È uno dei temi forse meno sviluppato nella prima prova di italiano oggi, alla Maturità 2016 partita giusto stamattina: è il tema sul pil e sul progresso sociale dei vari paesi mondiali. Utilizzando la definizione di Pil fornita dall’Enciclopedia dei ragazzi Treccani ed un estratto di un discorso atto dal Presidente degli USA Robert Kennedy il 18 marzo 1968, i ragazzi hanno potuto affrontare il saggio breve di ambito socio-economico intitolato “Crescita, sviluppo e progresso sociale. È il Pil misura di tutto?”. La traccia è stata commentata da Mario Morcellini, come evidenziato da Il Fatto Quotidiano. Il direttore del Coris e preside della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’università La Sapienza di Roma ha detto: “È una delle poche frasi della politica consumate anche al di fuori della politica. Una frase fulminante, che ha dato la sveglia all’economia. Questa traccia scelta dal ministero ha, infatti, il vantaggio di umanizzare l’economia. È una traccia difficile, ma piacevole da svolgere, capace di provocare gli studenti. Il rischio, però, è che finiscano per parlare della crisi economica. Nell’imminenza del referendum sulla Brexit, potrebbe inoltre dare uno spunto per parlare del concetto di confine, come la traccia di attualità”.
C’è anche una traccia inaspettata tra i temi della Maturità 2016. Di sicuro infatti gli studenti alle prese oggi con lo svolgimento della prima prova scritta d’italiano non si aspettavano tra gli argomenti il Pil: “Crescita, sviluppo e progresso sociale. È il PIL misura di tutto?” Tra i brani messi a disposizione dei maturandi ci sono il concetto di Prodotto Interno Lordo, estrapolato dall’enciclopedia Treccani e un estratto di un discorso di Robert Kennedy, ex senatore americano, riportato dal Sole 24ore nel 2013. Skuola.net sottolinea, come riferisce l’agenzia di stampa Adnkronos, che il saggio breve socio-economico si concentra su una tematica di cui forse pochi conoscono la vera portata: “la misurazione del Pil viene utilizzata per darci una cosiddetta ‘immagine realistica’ della condizione economica del nostro Paese. Ma i numeri sono veramente il canone di misurazione del nostro benessere? O entrano in gioco molti altri fattori, che non possono essere calcolati con una semplice cifra numerica?”.
Per gli amanti del tema socio-economico, i ragazzi alla Maturità di oggi potranno scatenarsi su questa traccia: “Crescita, sviluppo e progresso sociale. È il Pil misura di tutto?”, recita la prima prova di italiano con il tema di carattere socio-economico. Un bel tema, non c’è che dire, anche se molto complesso nello svolgimento visto che, al netto dei documenti e degli articoli di riflessione che hanno a disposizione i maturandi, riguarda un concetto molto difficile per gli stessi esperti di economia e crescita sociale. Il pil, ovvero il prodotto interno lordo, è tutto quello che un paese produce in un certo lasso di tempo: per calcolarlo bisogna sostanzialmente sommare quello che spendono i vari consumatori, i soldi investiti in quel paese, i soldi spesi dal governo e il valore delle esportazioni. A tutto questo va sottratto il valore delle esportazioni; è chiaro che il è un indicatore sintetico e per questo necessariamente insufficiente a spiegare l’intera crescita in un Paese, specie negli Anni post-moderni dove le complessità e le spese sono su moltissimi piani. Un economista affermato come Jon Gartner su Internazionale qualche anno fa lanciò i primi dubbi: «se il pilo cresce non significa che tutto va bene, una cifra non può comprimere l’intera grandezza immensa come l’economia di una nazione». Interessante l’argomento utilizzato per portare al dibattito il tema del pil, sempre da Gertner: «Immaginiamo il prodotto interno lordo come due persone, signor pil alto e signor pil basso. Il signor pil alto lavora, guadagna e spende molto, mente il signor pil basso invece usa i mezzi pubblici o va a piedi, sta spesso con i figli, ha un televisore senza megaschermo e vive in un appartamento». Se si segue il Pil, è meglio un paese con il pil alto, ma si può dire davvero che in termini reali, vive meglio? Fa una vita sedentaria e stressante, segue una pessima dieta e consuma troppo, contribuendo “a una serie di mali sociali e ambientali”. Per questo motivo molti economisti e sociologi hanno messo in discussione l’utilità del pil.
Va detto però che i rischi di esagerare nel identificare la crescita e anche la felicità umana con dei numeri, non vi è solo nel mito del Pil, ma anche nelle sue alternative, a volte altrettanto ideologiche: la decrescita felice è un esempio di questo concetto, e forse alcuni ragazzi ne parleranno nel tema di Maturità in corso in queste ore. La decrescita felice è una critica ragionata sull’economia attuale, considerata dagli aderenti al Movimento assurda e senza futura: «La decrescita è il rifiuto razionale di ciò che non serve; È una rivoluzione culturale che non accetta la riduzione della qualità alla quantità, ma fa prevalere le valutazioni qualitative sulle misurazioni quantitative», recita il comitato centrale del movimento decrescita felice. Le teorie della decrescita affermano la necessità di liberare la società e i suoi governanti dalla loro ossessione per la crescita economica. In particolare i sostenitori della decrescita accusano il PIL di non riuscire a catturare diversi fattori che concorrono al benessere sociale: ma è così? Il grande problema secondo economisti come Van den Bergh rimane, ad esempio, sul fatto che non si capisce in che senso l’inversione della direzione di causalità possa facilitare un nuovo regime di sviluppo sostenibili. È un mito millantato dal Movimento 5 Stelle, con Beppe Grillo ideologo comunicatore della decrescita che ancora oggi spinge a Roma e Torino, dopo le vittorie delle Comunali grilline, perché si affermi questa “ideologia”. Ci sono anche motivi più umani e meno economici: alle persone perdere scoccia molto di più che guadagnare, e la riduzione del Pil può indurre varie scelte di non facile lettura, come abbandono delle attività commerciali perché in preda al panico di fallire e via dicendo. In generale, inquadrare la vita dentro ai numeri sembra il vero problema: ma pil o senza pil, discutere e interrogarsi su di esso è un ottimo modo per iniziare a porsi la questione vitale e decisiva dei prossimi anni.