Gianluca Zappa, in un suo recente intervento su ilsussidiario.net esprime la sua stanchezza per le tesine. Non è sempre stato così per lui, però: ha cominciato con entusiasmo e poi si è scontrato col sistema. Peccato che egli sembri far ricadere le colpe solo su, scrive, “noi docenti”, soprattutto quelli che lui chiama i “kommissari”. Questi, ad esempio, pretendono agganci alla propria materia, anche se implausibili, o mostrano rigidità sclerotiche, pretendendo a tutti i costi riferimenti alle materie di indirizzo. Stando però solo alle sue parole, viene fuori che il problema è ben più ampio ed è l’esito di tutto un complesso: vi sono le tesine on-line precotte e facili da scaricare, vi sono gli studenti che si muovono, comprensibilmente, ma troppo strategicamente per la mera finalità dell’esame. Mi verrebbe poi da aggiungere al suo detto e al mostrato che i docenti solitamente non hanno abbastanza tempo per affrontare il tema in classe e finiscono per lasciare gli studenti da soli. Ciascuno di loro non è pagato dalla scuola per il lavoro enorme di seguire un giovane, anzi decine di giovani contemporaneamente nei loro primi passi in un lavoro di ricerca. Inoltre, mancano o non si ha adeguata conoscenza di strumenti per aiutare il lavoro onesto (quello disonesto di copia-incolla è invece ampiamente supportato) di stesura della tesina.



Capisco il professore, perché anche io vedo quello che vede anche lui e capisco anche che spesso nel mestiere di insegnante il singolo si trovi a lottare contro un gigante sordo e impersonale che si avverte come un sistema collettivo contro cui l’individuo non ce la può fare. Prima però di rassegnarmi a mia volta e sedermi a fianco a Zappa, per uno scambio di aneddoti ferocemente tristi, pieni di ridicolo e amarezza, sulle vicende della tesina, vorrei invitare lui e tutti gli sconfortati, i giustamente e motivatamente delusi, a fermarsi un attimo e a riflettere.



Ridiciamoci per un momento, come si ridice un amore, il perché della tesina. Si tratta di un testo con cui lo studente può cominciare una conversazione che mostri la sua formazione culturale e più ampiamente la sua preparazione. Si tratta di un testo che sarebbe l’esito di un percorso personale di approfondimento, di ricerca. Insomma, la tesina è quel gesto con cui lo studente, fin lì guidato a pensare con la testa dell’insegnante, del libro, dei maestri, dei giganti del pensiero, può cominciare a balbettare qualcosa di suo, può cominciare ad acquisire gli strumenti di metodo ed espressivi propri della ricerca, può iniziare a sperimentare la croce e la delizia dell’espressione saggistica argomentativa strutturata. Si tratta di qualcosa di buono e nessuna delusione, nessuno sconforto, per quanto giustificato, ha diritto di impedire che questo succeda. E allora?



Al sistema che demotiva, che inibisce ogni slancio, che congiura contro la tesina, opponiamoci facendo insieme sistema, però un sistema virtuoso, che mostri che ci sono spazi e strumenti per essere personali, per dire la propria, per valorizzare le idee. Mostriamo che c’è gente che vuole che questi spazi crescano, che divengano un punto di riferimento, una pratica comune. Provo a buttare giù alcune idee per la costituzione di questo anti-sistema.

1. Sul piano strutturale: creiamo nelle scuole dei progetti e chiediamone il finanziamento, affinché i docenti che lavorano decine di ore correggendo tesine, si vedano almeno in parte gratificati.

2. Ma prima ancora: offriamo agli studenti momenti specifici di formazione, che spieghino loro di cosa si tratta, come si fa, con che tempistiche, soprattutto con quali finalità.

3. Sempre sul piano strutturale: perché non affidiamo con programmazione preventiva al nuovo personale del così detto organico potenziato compiti di tutoring delle tesine?

4. Quanto agli strumenti, offriamo ai ragazzi dei sussidi adeguati. Il mio non è solo un appello ad altri, perché sentendone l’esigenza ho pubblicato, con Enrico Furlan, Tesine e percorsi. Metodi e scorciatoie per la scrittura saggistica. Non mi risulta esistano altri testi del genere, però ne esistono per l’università. Sono risorse che si possono usare e consigliare ai ragazzi.

5. Offriamo degli spazi che accompagnino gli studenti. Si possono facilmente organizzare gruppi di discussione con le nuove tecnologie che coinvolgano gli studenti della classe in cui gli allievi possono esprimere disagi ed esigenze. Su Facebook ho creato una pagina (Tesine e percorsi), che è ancora ai suoi primi passi, ma cerca di offrire stimoli e dare idee, affinare una sensibilità alla parola, alla ricerca, alla riflessione; tutti sono benvenuti.

6. Sul piano educativo, insegniamo ai ragazzi che il modo migliore per fare bene l’esame è di non finalizzare ogni azione al risultato. Aiutiamoli a capire che un sano idealismo, una giusta passione per la realtà, uno stare a sentire i propri legittimi desideri di espressione e di personalizzazione del proprio percorso intellettuale sono sacrosanti. 

7. Sempre sul piano educativo, mostriamo ai ragazzi che l’onestà intellettuale, quella che porta a non appropriarsi di nascosto del lavoro altrui, è una virtù ma non è riservata esclusivamente a uomini straordinari. Essa invece è alla portata di tutti coloro che rispettano il pensiero altrui, riconoscendone la paternità.

8. Infine, diffondiamo il testo di Zappa e altri simili a quello, perché solo ridendo di noi stessi, di noi insegnanti, solo scoprendoci a volte attori di un meccanismo perverso, castigheremo i cattivi costumi. Riusciremo allora a liberarci da quelle rigidità che fermano le buone possibilità e che mortificano la possibilità di espressione, uccidendola in un disilluso cinismo. Ridiamo del nostro limite, ma rimbocchiamoci le maniche perché le cose cambino. Insieme possiamo.