Finalmente si valutano i dirigenti! Grande soddisfazione viene espressa dal ministro; si lamentano i sindacati per non essere stati coinvolti; ci saranno certamente molte polemiche, tra l’altro, perché grazie a una raffinata e ( presumibilmente costosa) applicazione della teoria valenziale alle dichiarazioni dei presidi, si è scoperto che alcuni “sbagliano i compiti”, come titolava un giornale di recente, e “non definiscono bene gli obiettivi che intendono raggiungere” quando non “barano”.
Sono abbastanza anziana da ricordare le tante fasi dell’avvio di un vero processo di valutazione dei presidi: da quando si andava al Provveditorato a ricevere la qualifica a tutti i tentativi regolarmente non andati in porto dopo la “dirigenza”, come se ci fosse un invisibile ostacolo al fatto assolutamente naturale di rispondere dei risultati di un lavoro per il quale si è pagati.
La valutazione, da sempre ricca di significati profondi e causa di grandissime ansie, viene accolta dalle persone a seconda del concetto che di valutazione che portano con sé e basta vedere la raffica di ricorsi che accompagna ogni concorso (per qualunque profilo) per capire come dalle nostre parti non si accetti quasi mai un giudizio negativo senza combattere; se poi al giudizio si lega la possibilità di un vantaggio economico, la situazione peggiora. I 7mila dirigenti scolastici sono molto diversi tra loro per età, formazione, esperienza e rispecchiano le varie posizioni sul tema valutazione.
Chi la vede come una grossa seccatura che, per di più, inciderà sulla retribuzione rischierà di finire per comportarsi come gli studenti che tentano gli esami senza essersi preparati in tempo; si preoccuperà solo degli adempimenti e all’ennesima domanda che sembra “quasi uguale” ad altre metterà in funzione il “copia e incolla”, oppure cercherà di barare un po’ allontanandosi da quella che è l’analisi dei dati, ma soprattutto non presterà abbastanza attenzione al “che cosa” si dovrebbe fare per risolvere un problema specifico.
Il processo di valutazione non può non far parte del lavoro quotidiano a scuola, come di ogni altro lavoro; si deve basare su dati oggettivi e confrontabili come pure le proposte di soluzione dei problemi devono essere ragionevoli e coerenti.
L’amministrazione ha già in mano tutti i dati e le informazioni su ogni singola scuola, quindi avrebbe anche potuto saltare la fase di autovalutazione, per mettere i dirigenti di fronte alla legittima domanda: “Come intende fronteggiare i più seri problemi che affliggono la sua scuola? e in quali tempi?” controllando poi che ai migliori risultati non corrispondessero solo operazioni di facciata o, peggio.
La collaborazione tra valutatore e valutato è molto importante e sarebbe auspicabile la possibilità di un confronto per evitare errori che finiscono per ripercuotersi sulla scuola e sulla vita degli studenti. Non si può certo combattere un eccessivo numero di bocciature proponendo promozioni immeritate e ammissioni agli esami di stato con gravi carenze ma forti speranze nella bontà della commissione.
Così come non si possono ridurre le sanzioni disciplinari agli allievi applicando le norme in modo più “blando” i regolamenti. Si devono attivare indirizzi di studio coerenti con le esigenze del territorio e in armonia con la vocazione dell’Istituto, non si possono proporre articolazioni strampalate, fantasiose o inutili solo per attirare qualche allievo in più per un breve periodo, come pure non è possibile “abbassare i livelli” delle prestazioni richieste in alcune discipline fino al punto da snaturare la tipologia di corso di studi che si sta seguendo. I progetti attivi nell’Istituto devono essere conosciuti, condivisi e valutati e devono essere esplicitati la loro finalità e i costi che richiedono, il ruolo degli eventuali partner e gli esiti. Il rispetto per gli utenti e per tutta la collettività deve essere alla base di ogni azione di miglioramento: deve essere chiaro cosa si stia facendo e in che modo si stia verificando l’efficacia delle azioni intraprese.
La cosa più importante da verificare è la coerenza tra quanto viene dichiarato e quanto viene effettivamente fatto, con una grande attenzione alla percezione del servizio da parte dell’utenza e di tutta la collettività. Chiarezza nelle comunicazioni, rispetto degli impegni, degli orari, delle procedure sono alla base del lavoro quotidiano a scuola e compito del dirigente scolastico è controllare che tutti si uniformino a quanto si decide collegialmente.
Altrettanta chiarezza è necessaria nel lavoro dei consigli di classe, dove sarebbe bene riprendere a discutere su collegialità e libertà didattica, gestione della classe, valutazione degli apprendimenti, didattica per i dsa e bes. E’ quello che facciamo già, che abbiamo sempre fatto!, diranno molti. Allora, forse, è il momento di farlo sapere e di iniziare a condividere, dentro e fuori la scuola, le fasi del nostro percorso verso gli obiettivi che tutti riteniamo importanti.