Alla Nuova Scuola di Pesaro, istituto paritario di matrice cattolica nato nel 1977 dal carisma educativo di don Giussani, sta per partire un corso di Corano. A tenerlo, per alcuni ragazzi musulmani che la frequentano, sarà il presidente della Federazione Regionale Islamica Marche, Hicham Rachdi. È una notizia che non può lasciare indifferenti. In questi tempi in particolare, caratterizzati da drammatiche tensioni col mondo musulmano, in cui non passa giorno che non si sentano notizie inquietanti di attentati e di violenze contro i cristiani in paesi ove vige la Shari’a, è inevitabile interrogarsi sul valore di una simile decisione — particolarmente in una scuola cattolica — e su come sia maturata. Per capirlo, siamo andati a visitare la scuola e a parlare con due dei protagonisti di questa vicenda: Giorgio Maniscalco, medico e presidente della cooperativa che gestisce la scuola e Hicham Rachdi.
Presidente Maniscalco, com’è iniziata questa vicenda?
Tutto è nato quando, alcuni mesi fa, la Nuova Scuola ha deciso di proporre alla città una mostra che alcune persone che vi lavorano avevano visto in agosto al Meeting di Rimini: “Abramo e la nascita dell’io”.
L’idea ha avuto positiva accoglienza sul territorio?
Assolutamente sì. Il prefetto ci ha addirittura messo a disposizione il prestigioso Salone Metaurense del Palazzo Ducale, che è la sede della prefettura di Pesaro e Urbino, mentre la dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale ha inviato a tutte le scuole statali l’invito a visitare la mostra. Persino l’assessore comunale ai servizi educativi, scuola e università è intervenuta al convegno conclusivo, sottolineando il valore culturale dell’iniziativa.
E la Chiesa locale?
La diocesi si è coinvolta nella realizzazione in particolare con il suo Ufficio per la pastorale ecumenica e il dialogo interreligioso, di cui è direttore don Mario Florio, che ha scritto anche un bellissimo contributo proprio sulla mostra. E poi ci ha offerto la collaborazione del direttore dell’Ufficio pastorale immigrati, don Giorgio Giorgetti, che è anche un esperto biblista.
Gli studenti in che modo hanno partecipato?
Desideravamo che alcuni di loro potessero fare da guide alle classi in visita di studenti delle scuole di Pesaro e provincia; per questo sono stati preparati in classe dal loro professore di storia, filosofia e religione, don Daniele Federici, che si è sobbarcato anche il compito di studiarla approfonditamente creando un’équipe aperta a studenti, professori, sacerdoti diocesani e genitori. E’ con questa équipe che poi don Daniele ha realizzato due distinti incontri nell’aula magna dei nostri licei: uno col ministro del culto della comunità ebraica di Ancona, Nahmiel Ahtonee, e uno col presidente della comunità islamica di Pesaro-Urbino, Hicham Rachdi.
Com’è nata questa amicizia con Hicham Rachdi?
Ci hanno segnalato il suo nome alcuni amici del movimento dei Focolari, grazie alla loro lunga e preziosa amicizia con i musulmani della moschea di Gallo di Petriano, località a circa 25 km da Pesaro, dove esiste una numerosa comunità di circa 300 islamici arrivati a Pesaro 18 anni fa, inseriti nelle fabbriche locali, alcuni già con cittadinanza italiana. Sono stati loro a presentarci l’imam Giovanni, che a sua volta ci ha fatto conoscere Hicham.
Bella questa rete di rapporti fra movimenti e addirittura comunità religiose diverse. Come è proseguita la cosa?
Una sera, visto che eravamo curiosi e desiderosi entrambi di conoscerci meglio, siamo stati invitati a casa sua. Subito siamo rimasti colpiti, direi commossi, dell’ospitalità con cui lui e tutta la sua famiglia ci hanno accolti nella loro casa essenziale e gioiosa, che ha proprio al centro il Corano! Un’ospitalità che da noi, ormai, non si trova più, e che si è immediatamente trasformata in un rapporto di stima e in seguito di amicizia anche da parte della moglie, dei bambini, e persino della famiglia di origine rimasta in Marocco.
E poi?
Beh, poi è accaduto l’imprevedibile. Proprio il giorno prima dell’intervento di Hicham presso la nostra scuola, programmato per il 14 novembre, ci sono stati i terribili fatti di Parigi. Ma su questo, forse, è meglio che racconti lui…
Sì, certo. Come ha vissuto questa vicenda, dott. Hicham?
E’ stato molto faticoso, per me, presentarmi agli studenti dopo quanto era avvenuto a Parigi. Una sfida difficile. Avevo preparato con cura il mio intervento sulla figura di Abramo nel testo Coranico, tenendo accanto a me mia figlia perché anche lei imparasse da quanto stavo elaborando. Poi arriva la tragica notizia dal canale tv di Al Jazeera che tenevo acceso in sottofondo; mi è mancata la terra sotto i piedi… Per tutta la notte mia figlia mi ha chiesto: “Papà perché tanto male? Noi siamo questi assassini?” Solo dopo qualche momento di smarrimento mi sono venute in mente le parole di Papa Francesco: “Non è questione di religione — le ho risposto — perché il terrorismo non ha religione. L’Isis scredita l’islam e i musulmani”. Solo questa certezza mi ha permesso di presentarmi lì il giorno dopo.
Capisco, ma gli attentatori gridavano “Allahu Akbar!” ed è difficile, se non impossibile, evitare il collegamento fra questi episodi di violenza e l’islam…
E’ vero, ma non è possibile credere che Dio voglia questi atti di violenza. Non è questo l’islam che ho conosciuto io e che propone il Corano. La mia famiglia mi ha insegnato da sempre il valore dell’accoglienza e del rispetto, e a guardare le persone senza pregiudizi religiosi. Anche le nostre comunità nelle Marche sono così: partecipano ormai da anni alla vita della società con iniziative di natura culturale e caritativa, in molti casi collaborando con le istituzioni locali e con altre associazioni.
In molti sono convinti che sia questa la strada per una convivenza pacifica e rispettosa delle diversità, non le pare?
E’ così. Penso che siamo tutti figli dello stesso Dio e questo è il fondamento di tutto. Poi, ognuno fa il suo cammino…Conoscere quello che dice e propone la religione dell’altro non è per fargli cambiare strada, ma per arricchirsi reciprocamente. Ne è dimostrazione anche il fatto che alla fine del convegno molti si sono avvicinati a me per ringraziarmi e dirmi che era stato uno degli incontri più belli cui avessero partecipato. E anch’io mi sono commosso. Era impensabile, considerate le premesse…
Torniamo alla questione iniziale: l’insegnamento del Corano alla Nuova Scuola. Presidente Maniscalco, come vi è venuta questa idea?
E’ stata quasi la logica conseguenza di quanto abbiamo raccontato fin qui, una dimostrazione che quello che con Abramo è accaduto è vero e accade anche oggi. L’incontro con Hicham è stato proprio l’incontro con un “io”, e il rapporto di amicizia nato con lui e la sua famiglia è davvero la dimostrazione che il cuore è lo stesso in ogni uomo. L’idea ci è venuta incontrando un altro musulmano che in questi giorni ci ha chiesto di inserire i suoi tre figli da noi. E’ un ingegnere egiziano che è venuto a lavorare alla Snam Progetti di Fano. La figlia di terza media è molto orgogliosa di essere musulmana, così come la mamma, che porta il velo. La posizione di Hicham e di sua moglie, così sinceramente affidati a Dio e al Suo servizio, così aperti e capaci di riconoscere in noi la stessa religiosità, ci ha suggerito la mossa, che comunque abbiamo condiviso con il vicario diocesano e con l’arcivescovo.
Ma qual è lo scopo?
Se c’è questa apertura reciproca e questo desiderio di camminare insieme pur nella diversità, è bello anche aiutarsi a fare in modo che ognuno prenda sempre più coscienza della chiamata che ha ricevuto e approfondisca la conoscenza della propria cultura e tradizione. Non per un sincretismo, ma per una profonda stima reciproca del tentativo che ognuno fa. Come per i nostri figli, desideriamo anche per i loro che possano verificare fino in fondo l’ipotesi di vita che stanno vivendo i loro genitori. Per questo, a partire dal rapporto di amicizia con Hicham, abbiamo chiesto a lui di tenere questo corso e gli abbiamo anche proposto di iscrivere sua figlia al nostro liceo per il prossimo anno scolastico.
Dott. Hicham, è una proposta molto ardita! Cosa avete deciso?
Intanto preciso che il corso di Corano si svolgerà in lingua araba, cercando innanzitutto di valorizzare i punti di incontro fra le nostre culture e religioni, e che potranno parteciparvi liberamente anche gli altri studenti. In questo caso, però, si parlerà italiano…
E per l’iscrizione della figlia?
Ci siamo incontrati tre volte per parlarne con Giorgio e gli altri amici. Non è stata una decisione semplice e in famiglia abbiamo dovuto fare un lavoro molto serrato di confronto, ma poi abbiamo accettato volentieri. Mi commuovono ogni volta la stima e l’affetto con cui siamo guardati.