L’anno scolastico sta per finire e nella maggior parte delle scuole si sono svolti consigli di classe per le valutazioni intermedie e ricevimenti dei genitori. Ogni anno serpeggia la stessa sensazione: non appena l’anno “ingrana”, dopo le proteste e le lunghe vacanze natalizie, sboccia la primavera e si sente la pressione degli adempimenti finali. Nei consigli di classe si inizia a delineare la geografia di chi “passa” o è “salvabile” e chi sembra un caso ormai di difficile recupero. E’ in questo momento che un rischio sottile si insinua nel quotidiano vivere di un insegnante: misurare il valore e il senso del suo lavoro con un virtuale elenco di cose fatte, tra un recente passato e un imminente futuro. Il presente rischia la dissolvenza. Il presente ha il volto di alunni che, anche se studiano poco, sono in classe anche oggi, li hai davanti e ti guardano, per quanto distratti dal compagno o dal cellulare.



Qualche giorno fa ero con Gabriella, la mia collega neoimmessa in ruolo, che svolge un progetto di potenziamento e recupero di lingua e civiltà francese. C’è un caldo tremendo, soffia scirocco, e siamo a sesta ora. Avevo detto a Gabriella che avrei dovuto riprendere con i ragazzi la struttura della frase negativa e lei aveva preparato un’attività su due fotocopie: in una c’era la regola spiegata con degli esempi e un disegno, tutto a caratteri grandi; nell’altro una lista di frasi da trasformare. 



Distribuiti i fogli, ci dividiamo per chiarire la consegna a ciascun alunno, a ognuno facciamo un esempio, controlliamo la prima frase: “Ok! Bravo! Hai capito, vai avanti”. Do una dritta: “Sottolineate il verbo in ciascuna frase!”. 

Con mia enorme sorpresa, i ragazzi lavorano tutti, anche quelli che solitamente si bloccano in un disinteresse invincibile. I più discoli della classe si danno da fare, ché hanno intuito che anche loro possono fare, e bene, questa cosa. Io guardo i ragazzi, ascolto e osservo, guardo in azione Gabriella: accoglie tutti, presta attenzione ad ogni quaderno. I ragazzi terminano. Ed è un susseguirsi di “Prof! Ho fatto bene?”, “Prof, mi guarda l’esercizio?”. Correggiamo e i ragazzi hanno fatto bene, hanno capito… E iniziamo a scrivere in fondo all’esercizio: “OK”, “Bravo!”, eccetera.



Gabriella, con la penna rossa, fa sul foglio di una ragazza un piccolo cuore rosso: tutti vogliono il cuore! Sono commossa, perché oggi è accaduto un fatto: tutti hanno lavorato, in 25, dentro un’aula assediata dallo scirocco a sesta ora ed erano contenti di lavorare. Perché?

Perché forse, mi vien da dire, Gabriella ha spostato lo sguardo sull'”ora”, su chi ho davanti, uno ad uno, muovendo da qualcosa di semplice e nell’ipotesi che tutti potessero svolgere quel compito.

I ragazzi sono pronti per proseguire la lezione, si continua. Io non me l’aspettavo. Questa lezione non me la scordo più. La partita si riapre e il presente diventa interessante.

C’è sempre bisogno di uno che ti “sposta” lo sguardo. Grazie Gabriella.