Cara Valentina, so che sei nel bel mezzo degli esami e non hai nessuna voglia di leggere le raccomandazioni di un prof. Ma è il mio mestiere, e in questo caso devo parlarti di quella terza prova scritta che ti aspetta domattina.
Noi ripetiamo l’esame quasi ogni anno, e quindi è un po’ difficile non ripetere cose stradette: ma al 99,5% tu hai a che fare con l’esame per la prima ed ultima volta, ed è per questo che mi rivolgo a te.
La terza prova scritta, come saprai, è stata introdotta più o meno quando tu nascevi, e doveva servire a svecchiare questa cerimonia degli esami di stato — di cui ben pochi hanno una buona opinione — per renderla almeno più aderente al lavoro fatto dalle singole classi nelle singole scuole, in base a quell’idea di autonomia che sta addirittura nella nostra Costituzione.
Nasceva quindi per valutare il modo in cui ogni consiglio di classe è capace di lavorare in maniera unita, e di conseguenza interdisciplinare. Siccome però, quando venne introdotta, nessuno aveva ben capito come fare, dal ministero si inventarono una serie di formule con cui indicare alle commissioni come potevano costruire la traccia della prova stessa. Attenzione: potevano, non dovevano. Perché la normativa lo dice chiaro e tondo: la commissione non può superare certi limiti e sognarsi delle cose a caso, ma per il resto non è affatto obbligata a usare una delle famose “tipologie”, minuziosamente elencate da A ad F. En passant: all’inferno c’è un luogo che aspetta il burocrate che introdusse il termine “tipologie” ed il giornalista che per primo nominò il “quizzone”. Ah, non lo sai? Ottavo cerchio, decima bolgia: da quelle parti c’è anche qualche mio collega chimico, ma per altre ragioni.
Non è il momento di complicarti le idee, ma mi spiego, così quando avrai finito e potrai liberamente dire il tuo parere ai commissari (e ai tuoi insegnanti) potresti suggerirgli di leggere la raccolta di norme che il ministero ha preparato qualche anno fa, a questo link. Quello che ci interessa sta a pagina 100 e seguenti. Non escludo che proprio tu sia una degli studenti ai quali i prof hanno iniziato a spiegare questa cosa fin dall’inizio della terza, riprendendola con chiarezza quest’anno, quando il consiglio di classe doveva stabilire ad esempio come svolgere le simulazioni. E che quindi, dalle tue parti, abbiate scelto insieme con grande cura la prova più adatta a voi. Ma temo sia più probabile che non solo tu, ma neanche buona parte dei tuoi prof queste cose le abbiate mai lette.
Per cui potreste non sapere che l’impostazione originale della terza prova, concepita da chi ha scritto quella legge, dovrebbe essere molto simile a quel che sta all’art. 3, comma 4: una prova realmente interdisciplinare, che prenda spunto da un testo ben inquadrato nel lavoro della tua classe, su cui accertare come te la cavi a compiere riflessioni, ragionamenti, calcoli e così via. Che è un po’ come dire: cari prof, adesso che vi abbiamo annoiato con le tipologie, fate voi come meglio credete, dato che siete voi a sapere che classe avete davanti. A me qualche volta, sopratutto nei primi anni, era capitato di usare proprio questa procedura, scoprendo che gli studenti si trovavano particolarmente a loro agio (strano, eh?).
Ma, come temo, la cosa più probabile è che tu ti trovi di fronte alla A o alla B. Le più usate a livello nazionale, e quelle che guarda caso mietono il maggior numero di vittime. La C spero proprio di no, perché i test a risposta multipla potrebbero anche andare, ma non ha nemmeno senso pensare che un testo significativo e ben congegnato possa essere preparato nei brevi tempi a disposizione della commissione, e senza un solido affiatamento tra i vari commissari. Sì, ci sarebbero anche D, E ed F, e riguardano gli istituti tecnici o quelli professionali (ma non solo). Queste dovrebbero dar soddisfazione sia a te sia ai tuoi insegnanti: cosa meglio di mettere in pratica, in varie forme, quello che avete fatto insieme per uno o magari tre o cinque anni? Ma se nella tua classe le avete già provate, come risulta da quel famoso documento “del 15 maggio”, tu sai già tutto e non hai problemi, mentre io devo scrivere per gli altri.
Se ti va bene, potresti avere la A. Nella forma che viene solitamente attuata (anche qui, non è esattamente quello che la legge richiede), consiste nello scrivere quattro o cinque brevissimi temi, su altrettante diverse materie. Sì, c’è il rischio che i commissari interni ti chiedano cose troppo ovvie, e quelli esterni scivolino invece fuori programma; ma è un rischio relativo. Perché sei stata ammessa all’esame senza bisogno della famosa pedata, e quindi su qualsiasi argomento dovresti essere in grado di fare almeno un minimo di ragionamento. Attenta alla sintesi, ed è fatta.
Più frequente e insidioso è invece il caso B (ti sarà venuto il dubbio che è quello che mi piace di meno). L’ottimo prof. Cereda, che su queste colonne ha già scritto tanto sugli esami, aveva preparato un vademecum che ancora oggi consiglio. Prima cosa: le domande devono essere chiaramente esplicitate; come dire: devono finire con il segno “?”.
Meglio se sono introdotte da un paio di righe che aiutino a inquadrare esattamente il contesto, proprio per evitare di andare fuori tema girovagando nella nebbia. Solito stupido esempio: se la domanda dice “Di che colore era il cavallo bianco di Garibaldi?” la risposta corretta è di sole 6 lettere: b-i-a-n-c-o. Poi, chi preferisce la storia, o l’equitazione, o l’iconografia, potrà aggiungere qualche riga per integrare la risposta. Ma senza allungare troppo il brodo, perché nessuno è così sprovveduto da non accorgersi se scrivi a vuoto pur di aggirare l’ostacolo. Potresti invece trovare la domanda “Parla del Risorgimento”. A questo punto, io e te ci siamo già capiti: chi ha preparato la prova non ha idea di cosa richiede la normativa per la tipologia B, ma lì di problemi dovreste averne di meno, salvo quello di riuscire a stare in quelle poche maledette righe. Stai tranquilla, scrivi qualcosa di pertinente: magari ti sei giocata il 15/15, ma alla sufficienza ci arrivi comunque.
Lo riassumo ancora una volta: leggi attentamente la domanda per capire cosa ti chiede davvero, rispondi senza divagare fuori tema, al limite chiedi alla commissione di spiegarla meglio.
Detto questo, dato che sei già stressata, le altre indicazioni te le posso dare in breve.
Ah, non lasciare nessun quesito in bianco: è così ovvio che me lo dimenticavo. Qualunque sia la famosa o famigerata griglia che verrà usata nella correzione, quel buco che hai lasciato sul tuo foglio peserà molto sul punteggio finale: scrivere una cavolata che vale solo 6/15 è sempre meglio di 1/15…
Scrivi prima le risposte in brutta copia, e correggile prima di ricopiarle. È un ottimo modo per utilizzare il tempo che hai, e non dimenticare che gli errori di ortografia e grammatica sicuramente pesano. Quindi, rileggi molto bene.
Ci sarebbe un’altra cosa che ti devo dire. Da quest’anno, la norma prevede esplicitamente che venga valutato in terza prova anche quanto svolto con il Clil, purché ci sia il relativo commissario. Io il Clil lo faccio formalmente da due anni, anche se sempre uso dare ai miei ragazzi qualche materiale di studio scritto in inglese. Testi veri, intendo, quelli che trovi su un sito Web originale, non quelle letturine spesso patetiche riportate da certi libretti di testo. So quindi che il Clil a volte è entusiasmante, ma spesso difficile. Ecco, non so proprio dirti come si regolerà la commissione su questo tema. Spero che lo faccia con professionalità e buon senso, perché so che voi vi ci siete impegnati.
In bocca al lupo, Valentina. Che forse ti sei annoiata prima, quindi chi è arrivato fino in fondo non sei tu, ma qualche mio collega: al quale, ringraziandolo per la pazienza, spero di avere dato almeno qualche spunto di riflessione prima di lunedì mattina. Dopo di che, ognuno di noi è bravissimo a sbagliare anche senza questi suggerimenti…