In un’ottica in cui un po’ per scelta un po’ per obbligo si è costretti a fare di necessità virtù, è possibile che l’adempimento del bonus costituisca un percorso delle scuole sull’autovalutazione e miglioramento, nelle importanti interazioni tra il livello formale e il livello informale.



Come una sfida di ciascuno nella comunità e della comunità nel suo insieme, superando così dinamiche competitive individuali e contrapposizioni.

Affinché il cambiamento e il miglioramento siano autentici, nel passaggio evolutivo da una logica esecutiva tipica di organizzazioni burocratiche gerarchiche ad una logica di autonomia e di responsabilità decisionale delle organizzazioni aperte e flessibili diventa determinante la capacità di rapportarsi ai livelli impliciti ed informali, alle dinamiche relazionali, nel rispetto e valorizzazione di tutti soggetti, in un apprendimento continuo (learning organization).



Elemento chiave diventa la capacità di “mettersi e rimettersi in gioco” per affrontare le diverse e continue sfide che la realtà propone, facendo emergere e sostenendo in ciascun attore e nel sistema stesso: 1. Una disponibilità a riconfigurarsi rispetto alle sfide continue; 2. Una percezione delle proprie criticità; 3. L’attivazione di un processo di superamento delle stesse finalizzato alla ricerca di equilibri più evoluti ed orientati ad un maggiore sintonia con le dinamiche del contesto in cui si opera.

Solo così all’interno di un orizzonte dinamico e di autentica sintonia e sincronia tra Rav, Atto di indirizzo, Piano di miglioramento può aver senso e valore il riconoscimento del merito, che sia vissuto come tappa di un cammino sfida di ciascuno nella comunità e della comunità nel suo insieme, uscendo così dal facile schematismo tra i due paradigmi opposti. Essi sono: 1. da un lato “oggettività documentabilità” delle performance di soggetti da premiare; 2 dall’altro “arbitrarietà discrezionalità” della valutazione.



Timore di sbagliare e contenziosi sembrano orientare molti dirigenti verso una minuziosa ricognizione delle evidenze alquanto complessa, disattivando il proprio ruolo di indirizzo, orientamento, governo.

D’altro canto raccogliere la sfida dell’autonomia scolastica, di cui la legge 107/2015 potrebbe rappresentare con luci ed ombre un ultimo importante tassello, sollecita con azioni incisive un maggiore dinamismo degli attori al fine di rilevare e di promuovere forme più avanzate di performance.

Ovviamente sarebbe auspicabile attrezzarsi in tempo, senza gravare ulteriormente su docenti già provati con ulteriori adempimenti, con agili sistemi di rilevazione delle evidenze e di percezione  (tramite dispositivi di customer satisfaction in parte già utilizzati da molte scuole): l’accurata analisi delle diverse esperienze condotte quest’anno pilota potrebbe individuare equilibrate soluzioni in tal senso per il futuro.

Diventa interessante in questo processo evolutivo notare come il nuovo profilo dinamico che si va delineando del dirigente, all’interno di una scuola come “learning community” sia ben descritto nelle analisi di M. Fullan (autorevole esperto, acuto osservatore e consulente nei processi di riforma di sistemi scolastici internazionali): 1. Leader learning: leader educativo che orienta i processi di apprendimento in un’ottica di “learning community”; 2. System player: capace di operare in una rete di scuole e con la comunità locale; 3. Agent of change: che mobilita le persone attraverso sfide difficili.

Pertanto esplicitamente viene definito come caratteristica del leader efficace la capacità di creare comunità di apprendimento (learning community) e l’essere capace di proporre e attivare reali “pratiche e stili di relazioni collaborative”, che valorizzino competenze e  conoscenze del personale, che promuovano autentiche innovazioni organizzative. 

Pertanto l’attuale sfida della valorizzazione e del riconoscimento del merito può e deve costituire, se si vuole con coraggio attivare e sostenere efficaci processi di miglioramento, un passaggio nodale che consenta ai diversi attori delle singole scuole, a partire dai dirigenti e dagli staff di collaboratori, di mettersi in gioco sia personalmente che come comunità nel suo insieme.