GAINESVILLE (Florida) – È noto che la legge sulla Buona Scuola del luglio 2015 introduce un sistema di valutazione e incentivi economici per i docenti: proprio in queste settimane sono stati riconosciuti i primi bonus agli insegnanti meritevoli. Vorrei, a tal proposito, offrire alcuni spunti di riflessione raccontando quanto accade nel mondo americano, con la dovuta premessa che stiamo parlando di un sistema profondamente differente da quello italiano, con proprie caratteristiche e condizioni di salvaguardia, dunque non è possibile sovrapporre tout-court i due mondi.



Negli Stati Uniti la valutazione del docente (come anche quella dello studente, del dirigente, del collaboratore…) è routine irrinunciabile e prassi consolidata, e tale è considerata da studenti, genitori, docenti e dirigenti. A occuparsene è il preside della scuola (o un suo collaboratore) che almeno due volte all’anno osserva le lezioni di ciascun insegnante del suo istituto, valutandole a partire da una griglia definita precedentemente e nota ai docenti. I criteri sono piuttosto vari: si va dalla programmazione della lezione (obiettivi prefissati, efficacia del percorso svolto durante l’ora, sintesi finale, assegnazione dei compiti, strategia chiara e comprensibile…) all’utilizzo della tecnologia (da parte del docente per spiegare o introdurre un argomento, ma anche dei ragazzi per svolgere il compito assegnato), dall’organizzazione della lezione (teacher or studentcentered?), alla partecipazione degli studenti, dall’uso della lavagna, all’entusiasmo e alla passione per ciò che si insegna, dalla padronanza della materia, alla varietà nella riformulazione di un argomento per raggiungere i diversi livelli dei ragazzi, fino alla capacità di mantenere la disciplina in classe e ridurre al minimo le occasioni di disturbo e interruzione della lezione. Tale momento valutativo è preceduto da una pre-conference in cui il docente comunica all’osservatore gli obiettivi della lezione, le strategie che metterà in atto e come essa si inserisce nel percorso che sta affrontando con la classe, e seguito da una fase di debriefing, in cui al giudizio del docente sulla lezione conclusa, segue la valutazione puntuale e motivata del dirigente.



Sulla base di queste osservazioni vengono redatti gli obiettivi di ciascun docente per l’anno successivo, con l’indicazione dei punti di forza e di debolezza emersi, di cosa è opportuno implementare o ridurre, di quali professionalità maturate risultano positive e quali, invece, non del tutto convincenti. Tali obiettivi rappresentano la meta annuale per ciascun insegnante, che si dovrà auto-valutare su di essi al termine dell’anno e che verrà, naturalmente, a sua volta valutato in termini di implementazione e miglioramento dal dirigente.

Anche i ragazzi hanno un ruolo in tale processo, perché a loro è richiesto di compilare, al termine dell’anno, un questionario/intervista su ciascuna delle classi [materie] frequentate, in modo da contribuire al percorso valutativo di ciascun docente, e della scuola nel suo complesso.



In sintesi si tratta del tentativo, da parte del sistema-scuola, di non rimanere statico, ma di migliorarsi continuamente, di confrontarsi in modo dinamico con esiti e standard quantitativi e qualitativi e di invitare i docenti, e l’istituto nel suo complesso, a una continua implementazione. A tema non ci sono innanzitutto incentivi economici, che pure possono essere previsti in un mercato del lavoro completamente liberalizzato come quello statunitense, ma professional development, ossia l”incremento’ della professionalità del docente (e del dirigente), fattore unanimemente considerato necessario e irrinunciabile.

Capitolo a parte sarebbe da dedicare ai docenti neoassunti che, oltre a seguire il percorso valutativo tradizionale, vengono affidati a un tutor che mensilmente ne valuta le lezioni, offre suggerimenti, spunti e correzioni, invita l’insegnante ad assistere alle classi dei suoi colleghi.

È sufficiente un sistema di valutazione regolare e strutturato per risolvere i problemi della scuola? Certamente no. Ma si tratta della possibilità, innanzitutto per l’insegnante, di re-inventare e re-imparare continuamente la propria professione, a partire dalle sfide che il presente sempre nuovo pone, e dal contributo che colleghi e dirigenti possono offrire alla sua crescita.

@luca_tizzano