Vi ricordate la caricatura del preside che diventa sceriffo e, secondo la vulgata giornalistica dell’estate 2015, assume e licenzia i docenti a proprio piacimento? E’ passato meno di un anno da quella stagione, ma nessuno oserebbe più nemmeno lontanamente pensare che ci muoviamo in una direzione di rafforzamento della responsabilità gestionale diretta del dirigente scolastico.
Una silenziosa ma efficace politica sindacale del cacciavite, grazie alla connivenza di alcuni apparati ministeriali, ha smontato con destrezza i primi timidi strumenti che la legge 107 aveva concepito per concedere alle scuole la capacità di scegliere una piccola parte dei propri docenti e si è messa alacremente al lavoro per costruire nuove gabbie burocratiche che blocchino ogni possibilità di scelta; la parola d’ordine è “non si entri mai nel merito di valutare se il docente è adatto al posto che gli si propone oppure sarebbe meglio ne ricoprisse un altro”.
Va in questa direzione il recentissimo accordo Miur-sindacati che con enfasi lo stesso ministero ha reso noto la scorsa settimana attraverso uno scarno comunicato. Quel che si legge non è per nulla incoraggiante: al posto della reale “chiamata diretta” le scuole dovranno elaborare e mettere a bando un identikit del professore che cercano, basato su quattro caratteristiche (es. sa l’inglese a livello B2, ha frequentato almeno un corso sulla dislessia, ecc.). I requisiti professionali del docente ricercato non saranno liberamente espressi dalla scuola, ma pescati all’interno di un repertorio definito ai tavoli sindacali (si parla di una tabella di 20/30 requisiti che “saranno definiti in sequenza contrattuale”).
Gli aspiranti al posto appartenenti all’ambito territoriale della scuola e in possesso delle caratteristiche descritte a bando, saranno automaticamente allocati nella scuola che è alla ricerca di quelle caratteristiche. In caso di parità tra più docenti per caratteristiche possedute (es. due o più sanno l’inglese e si sono formati sui Bes) la scelta sarà fatta in base al vecchio meccanismo della graduatoria per anzianità, titoli ed esigenze di famiglia. Così, se qualcuno pensava che si volesse superare il concetto impersonale di graduatoria, sappia che esso continua ad essere imperativo tanto da finire per essere raddoppiato. Con un gioco di prestigio la vecchia graduatoria di anzianità si sottomette a una sovraordinata graduatoria dei requisiti, ma, a parità di questi ultimi (e la parità sarà la regola aurea per un paniere di competenze generiche e nazionali) continuano a valere le classifiche di anzianità. Si legge nel comunicato Miur che “I dirigenti scolastici pubblicheranno un avviso sul sito della scuola elencando i requisiti che dovranno avere i docenti che cercano per coprire i posti disponibili. (…) L’avviso indicherà 4 requisiti per ciascun posto. Il dirigente farà la proposta di assunzione al docente che ne soddisferà il numero maggiore. In caso di parità di requisiti fra due docenti varrà il punteggio della mobilità per gli assunti prima del 2016 e quello della graduatoria (ad esaurimento o di concorso) per gli assunti quest’anno”.
Se la mia scuola imposta un piano per ridurre la dispersione, mi piacerebbe guardare negli occhi chi mi si propone per realizzare quel piano. Vorrei poter discutere con lui (o lei) i termini possibili del suo contributo, la congruenza delle sue competenze con ciò che la scuola sta realizzando. Vorrei magari scoprire, con reciproca soddisfazione, che quel docente è un ottimo docente, ma più motivato e adatto per fare altre bellissime cose in altro contesto scolastico. Non mi pare che questa sia nietzschiana volontà di potenza, ma uso accorto del buon senso applicato al delicato contesto di un lavoro educativo.
Ma del buon senso temo oggi si abbia paura; ancor più si ha paura della libertà e quindi dell’atto dello scegliere e perciò dell’autonomia scolastica. Per questo si preferisce mantenere la sterilizzazione delle relazioni attraverso un sistema di classifiche a punti. Con buona pace dei mancati sceriffi (e ciò non dispiace!) che in realtà sognavano di essere capitani coraggiosi e per questo mal si adattano a finire notai.