Ritornando sulla questione dell’insegnamento scolastico dal punto di vista del metodo, ovvero dello stile con cui chi insegna lascia una traccia significativa e duratura negli allievi, è interessante ed essenziale cercare sempre nuove piste di lavoro condivisibili.

Nella società di oggi, multiculturale, relativista e ipertecnologizzata, noi insegnanti abbiamo il grave compito di continuare a lavorare con i ragazzi non arretrando di fronte alle nuove sfide.



Per questo ritengo che tenere alto il livello di guardia sui metodi che utilizziamo nella didattica quotidiana sia il miglior modo per non lasciarsi andare alla psicologia del lamento, e di mostrare che la ricerca del vero, del bello e del buono è ancora possibile e desiderabile.

In questo senso vorrei offrire, senza pretese risolutive e a mero a titolo di esempi rivedibili e perfettibili, due proposte di lavoro già avviate, per dare inizio a un confronto e a una discussione comune tra docenti.



Il primo tentativo riguarda la didattica della storia ed ha avuto origine dal mio desiderio di portare gli studenti a gustare in presa diretta e ad affrontare criticamente i documenti storici e i testi storiografici, oltre che dall’esigenza di mettere alla prova le loro competenze argomentative e di sintesi. 

Dopo una breve introduzione sui tratti generali dell’Illuminismo ho consegnato agli studenti di una quarta scientifico un “bando” con questo titolo: “La nuova cultura dell’Illuminismo: continuità e discontinuità rispetto alla tradizione nella concezione di uomo, diritto e religione“. Il bando conteneva le indicazioni da seguire per costruire ciascuno un proprio paper (di max 10 mila battute) con introduzione, paragrafi, conclusione, indice, note e bibliografia (un tipo di lavoro che per molti si realizza solo al terz’anno di università). 



Contestualmente ho fornito loro due gruppi di documenti storici e testi storiografici relativi all’Illuminismo (in tutto una ventina) tra i quali avrebbero dovuto trattarne almeno cinque. Infine li ho portati in laboratorio di informatica dove ognuno, per due settimane, ha lavorato autonomamente al proprio paper, mentre io giravo tra le diverse postazioni, rispondendo alle loro domande, aiutandoli a esprimersi e gustandomi le loro scoperte e le loro intuizioni. Realizzare questo laboratorio di scrittura (si può fare per la storia ma anche in filosofia, come è accaduto l’anno scorso quando negli ultimi giorni prima delle vacanze gli studenti hanno lavorato alacremente ai loro paper sul tema del logos mentre fuori già si respirava un clima d’estate!) ha significato decidere di usare alcune mie ore di lezione in un’altra prospettiva, valorizzando e riconquistando l’iniziativa personale degli studenti, sfidati dalle parole stesse degli autori lette in presa diretta. Questo tipo di lavoro, ripetuto più volte all’interno dell’annuale percorso di lezioni frontali tradizionali, può rendere molto in termini di conquista personale dei contenuti da parte degli studenti e di attivazione dell’interesse. 

Il secondo tentativo riguarda i manuali scolastici e una domanda che da tempo mi assilla circa la loro efficacia. Se da un lato è vero che il manuale è un utilissimo strumento per la conquista di un sapere chiaro e sintetico da parte degli studenti, d’altra parte esso rischia di lasciare un’idea della cultura asettica ed enciclopedica, talvolta superficiale e poco stimolante. In virtù di queste riflessioni, ho ritenuto opportuno tentare in una classe pilota la lettura integrale di una grande opera filosofica o storica, con l’obiettivo di capire se è possibile sorpassare la manualistica tradizionale. Per via della mia formazione — ma soprattutto perché permette di ricapitolare la filosofia moderna e contemporanea dal ‘600 al ‘900 — ho scelto di proporre ai miei studenti di quarta scientifico la lettura della Crisi delle scienze europee di Edmund Husserl. Da gennaio, ogni venerdì, dedichiamo l’ora di filosofia alla lettura del testo di Husserl, commentandola e spiegandola là dove necessario, immergendoci insieme nella parola del filosofo proiettata alla lavagna. Ad oggi l’esperimento sta dando buoni frutti, almeno dal punto di vista della curiosità e dell’attenzione degli studenti. Chissà che un giorno si possa fare scuola portando a lezione solo grandi opere, affiancate magari da piccole dispense fornite dal docente per ricucire i nodi culturali fondamentali che altrimenti si perderebbero. 

Questi due tentativi in atto, comunque e sempre correggibili e criticabili, hanno caratterizzato e vivacizzato questi mesi del mio lavoro quotidiano in classe. Il problema del metodo della didattica rimane sempre il primo affinché l’amore per la conoscenza passi a tutti i nostri studenti.