La legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) ha promosso in modo significativo il ricorso al cosiddetto “welfare aziendale”, quell’insieme di beni, servizi e rimborsi incentivati (esenti sotto il profilo fiscale e contributivo) che il datore di lavoro mette a disposizione dei propri dipendenti per venire incontro alle loro esigenze personali e familiari.



Da quest’anno infatti i piani di welfare aziendale (Wa) possono essere adottati anche mediante accordi con le organizzazioni sindacali e non solo “unilateralmente” dal datore di lavoro, è stata ampliata la casistica dei servizi “sociali” inseribili nei piani di Wa (educazione, istruzione, assistenza anziani e non autosufficienti…) ed è stata prevista la possibilità che il lavoratore scelga di ricevere i “premi di risultato” (di nuovo e stabilmente incentivati) sotto forma di beni/servizi/rimborsi di Wa, fruendo della più rilevante agevolazione fiscale e contributiva.



Con le modifiche del 2016 si allarga quindi notevolmente la platea delle aziende incentivate ad adottare piani di welfare (fino al 2015 la via esclusivamente volontaria dei piani di Wa e il tetto alla deducibilità dei relativi costi al 5 per mille delle spese di personale, rendevano di fatto non utilizzabile il Wa da parte delle Pmi).

Certamente da quest’anno inizierà un ricorso diffuso al Wa (e i rappresentanti del Governo hanno già preannunciato l’introduzione di ulteriori agevolazioni a partire dall’anno prossimo).  

Si tratta di una grande opportunità per promuovere il valore sociale dell’impresa, per far crescere l’attenzione al benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, per favorire il radicamento delle aziende nel territorio ed il rapporto profit/non profit.



Sino ad oggi il 40 per cento delle risorse del Wa è stato utilizzato dai lavoratori per l’educazione e l’istruzione dei figli.

Una delle disposizioni modificate dalla legge di stabilità 2016 (art. 1 comma 190 legge 208/2015) riguarda proprio “le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro… per la fruizione… dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essa connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi ed invernali e per borse di studio” (art. 51 comma 2 lettera f bis Tuir).

Con tale modifica sono stati ampliati considerevolmente i servizi educativi e scolastici (prima limitati a “asili nido“, “colonie climatiche” e “borse di studio“) che possono rientrare  nel Wa.

L’art. 51 comma 2 lettera f bis del Tuir riguarda anche le “somme” (non solo opere, servizi e prestazioni) rimborsabili ai lavoratori per i costi dei servizi educativi e scolastici fruiti dai figli. Tra le somme rimborsabili attraverso i piani di Wa rientrano evidentemente anche le rette scolastiche corrisposte dalle famiglie per la frequenza delle scuole paritarie, dall’infanzia alla secondaria superiore.

Anche in presenza di piani di Wa adottati dal datore di lavoro “volontariamente” (cioè senza  accordo con le organizzazioni sindacali) per tale tipologia di rimborsi non vige comunque il tetto alla deducibilità del 5 per mille delle spese di personale (come risulta dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n.28/E del 15/6/2016 che conferma il tetto solo relativamente agli interventi di cui alla lettera f) dell’art. 51c. 2 Tuir).

Tutte le aziende, grandi e piccole, possono quindi adottare piani di Wa e prevedere, tra le altre misure, il rimborso delle rette scolastiche.

Dal Wa può quindi arrivare un sostegno concreto alle famiglie e alla libertà di scelta della scuola (sostegno che la politica ed il welfare “primario” stentano a dare).

Vale la pena perciò, da parte delle scuole paritarie e dei genitori degli alunni, impegnarsi a sensibilizzare le aziende del territorio affinché adottino piani di Wa attenti ai bisogni educativi. 

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