Il rapporto padre figlio è uno dei temi che gli studenti intenti a sostenere la prima prova della Maturità 2016 dovranno affrontare sotto forma di saggio breve. Sono molti gli spunti nell’ambito artistico letterario a cui si può far riferimento. Franz Kafka, ad esempio, è solo uno degli autori che si espresso su questo tema, avendo sperimentato personalmente una situazione conflittuale con il genitore. Le sue opere, infatti, sono piene di figure paterne, a volte anche allegoriche e trasfigurate, attraverso le quali l’autore vuole trasmettere il suo disagio. La “Lettera al padre”, scritto di accusa che Kafka ha rivolto al padre nel 1919 senza mai consegnargliela, è un po’ il manifesto di questo sentimento ostile che lo scrittore provava nei confronti del padre e che ha riversato anche in opere quali “La condanna”, “Un incrocio”, “I coniugi” e “Indagini di un cane”. Kafka descrive un padre volitivo, energico, carico di senso pratico e povero di delicatezze e atteggiamenti affettuosi. L’uomo, peraltro, non riusciva a riconoscere la grandezza letteraria del figlio, così come accadeva per molti intellettuali suoi coetanei. L’interpretazione della lettera, tuttavia, rimane ancora aperta: qualcuno ha, infatti, avanzato l’ipotesi per cui si tratti di un’interrogazione rivolto a se stesso, partendo dal padre come termine di paragone.



Da Saba a De Chirico, da Kafka a Tozzi. Sonon varie le fonti proposte per il saggio breve sul rapporto padre – figlio nelle arti e nella letteratura del ‘900 fra le tracce della Maturità 2016. Stamattina i maturandi sono alle prese con la prima prova scritta, quella di italiano e hanno potuto scegliere di sviluppare anche questo argomento. Il ministero dell’Istruzione ha indicato per gli studenti anche alcuni autori da cui poter trarre ispirazione per lo svolgimento. Tra le fonti è stata indicata l’opera del pittore Giorgio De Chirico “Il figliol prodigo”, realizzata nel 1922 e conservata nel Museo del Novecento di Milano: nel dipinto si vede l’abbraccio tra il figlio, rappresentato da un manichino senza volto, vivacemente colorato, e il proprio padre, dipinto come una rigida statua di gesso. Un altro autore proposto ai ragazzi per lo svolgimento del saggio breve sul rapporto padre – figlio nelle arti e nella letteratura del ‘900 è il poeta Umberto Saba: nella lirica “Mio padre e’ stato per me l’assassino” l’autore tratteggia appunto la figura del padre, che abbandonò la madre del poeta quando era incinta. Umberto Saba incontrò il genitore solo in età adulta. Presenti tra le fonti anche Franz Kafka con la sua “Lettera al padre” e Federico Tozzi “Con gli occhi chiusi”.



Il tema saggio breve di Maturità in arte e letteratura vede quest’anno il titolo sul rapporto padre e figlio: la traccia artistico-letteraria che i maturandi si ritrovano a dover svolgere in questo ore è forse tra le più interessanti del panorama di prove d’esame ma non certo tra i più facili. Essere banali e sentimentali potrebbe non essere un’ottima idea in sede di valutazione: ma allora i nostri cari ragazzi cosa potrebbero puntare in questo bel titolo proposto dal Ministero? Immediatamente balzano agli occhi, oltre alle immagini che verranno proposte agli studenti come materiale per ispirarsi e confrontarsi nel testo, moltissimi esempi nel mondo ampio dell’arte, sul rapporto padre-figlio: dalla musica alla letteratura fino al cinema, perché no. E quindi perché non puntare su esempi di alto valore culturale perché prettamente attenti alla natura umanissima di questo rapporto: Carlo Collodi ci ha fatto un capolavoro su paternità ed educazione con il suo Pinocchio. Uno degli esempi più alti, il padre buono e comprensivo disposto a tutto che prova a “crearsi” il suo burattino, Pinocchio, che ricambia questo amore incondizionato con una serie incredibile di monellerie, giusto per ricordare che un figlio è libero e non può essere “costretto” seppur a un amore totale. Ma è riconoscendo questo amore su di sé che Pinocchio riesce a crescere e diventare “libero” ovvero non più burattino ma figlio dipendente da un affetto che spalanca invece che chiudere. Una canzone come Father and Son di Cat Stevens ha fatto letteralmente la storia della musica: nel brano dell’artista convertito all’Islam si trova, «Non è tempo di cambiare, sei ancora giovane, questa è la tua colpa. Hai ancora molte cose da conoscere», a cui il figlio risponde con affetto ma ribadendo che ora ha la sua strada da fare, «dal momento in cui potevo parlare, mi è stato ordinato di ascoltare. Ma ora c’è una strada, e io so che devo andarmene». E il film? Beh non potrebbe che essere The Road, lo spettacolare romanzo di Cormac McCarthy diventato poi film con Viggo Mortensen padre che in uno scenario apocalittico conduce il figlio piccolo verso la vita e la salvezza; tra mille avversità e dentro l’assoluto male del mondo, quella luce di speranza accesa dall’amore del padre porta il figlio verso la libertà, non prima di donare lui stesso al papà lo stesso se non più potente raggio di luce. 



Rapporto padre-figlio nell’arte ma anche nella letteratura e perché no, anche nella musica: non sono certo pochi quegli artisti in famiglia che hanno compiuto e compiono ancora la storia culturale di questo Paese: mentre i ragazzi si accingono a scrivere di questa traccia artistico-letteraria nell’esame di Maturità in corso d’opera questa mattina, rispolveriamo due esempi nella nostra storia di cantautori italiani dove il rapporto padre-figlio non è stato una teoria ma un fatto di verità. E allora perché non citare Fabrizio De Andrè e Enzo Jannacci, la Genova degli ultimi e la Milano degli umili, due artisti, musicisti, cantanti e a loro modo poeti che hanno emozionato varie generazioni e riscoperti anche dai più giovani. Il rapporto con i propri figli, seppure difficile – specie per De Andrè – ha dato vita non solo ad una dimensione intima famigliare, ma è sfociata anche nel percorso artistico musicale: Cristiano De Andrè ha provato a raccogliere l’eredità ingombrare del genio di Faber, suonando con lui negli ultimi concerti prima della morte e mettendosi poi in proprio negli Anni Duemila. Non gli stessi successi ma una qualità musicale soprattutto da far invidia a tanti; e che dire di Paolo? Un genio musicale a tutto tondo, il figlio di Enzo Jannacci ha ereditato la stessa follia ironica del padre, con i più una altissima attitudine a dirigere orchestre e arrangiare vari artisti. Due geni di padri, due geni, a loro modo, di figli: l’arte è anche questa, un rapporto che si declina nel tempo con tempi e modi cuciti addosso per ognuno.