La fascia da 0 a 6 anni viene riconosciuta sempre più strategica nel processo educativo e formativo. Non a caso la legge 107/2015, la cosiddetta “Buona Scuola”, ha previsto per questa fascia d’età un decreto attuativo specifico, il cui testo è in via di definizione.
La Fism (Federazione iItaliana scuole materne), che raccoglie in Italia le scuole dell’infanzia paritarie, ha prestato e presta moltissima attenzione a questo segmento, contando sulla sua lunga tradizione pedagogica, educativa e di servizio ai bambini e alle loro famiglie.
L’Ocse ha certificato che il sistema nazionale dell’infanzia italiano, plurale, integrato, è parametro di eccellenza a livello internazionale. A questo non fa però riscontro né un adeguato sostegno economico da parte del Governo, né un pieno riconoscimento di quella parte dell’opinione pubblica che ritiene ancora che quella statale sia l’unica legittima destinataria del sostegno centrale. Ne abbiamo parlato con Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism ed europarlamentare.



Morgano, perché questa contraddizione?
La questione si trascina da decenni e tuttora permane, nonostante la legge 62/2000 che ha sancito in modo inequivocabile la parità tra scuola statale e scuola paritaria. Una parità però solo giuridica, in quanto ampiamente deficitaria sul piano economico. La situazione, per ora, permane anche dopo l’approvazione della legge 107/2015. Le scuole paritarie sono in attesa e auspicano che vengano assunte finalmente decisioni adeguate al riguardo. La Fism segue con particolare attenzione l’iter del decreto di attuazione relativo proprio alla fascia 0/6 anni.



Qual è lo scoglio più duro da superare?
Non è più rinviabile l’esigenza di un’adeguata soluzione, in quanto condizione per mantenere nel nostro Paese una reale libertà di educazione: se chiudono le scuole paritarie si annulla il pluralismo scolastico e, di conseguenza, le famiglie non possono esercitare questo loro fondamentale diritto di libertà di scelta. La posizione della Fism da sempre è chiarissima: siamo per l’et et, non per l’aut aut. Quindi non siamo contro le scuole statali, ma queste non possono essere le uniche.

E il sostegno economico è elemento irrinunciabile della parità.
Sì. L’inserimento delle scuole paritarie nel sistema nazionale di istruzione, in forza del servizio pubblico svolto, deve comportare equità nell’accesso al sistema sia per gli alunni, ma anche per il personale che vi opera. Un profilo, quest’ultimo, troppo trascurato (nelle scuole Fism operano circa 45mila persone). Eppure, è fin troppo evidente che ogni scuola ha costi fissi, e tra questi quello per le retribuzioni rappresenta la parte più consistente.



Intanto le scuole dell’infanzia paritarie Fism continuano a chiudere: come si spiega questo fenomeno?

Partiamo da un dato. La nostra utenza storicamente è sempre stata costituita da bambini di famiglie con redditi medio-bassi. Il momento, come ben noto, è molto difficile per la congiuntura economica e la precarizzazione del lavoro: molte famiglie sono in difficoltà. La richiesta della Fism di un adeguato sostegno da parte di Stato, Regioni ed Enti locali era ed è finalizzata — essendo a sgravio delle rette a carico dei genitori — a consentire a tutti, e non solo a quelli che più possono, di poter far frequentare la scuola paritaria ai loro figli. Lo strumento non manca: per superare la condizione odierna la Fism chiede che il nostro Paese compia finalmente quel passo che lo collochi, anche per il suo sistema scolastico, a tutti gli effetti nell’Unione Europea.

Che cosa chiedete?
Indichiamo nella stipula di convenzioni tra Miur e scuole dell’infanzia paritarie la via da percorrere. Una convenzione pluriennale, adeguata nell’entità economica, certa nell’erogazione e nei tempi di accreditamento dei fondi, che dia finalmente “stabilità” e prospettive di certezza al sistema nazionale di istruzione come indicato dalla legge 62/2000. In sintesi, una convenzione che, dando garanzia di continuità del servizio al personale delle scuole, possa consentire il mantenimento di quell’alta qualità dell’offerta educativa che da sempre caratterizza le nostre scuole.

Qual è la situazione oggi?  
Le 7.600 scuole che fanno parte della Fism, presenti in oltre la metà dei comuni italiani, scolarizzano il 35% dei bambini dai 3 ai 6 anni; sono senza fini di lucro e paritarie ai sensi della legge 62/2000. In 1.200 scuole operano “sezioni primavera” per bambini in età 2/3 anni e in oltre 900 anche asili nido e nidi integrati per bambini in età 0/3 anni. Le scuole appartenenti alla Fism rappresentano in Italia il 74% del totale delle scuole paritarie. Sono numeri che contano! C’è poi un altro dato inconfutabile: la spesa annua dello Stato (riferita al 2014, ultimi dati ufficiali) per alunno, nella scuola dell’infanzia statale è di 6.116 euro, mentre per la scuola dell’infanzia paritaria il sostegno è inferiore ai 450 euro. Se lo Stato italiano dovesse sostituire il servizio delle scuole dell’infanzia paritarie con quello delle scuole dell’infanzia statali, l’aggravio sarebbe di non molto inferiore a 4 miliardi di euro annui solo per il pagamento del personale, a cui vanno aggiunti i costi per gli edifici e gli oneri di gestione a carico dei comuni.

La questione non è solo economica?
No, perché se le scuole paritarie fossero costrette ad interrompere il loro servizio, interi territori verrebbero privati di un importante avamposto educativo, di aggregazione e di promozione umana con una chiara impronta comunitaria, esito di un grande impegno e di un’alta tradizione pedagogica. Aspetti che non possono essere ignorati ma richiedono di essere giustamente riconosciuti nel loro valore.

E qual è il valore aggiunto?

Da sempre il fondamento delle scuole Fism è il primato del bambino. Un primato al quale tutte le altre legittime esigenze di genitori, insegnanti e società civile sono subordinate. Il che significa che la scuola è organizzata con il bambino, per il bambino, secondo il bambino, a misura di bambino affinché realizzi pienamente l’umanità che gli è propria attraverso un’educazione integrale. Questo non solo è il valore aggiunto, ma il criterio di scelta sul quale le singole scuole definiscono il progetto educativo e formativo. Alla Fism sono iscritte più di 100 scuole che hanno alle spalle una storia con più di 150 anni di attività, cioè sono nate prima dell’Unità d’Italia, e molte altre hanno già raggiunto un secolo di servizio ininterrotto.

Parliamo anche di Europa, visto che lei è un europarlamentare. Perché in Europa non esiste l’ostilità storica che si riscontra in Italia per la scuola non statale?
Al di là delle leggi e di tutti i buoni propositi rimane sullo sfondo della storia italiana un problema di natura culturale, che per certi versi ha dell’incredibile. La scuola è l’unico settore del nostro Paese nel quale viene messa in dubbio la bontà della compartecipazione tra gestione statale, e degli Enti locali, con il privato sociale, che come noto è senza fini di lucro. È riconosciuta nella sanità, nei trasporti, nei servizi, nell’assistenza, ma per la scuola permane un muro. Muro antistorico, passatista, di natura ideologica, oggi “giustificato” soprattutto con la scarsità di risorse. Una scarsità che sussiste solo per le scuole paritarie, perché se queste chiudono e vengono statalizzate per incanto i fondi a copertura diventano immediatamente disponibili. È tutto ciò avviene nonostante, oggi, siano vigenti le leggi 62/2000 e 107/2015.

Tenuto conto della velocità di cambiamento che investe anche i processi educativi dell’infanzia e l’abilità dei bambini a muoversi nel mondo della tecnologia e dell’informatica, quale è il valore strategico dei processi educativi della scuola dell’infanzia paritaria?
È indubbiamente vero che i bambini giungono nella scuola dell’infanzia fortemente sollecitati anche dall’utilizzo delle tecnologie digitali ma molto meno “esperti” a livello relazionale. Compito della scuola dell’infanzia, oggi, in collaborazione con le famiglie, è aiutarli soprattutto in questo versante attraverso un processo educativo che dia avvio alla capacità di essere, vivere e stare in relazione con altri. Nell’educazione del bambino, l’esperienza nella scuola dell’infanzia assume un significato particolare in ordine all’interiorizzazione di valori, all’orientamento di vita, alla formazione della coscienza.

Vorrei che facesse un cenno alla disabilità.

Evito i discorsi retorici di rito e cito un fatto molto importante accaduto da poco, il 7 luglio. Il Parlamento europeo ha approvato a larghissima maggioranza l’adozione della Convenzione Onu per i disabili: è la prima volta che un’istituzione europea adotta una Convenzione Onu. L’adozione comporta l’obbligo di assunzione degli impegni ivi contenuti da parte di tutti gli Stati Ue. Questo li “costringerà” ad un di più di attenzione ai disabili. In questo campo l’esperienza italiana è davvero avanzata. In tante nazioni europee esistono ed operano tutt’ora le classi speciali, che in Italia sono state da parecchi anni abolite. Ma sappiamo che è necessario disporre di insegnanti di sostegno qualificati… Anche su questo aspetto il sostegno alle scuole paritarie da parte dello Stato è nettamente inferiore a quello messo in campo per le scuole statali, nonostante l’inserimento scolastico di alunni disabili sia un loro diritto soggettivo. Ritengo che questa decisone possa contribuire ad invertire la rotta per una convinta scelta di civiltà.

Un’ultima domanda. Come fa a conciliare questa sua responsabilità nei confronti della scuola con tanti esponenti del suo partito che certo la pensano diversamente?
In realtà non sono solo ma in buona compagnia. Mi limito a ricordare che il primo esponente del Partito democratico che definisce incompiuta, e quindi da completare, la legge 62/2000, proprio perché non adeguata a livello di sostegno finanziario alle scuole paritarie, è colui che l’ha proposta e l’ha portata all’approvazione, ovvero l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer.