La prospettiva storica si affaccia più volte, come prevedibile, nelle prime prove di italiano della maturità. La potente requisitoria di Robert Kennedy contro un certo modo della sua nazione di innalzare il Pil (tipologia B, ambito socio-economico), richiama il mito americano di un progresso senza vittime, purtroppo smentito da disavventure di tipo coloniale, prima tra tutte quella del Vietnam. La bella traccia di ambito storico-politico, dedicata al valore del paesaggio è fitta di richiami storici. Il paesaggio è intriso di storia, ricorda la prima citazione. Anzi è un’armonia antropologico-storica, ricorda la seconda citazione del presidente del Fai. Ma alla bellezza come sintesi di “grande natura e grande storia” (citazione di Vittorio Sgarbi) non siamo abituati, non siamo educati.



Ecco allora che la traccia in questione richiama infinite suggestioni, soprattutto il legame tra la bellezza tipicamente italica e la sua storicità che tanto ci ha segnato. Prima con il Rinascimento, quando la specifica bellezza era la carta d’identità politica di ciascuno degli Stati in cui era divisa la penisola, poi con il completo rovesciamento fascista, quando l’estetismo politico tentò di sfruttare la bellezza per inculcare i valori nazionali. Il tema di argomento storico (tipologia C) riprende in qualche modo, come ci si aspettava, il settantesimo della fondazione della Repubblica nell’ottica dell’allargamento alle donne del suffragio, divenuto per la prima volta perfetto. Storia di donne dalle suffragette alle eroine della Resistenza che, vale la pena metterlo in evidenza, si sono battute per la realizzazione di diritti politici e non solo individuali o di genere, perché come sosteneva Hannah Arendt, l’individuo può realizzarsi solo nello spazio comune della relazione con gli altri. Dunque una buona traccia, quest’ultima, anche se un poco scontata. Molto buona, a nostro avviso, anche la traccia D, tema di ordine generale, dedicata al rapporto, attualissimo, tra frontiera e confine. La frontiera rappresenterebbe il limite oltre il quale avventurarsi; il confine una separazione che chiude. Storia e attualità si impongono, anzi la seconda interpreta a ritroso la prima. Si chiedeva ai ragazzi di intervenire non solo per ripetere ciò che sanno, ma soprattutto per esprimere la coscienza del mondo che vivono, dove i termini di lettura del tempo storico si sono rovesciati. I migranti che cercano nuove frontiere esistenziali non si fermano davanti ai confini e ai muri eretti in passato e rinfrescati nel presente. É una carrellata attraverso le guerre, quella che poteva mettere alla prova certe conoscenze, combattute tutte secondo la falsa legittimità della ricerca nazionalistica dello spazio vitale.



Il lungo Novecento, dalle guerre mondiali alle deludenti decolonizzazioni, è la prova provata del fallimento della categoria di confine quando non viene supportata da riferimenti ai soggetti che sono i veri protagonisti della storia: i popoli, per i quali i confini sono sempre leggeri e convenzionali. Non sostanziali come per gli Stati nazionali. Ma è infine la coscienza di una frontiera permeabile e continuamente superabile che sfida oggi i nuovi cittadini del mondo. Superare un confine è talvolta un sopruso, ma valicare continuamente frontiere è un diritto, oltre che un dovere. Frontiere di nuova umanità, di nuova possibilità di convivenza, di nuove forme di accoglienza e di permanenza. Attorno a questi cardini: i confini arrugginiti e le nuove frontiere che si spalancano nelle periferie del mondo, si muove oggi la realtà nella quale siamo immersi. Sapremo essere all’altezza dei nuovi compiti? Bene è stato chiederlo ai nostri baldi maturandi!

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