L’accordo con le parti sociali sulla mobilità straordinaria dei docenti tradisce un altro punto qualificante della riforma: la cosiddetta “chiamata diretta” degli insegnanti dagli ambiti territoriali. 

Questa novità della Buona Scuola è stata svilita dalla contrattazione con i sindacati, che ne ha compresso la portata in modo indiretto attraverso la disciplina della mobilità sugli ambiti territoriali. Infatti, con l’accordo sindacale sulla mobilità, l’accesso agli ambiti è limitato solo agli immessi in ruolo con le fasi B e C del piano assunzionale, escludendo tutti gli insegnanti immessi in ruolo entro l’anno scolastico 2014/2015. In particolare, potendo partecipare al piano straordinario di mobilità in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia assegnata con l’ultimo aggiornamento delle graduatorie, questi insegnanti non accederanno automaticamente agli ambiti territoriali e potranno scegliere la singola scuola, a differenza di quanto potranno fare i neo-immessi in ruolo.



Inoltre, per questi ultimi, la mobilità straordinaria si incrocerà con il loro obbligo di prendere servizio nella scuola dove sono stati immessi in ruolo, dopo che è stato consentito loro di restare ancora per un anno nella scuola dove erano stati supplenti l’anno scorso, con buone possibilità di essere assegnati all’ambito territoriale prescelto, superando in punteggio i colleghi assunti in fase C, che hanno potuto lavorare nella sede più vicino a casa sui posti del potenziamento.



Così, dopo il grande piano di stabilizzazione del personale, la Buona Scuola realizzerà anche il più grande piano di mobilità mai visto, con uno spostamento stimato di quasi 250mila unità, di cui solo circa 70mila saranno assegnate agli ambiti territoriali per la chiamata diretta da parte del dirigente scolastico.

Al di là dello tsunami provocato dalla mobilità, la continuità didattica rischia di essere compromessa anche dopo il nuovo concorso previsto dalla legge 107/2015 che porterà all’assunzione di 63.712 docenti abilitati nel triennio. Infatti, c’è ormai il ragionevole dubbio che potrebbero rimanere scoperte molte cattedre anche dopo questo concorso, rendendo necessario il ricorso alle supplenze di insegnanti iscritti nelle terze fasce delle graduatorie di istituto, che non hanno avuto accesso alle procedure concorsuali in quanto non abilitati, salvo diverse pronunce giurisdizionali. 



Infine è ormai certo, dati alla mano, che la scelta di destinare il concorso ai soli docenti in possesso di abilitazione comporterà la mancanza di docenti di sostegno in molte regioni soprattutto del nord, dove le domande presentate sono risultate in numero inferiore rispetto ai posti messi a concorso, nonostante le sollecitazioni al ministero a consentire almeno la partecipazione “con riserva” a chi stava completando il percorso di abilitazione. 

Al di là delle difficoltà procedurali che stanno investendo gli Uffici scolastici regionali, da ultimo l’errore sulla pubblicazione degli elenchi per le sedi delle prove scritte, delle pronunce giurisprudenziali in merito ai vari ricorsi promossi contro il concorso, quello che ormai non è più profetico ma che rischia di concretizzarsi nelle realtà già a settembre, è che l’inizio del prossimo anno scolastico sarà ancora più caotico dello scorso e potrebbe ancora riservarci diversi casi di scuole che a dicembre ancora non avranno trovato tutti gli insegnanti necessari per coprire le loro cattedre o che ne avranno visti avvicendarsi così tanti da non ricordare neppure il loro nome.