Il ministro Giannini lo ha detto ufficialmente: il ministero ha innalzato le soglie massime di Isee e Ispe al di sotto delle quali gli studenti possono beneficiare delle borse di studio (rispettivamente da 21mila a 23mila e da 34mila a 50mila euro). Arriva finalmente una risposta seria, positiva e concreta ai problemi che da mesi il Clds (Coordinamento liste per il diritto allo studio) solleva e sottopone al Miur attraverso i suoi rappresentanti al Cnsu (Consiglio nazionale degli studenti universitari). L’entrata in vigore della nuova normativa sull’Isee nel 2015 aveva infatti avuto l’effetto di far sembrare “più ricchi” studenti a cui non era cambiata di una virgola la propria situazione economica, con la conseguenza che, in un solo anno, il numero di studenti “idonei” a ricevere la borsa era sceso del 21%. Con le nuove soglie, riviste opportunamente al rialzo, le borse di studio erogate agli studenti in condizioni economiche sfavorevoli (misurate attraverso il controverso indicatore Isee) potranno tornare a crescere, dopo la grave contrazione avvenuta l’anno scorso.



È solo attraverso un lavoro serrato e costante di confronto con tutti i protagonisti della situazione che il Clds ha raggiunto questo importante traguardo. Ora occorre però fare attenzione. Se le Regioni non provvedessero a loro volta ad innalzare le soglie, la situazione si concluderebbe con un nulla di fatto. Il citato intervento del governo rende infatti solo “possibile” che le Regioni tornino a coprire la stessa percentuale di studenti beneficiari di borse di studio di due anni fa, ma l’intervento non è per nulla scontato. Molte, già in questi mesi, hanno dimostrato buona volontà, impegnandosi nel predisporre soluzioni-tampone alla grave situazione che si era verificata. Adesso la sfida è affrontare l’emergenza di nuovo uniti. Un traguardo possibile se le Regioni sapranno mettere da parte le loro contingenze storiche, mettendo al centro i bisogni degli studenti universitari.



Tuttavia, è nostro dovere continuare a ricordare che, anche aggiornando le soglie a livello regionale, permarranno comunque circa 40mila studenti “idonei non beneficiari”, ovvero studenti a cui lo Stato riconosce un oggettivo svantaggio economico ma a cui le Regioni non riescono a rispondere efficacemente a causa della scarsità delle risorse destinate al diritto allo studio. Una discriminazione intollerabile tra studenti iscritti ad atenei di Regioni diverse ma talvolta con la stessa situazione economica.

A questo dato si aggiunge un’altra importante, e ancora incompiuta, occasione di lavoro: da mesi il Clds chiede che la totalità delle prestazioni erogate a sostegno del diritto allo studio (come le borse di studio e le cosiddette “150 ore”) non siano considerate come “reddito” a fini del calcolo dell’Isee. 



Essere in una situazione di svantaggio non può essere considerato una fonte di reddito, come ha affermato anche il Consiglio di Stato in una recente sentenza del 29 febbraio scorso in merito agli assegni di accompagnamento per portatori di handicap.

Il ministero dell’Università e il ministero del Lavoro battano un colpo anche su questo tema: noi siamo pronti, con impegno e passione, a contribuire a migliorare la nostra università.