Sarà più difficile aprire una scuola paritaria in Francia? Sembra di sì, se sarà confermata l’intenzione del governo di passare dal regime della dichiarazione (di chi intende aprirla) alla richiesta di autorizzazione e alle indagini preventive ipotizzate dal ministero guidato da Najat Vallaud-Belkacem. Ne abbiamo parlato con Sylvain Plaisir, dirigente scolastico di scuola cattolica a Lione, per il quale nel mirino del governo ci sono le scuole cattoliche. In questa intervista spiega perché.



Professore, abbiamo appreso dalla stampa italiana che in Francia si sta verificando una stretta sulla libertà di educazione. Può dirci cosa sta accadendo?  

Voglio innanzitutto precisare, rispetto all’articolo in questione, che in Francia non esistono le scuole paritarie modello italiano, ma le scuole a contratto. Lo stato francese, cioè, propone alle scuole cattoliche e confessionali, o semplicemente private, un contratto che implica l’obbligo di rispettare i programmi e ispettori che vengono a osservare la pedagogia applicata dai professori. In cambio, riconosce le scuole e finanzia il costo dei docenti che vi insegnano. La “stretta” di cui si sta parlando non  riguarda queste, bensì le regole per l’apertura delle scuole private non convenzionate.



Cosa cambierebbe?

Queste scuole passerebbero da un regime di autorizzazione che prevede solo un controllo a posteriori ad uno che prevede un controllo a priori, impedendo quei progetti non conformi alle idee di chi governa. In sostanza, se saranno approvate le nuove regole, per aprire un istituto occorrerà presentare la domanda con almeno quattro mesi di anticipo, il tempo necessario al ministero per fare le opportune verifiche su programmi, corpo docente, amministrazione e gestione. Verifiche che riguarderanno anche l’istruzione a domicilio, da autorizzare solo in caso di esigenze particolari dimostrate.



Ma in Francia può aprire una scuola chiunque lo voglia?

Fino a oggi chi voleva aprire una scuola aveva semplicemente bisogno di fare una dichiarazione alla prefettura o al municipio. Doveva garantire il deposito di una certa somma di denaro e, dopo un’ispezione dei locali per la sicurezza e l’igiene, la scuola poteva aprire. A questa preventiva dichiarazione di apertura si poteva fare opposizione nell’interesse dei buoni costumi oppure per motivi di igiene o di ordine pubblico. Dopo cinque anni di esercizio, poi, un istituto privato fuori contratto poteva chiedere di legarsi allo Stato con un contratto che obbliga la scuola ad accogliere alunni senza distinzione di origine, opinione o credo.

Non sembrano condizioni proibitive…

In questi ultimi anni, infatti, si sono viste una quantità di scuole primarie e medie aprirsi, soprattutto grazie al contributo giuridico ed economico della Fondation pour l’école.

Fondation pour l’école: di cosa si tratta? 

E’ un’associazione che si è distinta perché aiuta chiunque lo desidera ad aprire una scuola senza beneficiare del contratto di riconoscimento dello Stato. Secondo le cifre, fornite dall’associazione stessa, 60mila ragazzi sarebbero scolarizzati in questo modello di scuole.

E ce ne sono altre? 

Sì, accanto a questo sviluppo, se n’è aggiunto soprattutto un altro: le scuole di tipo coranico. Nei quartieri più difficili e ad alta densità di abitanti di confessione musulmana, si constata una realtà ben più impegnativa da controllare da parte del governo, ossia l’apertura di una miriade di “microscuole” dove l’insegnamento è prioritariamente dominato dalla cultura in lingua araba e dalla religione musulmana. 

 

E’ pur sempre una possibilità compresa nella libertà di educazione riconosciuta dallo Stato.

Sì, però mentre le scuole modello Fondation pour l’école sono facilmente accessibili perché in luoghi predisposti e pubblici, le scuole senza contratto e di stampo musulmano, tipo “fai da te”, sono realtà collocate il più delle volte in abitazioni private, e quindi fuori dal controllo del governo. Infatti, tra le sanzioni inflitte in caso di chiusura di tali scuole c’è un ammenda di 150mila euro.

 

Quindi il governo vuole un maggiore controllo su queste scuole…

Se la legge fosse fatta per colpire questa giungla di pseudo scuole, sarebbe una buona legge. In realtà, purtroppo, lo scopo del governo è “altro”. 

 

Cioè?

Questa manovra è in incubatrice da tempo. Già un anno fa, la ministra socialista dell’Istruzione, Najat Vallaud-Belkacem, aveva accennato ad una legge in corso di studio per trovare un sistema che limitasse e controllasse le scuole senza un contratto con lo Stato. Tale frase, a mio avviso, non era diretta tanto alle scuole senza contratto, quanto all’insegnamento cattolico.

 

Cosa glielo fa pensare?

Le misure sono da collocare nel quadro più ampio della politica del presidente Hollande. Fin dall’inizio del suo mandato, le leggi approvate riguardano questioni di carattere etico: il matrimonio per “tutti”, l’adozione di bambini per le coppie omosessuali, l’allargamento della legge sull’eutanasia, l’abbassamento dell’età dell’aborto e l’allineamento del periodo in cui può abortire, la possibilità che tutti i negozi possano aprire la domenica. In questo programma di “modernizzazione” della società francese, orientata a raggiungere gli standard europei, è inevitabilmente compresa anche questa fase: mettere a tacere la Chiesa. 

 

Ci spieghi meglio…

Occorre tenere presente che attualmente, degli otto milioni di ragazzi che frequentano la scuola dell’obbligo, quasi il 17% frequenta scuole private sotto contratto, che sono in maggior parte cattoliche; lo 0,5% studia in quelle private fuori contratto e lo 0,3 a domicilio. Mi pare che le “restrizioni” alla libertà di educazione siano davvero sproporzionate in rapporto all’obiettivo dichiarato.

 

Dunque?

La riforma guidata dal ministro Vallaud-Belkacem si propone di intensificare la prevenzione dei fenomeni settari e della radicalizzazione attraverso uno specifico gruppo di ispettori che affiancherebbe quelli già predisposti dalle autorità accademiche; questi ispettori dovranno assicurarsi che l’alunno non venga sottoposto a una “influenza ideologica o politica contraria ai valori repubblicani”. Dato che le scuole fuori contratto non hanno i vincoli di quelle a contratto e sono molto più libere anche sotto il profilo educativo, si teme una loro moltiplicazione incontrollata.

 

Dopo gli attentati terroristici è comprensibile. Cosa c’entra la scuola cattolica?  

La lotta ai focolai di radicalizzazione islamica nelle scuole è senz’altro necessaria. Ma come ha detto il cardinale arcivescovo di Bordeaux, Jean-Pierre Ricard, il sistema attuale di dichiarazione, “pienamente applicato e al bisogno rafforzato, risponde già alle legittime esigenze di controllo da parte dello Stato”. Consideriamo, invece, un altro aspetto.

 

Quale? 

Il freno maggiore a tutte questi “avanzamenti” della società, definiti “valori repubblicani”, è proprio la morale cristiana, che ha rappresentato per secoli l’ossatura della società europea; la scuola cattolica in Francia costituisce un bacino di 2 milioni di studenti, in forte crescita con l’espansione delle scuole fuori contratto, e quindi rappresenta un potere nocivo alle riforme previste. 

 

Quindi sospetta che si tratti di una pressione sulla Chiesa?

E’ più che un sospetto: da alcuni mesi si assiste anche ad un attacco senza pari al cardinale Barbarin, il quale avrebbe omesso di denunciare un prete per atti di pedofilia, benché prescritti da tempo. Anche questo fatto fa sorgere perplessità: non si è mai visto in una democrazia, degna di tale nome, un presidente del Consiglio che esorta un cardinale della Chiesa cattolica “a saper prendersi le proprie responsabilità” rispetto a quanto accaduto. 

 

Insomma, una recrudescenza del solito laicismo alla francese?

Il progetto mi sembra alquanto chiaro. Un potere che si permette di governare col 13% di consensi fa interrogare su quale fondamento può avere, e il disegno di legge sulle modifiche delle aperture delle scuole libere va collocato senz’altro in questo orizzonte.