Bisognerà farci l’abitudine. All’abolizione del Natale, della Pasqua, della festa del papà, della mamma (all’abolizione della festa della donna, però, no, e neanche di Halloween, chissà perché). Questa la notizia: un asilo nido di Milano, quartiere Isola, avrebbe abolito la festa del papà (19 marzo, san Giuseppe, ndr) perché un bambino ha due mamme. La scuola ha smentito: le maestre avrebbero pensato “di celebrare la festa in modo diverso, per poter coinvolgere anche chi non ha un papà”. Strana smentita: e come sarebbe una festa “diversa”? La festa dei “diversamente babbi”?
Non si capisce. In realtà la notizia, che stavolta ha fatto un po’ di scalpore, ed è stata subito cavalcata dai corifei politici della tradizione, non è nuova. I genitori attenti si saranno accorti che dalla scuola primaria in poi, quando i ragazzi sanno scrivere, stanno diradandosi, fin quasi a sparire, certi titoli di componimenti come, ad esempio, “Descrivi il tuo papà” (o la tua mamma), “Come hai festeggiato il Natale”, oppure “Racconta un pomeriggio all’oratorio”. Questo non solo perché possono esserci figli di due babbi, due mamme, comprati in Canada o in Thailandia da due uomini, concepiti da un ovulo di una mamma trapiantato nell’utero di un’altra mamma, e chi più ne ha più ne metta in questo supermercato genetico che stiamo diventando. C’è pure chi ha solo il babbo, o solo la mamma, per tanti motivi, chi ha il babbo il Italia e la mamma in Bangladesh, chi ha due babbi e due mamme e la famiglia allargata, e così via.
Dunque, cosa facciamo? Anche ammettendo la buona fede della scuola (cosa su cui non potrei però mettere la mano sul fuoco, conoscendo l’infingardaggine di certi insegnanti o dirigenti scolastici che si nascondono dietro un inesplicabile “rispetto” a questo punto non si sa di che), non potremo mai, anche solo per una festicciola o il titolo di un tema, tenere conto di tutte le variabili possibili di famiglia che stiamo ammettendo.
Il fatto è semplice da valutare, e non c’è bisogno di fare una battaglia di civiltà: avendo cancellato il dato di natura (se non ricordo male, un nuovo essere umano nasce da un uomo e una donna) come indicazione base anche per l’accoglienza familiare e l’ipotesi educativa, tutto il resto è possibile. Ma questo tutto possibile rende alla fine tutto impossibile. Scientificamente si chiama entropia: dove tutto è uguale non nasce niente. Come la sabbia della spiaggia: è fatta di tanti granellini equivalenti, e l’insieme è un ambiente sterile.
Rassegniamoci dunque, anche fare una festa sarà complicato. Rimangono i bambini: questi testardi impuniti che continuano e desiderare di avere un babbo e una mamma, questi tradizionalisti inveterati che vorrebbero vivere con due genitori, di sesso diverso e complementare, che magari decidono anche, pur nella fatica giorno per giorno, di volersi bene. Che fare con questi cocciuti infantili? Per fortuna ne facciamo pochi, sempre di meno; tra un po’ il problema sarà risolto.