Come a voler raddrizzare le gambe dei cani, l’ultimo provvedimento del Governo in materia di istruzione e ricerca cerca di introdurre correttivi alla “Buona Scuola”, con il solito scopo di sedare il malcontento sempre latente nella nostra scuola.
Infatti, il maxiemendamento del Governo approvato dal Senato con la fiducia (ora è alla Camera, scade il 28 maggio) non prevede solo il raddoppio del compenso dei commissari del concorso che non riuscirà a coprire tutte le cattedre scoperte ed il pleonastico diritto al pagamento dello stipendio in tempi ragionevoli, dopo le polemiche dovute ai ritardi nel pagamento degli insegnanti per le supplenze brevi. Il maxiemendamento ha anche rappresentato il veicolo parlamentare per svilire ulteriormente le poche innovazioni della cosiddetta “Buona Scuola”, in vista dell’immancabile protesta degli insegnanti del prossimo mese di agosto, quando saranno ancora più evidenti gli effetti collaterali di quel piano straordinario di assunzioni che avrebbe dovuto curare la “supplentite” e risolvere il problema del precariato.
In primo luogo, il disegno di legge di conversione del Dl 42/2016 (“ex Lsu”) prevede la proroga della possibilità di ricorrere alle assegnazioni provvisorie sui posti vacanti o disponibili in deroga al vincolo triennale di permanenza nella sede di assegnazione e la sua estensione anche ai neo immessi in ruolo con la legge 107/2015. In questo modo, anche i 70mila insegnanti assunti con le fasi B e C della Buona Scuola potranno richiedere di essere assegnati in via provvisoria ad un’istituzione scolastica anziché all’ambito territoriale dal quale i dirigenti scolastici dovrebbero scegliere i docenti in coerenza con il Pof, riducendo ulteriormente la portata della cosiddetta “chiamata diretta”, già fortemente ridimensionata dall’accordo sulla mobilità dello scorso aprile.
Di conseguenza, agli effetti del piano straordinario di mobilità previsto per il prossimo anno, che potrà comportare lo spostamento di circa 250mila unità, si sommeranno gli effetti di un’ulteriore platea di circa 70mila docenti, che potrebbero chiedere di lasciare la sede di immissione in ruolo per essere assegnati temporalmente in altra sede.
In secondo luogo, il provvedimento governativo è intervenuto per tentare di modificare un’altra contraddizione della Buona Scuola: l’esclusione dal piano straordinario di assunzioni degli iscritti nelle graduatorie di merito della scuola dell’infanzia dell’ultimo concorso del 2012 che avrebbero dovuto partecipare nuovamente a una procedura concorsuale, non essendo stati immessi in ruolo. Con la modifica approvata dal Senato, questi insegnanti potranno essere assunti in Regioni diverse da quelle in cui hanno concorso, in subordine agli iscritti alle graduatorie a esaurimento (Gae) e nei limiti del 50% dei posti disponibili.
In terzo luogo, il maxiemendamento fissa la decorrenza economica delle nuove assunzioni al 15 settembre prossimo, dando già per scontato che i tempi per la conclusione del nuovo concorso non consentano di effettuare le consuete immissioni in ruolo entro il 1° settembre.
Infine, la Buona Scuola vede anche scomparire il giusto riferimento alla necessità di individuare “livelli essenziali delle prestazioni” (Lep) nei servizi educativi nella fascia 0-6 anni, sostituiti dalla definizione di “bisogni educativi standard“. In effetti, visto il clima generale, continuare a prevedere la definizione di Lep ad invarianza di spesa sarebbe stato troppo persino per questo Governo.
Come si può facilmente vedere, non si tratta di interventi di piccola manutenzione, ma di veri e propri tentativi di riparazione di quei guasti ormai perpetrati nella già fragile organizzazione della scuola. Eppure, ci sono molti interventi irrealizzati della cosiddetta “Buona Scuola” che avrebbero potuto richiedere interventi correttivi. A cominciare dall’alternanza scuola-lavoro, che stenta a decollare per diverse difficoltà, tra cui la necessità di formare in maniera adeguata i docenti per la gestione di questa diversa modalità di insegnamento. Anche la valutazione degli insegnanti è ancora incagliata in un lunghissimo braccio di ferro con i sindacati, che avrebbero voluto avere un ruolo nell’assegnazione delle risorse legate al merito degli insegnanti. Per non parlare della valutazione dei dirigenti scolastici, che non ha ancora visto nemmeno l’emanazione di linee guida ministeriali.
Insomma, dopo aver ormai appurato che la supplentite non è stata curata e che il precariato non è stato risolto, il rischio è che il nuovo testo della legge 107/2015 emendato dall’iter di approvazione del Dl 42/2016 possa essere addirittura peggio del primo.