti di stampa si apprende che probabilmente per quest’anno ci si limiterà solamente al 5 per cento delle scuole, a causa di paventati problemi di mancanza di risorse.
Di fronte alla prospettiva di avviare la valutazione esterna (che sarà condotta da team composti da tre persone, un dirigente tecnico Miur e due esperti selezionati da Invalsi), le reazioni degli osservatori del mondo della scuola possono essere schematizzate in due gruppi. Da un lato, vi sono gli “entusiasti”, coloro che pensano che finalmente in questo modo le scuole usciranno dalla loro autoreferenzialità; dall’altro lato si trovano i “pessimisti”, coloro che ritengono che soggetti esterni non possano capire la complessa realtà di una istituzione scolastica, e che quindi tale esercizio sia sostanzialmente inutile.
A mio parere, l’effettiva utilità e cogenza della valutazione esterna risiede, come di consueto, nella modalità attraverso cui questa sarà concretamente messa in atto. Al di là degli aspetti legati all’impostazione della valutazione (finalità, prospettiva culturale, utilizzi dei risultati) vorrei soffermarmi, in questa nota, su due aspetti di carattere tecnico che mi pare indispensabile monitorare.
In primo luogo, i valutatori esterni dovranno mostrarsi all’altezza di un compito complicato, che consiste nell’essere capaci di leggere ed interpretare correttamente i dati contenuti nei documenti a loro disposizione (rapporto di autovalutazione, punteggi Invalsi, piano dell’offerta formativa, ecc.).
Le scuole hanno potuto sperimentare in prima persona (in sede di compilazione del Rav) come la corretta interpretazione dei dati possa costituire un ostacolo insormontabile per rendere il processo valutativo utile per la comunità professionale. Rischi importanti sono in agguato, tra cui:
(i) attribuire determinati risultati all’attività scolastica invece che alla composizione socioeconomica della popolazione studentesca, e viceversa; (ii) non individuare il legame tra i processi educativi e gestionali messi in atto e gli esiti ottenuti dagli studenti e dalla scuola non suo complesso; (iii) sottolineare in modo eccessivo alcuni dati (ad es. i punteggi Invalsi) e trascurarne altri (ad es., la partecipazione del corpo docente ad attività formative e di aggiornamento).
Tali rischi sono stati corsi in un primo momento dalle scuole, mentre erano impegnate in attività autovalutative, ed ora saranno corsi in egual misura dai valutatori esterni. Occorre che il ministero dell’Istruzione vigili sulle competenze di analisi messe in campo dai valutatori esterni, e svolga quella funzione di “meta-valutazione” che sarà indispensabile per corroborare la credibilità dell’intero processo. Per certi versi, ritengo che investire nella formazione di docenti, dirigenti scolastici ed esperti esterni nella capacità di utilizzare in modo adeguato i dati e le informazioni qualitative a disposizione, sia pertanto un elemento da considerare cruciale per una “messa a regime” del Snv nei prossimi anni.
In secondo luogo, lo svolgimento delle visite presso le scuole hanno, di norma, una complessità tecnica ed organizzativa di non poco conto. Il problema sostanziale non consiste tanto nelle procedure da seguire durante le visite (che pure sono un elemento importante), quanto nella capacità di cogliere, in un arco di tempo per forza di cose limitato, punti di forza e di criticità dell’attività scolastica svolta all’interno dell’istituzione, ed i loro riflessi sui risultati da essa ottenuti.
Tale competenza va coltivata con il tempo e l’esperienza, ed è quindi importante che sia dato tempo e spazio adeguato a ciascuna visita, così come massima collaborazione deve essere assicurata dal personale delle scuole coinvolte. In questo senso, ogni scambio di opinioni e considerazioni che possa essere realizzato prima e dopo il momento pratico della visita (tra valutatori e soggetti delle scuole, e tra i valutatori stessi) dovrebbe essere favorito e valorizzato. Con il tempo, il Miur e l’Invalsi dovrebbero poi preoccuparsi di validare e consolidare protocolli di valutazione esterna che siano da un lato ben rodati, e dall’altro aperti e flessibili per l’utilizzo da parte di soggetti con prospettive valutative e competenze differenti. Il Miur e l’Invalsi, in questo quadro, sono chiamati a dimostrare di essere non solo istituzioni capaci di svolgere il loro lavoro organizzativo, ma anche di essere dotati di una tecnostruttura adeguata a supportare un compito valutativo di sostanza.
Come noto, comunque, questo processo di valutazione non è solo un mestiere tecnico, pratico e burocratico, ma si configura invece come un’azione destinata ad avere risvolti politici ed istituzionali di primaria importanza.
Tra gli aspetti più di policy, non si può certamente trascurare la questione legata all’utilizzo che sarà fatto dal Miur delle valutazioni esterne. Su questo tema l’esperienza appena conclusa con i Rav deve servire da monito e lezione. Infatti, se vi è una pecca da rilevare con riferimento all’esperienza dell’autovalutazione, è quella della mancanza di restituzione di informazioni di sintesi alle singole scuole che si sono impegnate nella compilazione del Rav. Se è vero che le singole autovalutazioni delle singole scuole possono essere visualizzate nel sito Scuola in Chiaro, è altrettanto vero che non è stato fornito alle scuole un quadro di sintesi a livello territoriale, regionale e nazionale mediante il quale ciascuna potesse condurre un proprio confronto di posizionamento.
La sensazione, in proposito, è stata quella di una dimenticanza da parte del ministero, che da taluni è stata interpretata come un disinteressamento rispetto alla fase di discussione e condivisione dei risultati di sintesi della valutazione. Tale errore va completamente evitato in questa fase di valutazione esterna: è fondamentale che da subito il ministero chiarisca con quali strumenti intenda dare un feedback alle scuole coinvolte nella valutazione esterna, e come le informazioni sui risultati di sintesi potranno divenire tesoro per il sistema scolastico nel suo insieme.
Tra questi elementi, particolare attenzione merita il tema della pubblicizzazione dei risultati delle singole scuole. L’esperienza di pubblicizzazione dei dati di autovalutazione mediante Scuola in Chiaro è stata apprezzata da genitori ed osservatori; sarebbe a mio parere essenziale che anche una sintesi delle valutazioni esterne formulate dai Nev sia veicolata con strumenti analoghi. Sarebbe davvero uno spreco se le risultanze della valutazione esterna rimanessero chiusa nel dialogo riservato tra valutatori e dirigenti scolastici delle istituzioni coinvolte.
Infine, occorre rassicurare il sistema scolastico sulla continuità dell’attività valutativa (anche esterna) avviata oramai dal 2014/15. Sarebbe un vero peccato se la valutazione esterna si limitasse ad un esercizio una tantum, realizzato quest’anno sulla scorta dei passi svolti lo scorso anno scolastico, e poi abbandonato nel prossimo futuro. Invece, il ministero ha l’occasione di dimostrare che su questo tema sta facendo sul serio; fino a questo momento, tempi e modi previsti dal DPR 80/2013 sono stati sostanzialmente rispettati, e le scuole sono coinvolte da mesi in un processo valutativo di proporzioni mai viste nel nostro sistema scolastico. Occorre essere consapevoli che le fila di coloro che vorrebbero rallentare (se non fermare) il processo di valutazione sono tutt’altro che sguarnite; i policy-makers devono dunque vigilare affinché non si verifichino battute d’arresto o ripensamenti.
È già tempo, in qualche modo, di ragionare su come i risultati delle fasi di valutazione (interna ed esterna) e di miglioramento debbano essere raccontati agli stakeholders interessati: studenti, famiglie, comunità territoriali, istituzioni. Avviare sin d’ora alcune attività operative e sperimentali su quella quarta fase di “rendicontazione sociale”, prevista dal sistema nazionale di valutazione, potrebbe forse essere utile in questo senso.