Chiamata diretta, si parte. Mezzo busto, figura intera o profilo, sorriso continuo o ben calibrato, tailleur o prendisole ed infradito per il colloquio (online o in presenza)? Oppure meglio preoccuparsi di distinguere bene fra didattica laboratoriale, innovativa e digitale nel curriculum vitae? O forse saper ben descrivere le proprie soft skills nella mail di candidatura? I docenti (pochi, ancora) alla prese con la candidatura diretta nell’estate 2016 si fanno queste e molte altre domande.
Se è pur vero che la “piccola rivoluzione” di cui parla il comunicato stampa del Miur del 2 luglio è ancora al Jeu de Paume e la prise de la Bastille ancora lontana, è pur vero che les jeux sont faits; dopo decenni di strapotere della sola anzianità, il Miur non solo ha predisposto sul suo sito un facsimile per la stesura di un cv, ma si ritrovano on line consigli per la stesura della mail di autocandidatura, evidentemente mediati dal mondo del business. Per una buona first impression.
Nel mese di agosto, a vari scaglioni (entro il 4 per la scuola dell’infanzia e la primaria, dal 6 al 9 per la secondaria di I grado ed infine dal 16 al 19 agosto per quella di II grado) i docenti coinvolti potranno inviare la mail di autocandidatura alle scuole dell’ambito territoriale ove risultano assegnati, e inserire il curriculum su istanze online. E i dirigenti scolastici potranno pubblicare gli avvisi (anche qui a scaglioni differenziati, ma sempre ad agosto e in brevissimo anticipo rispetto alle scadenze previste per i docenti) per l’individuazione delle figure necessarie alla realizzazione di quanto deciso nel Ptof. In sostanza, il docente si fa avanti se vuole, anche in più scuole, con l’obbligo di accettare la (o una) delle scuole presso cui si candida, e il dirigente scolastico fa sapere che docenti gli servono sul proprio sito.
La domanda finalmente incrocerà l’offerta? Molto parzialmente, perché la procedura riguarda i soli docenti assunti con la Buona Scuola, a fronte di chi in ruolo c’era già, e dei circa 70mila ancora nelle Gae, per nulla esaurite.
Se la rottura della trattativa Miur-sindacati che avrebbe riportato, con un abile gioco di carte, le competenze nell’alveo dell’anzianità di servizio (poche competenze generiche = tutti competenti = il punteggio generato dall’anzianità resta il reale criterio = nulla di nuovo sotto il sole), a monte il meccanismo degli ambiti territoriali ha comunque ribadito la presenza di un disequilibrio.
Con la domanda di mobilità per ambiti territoriali, il punteggio, accumulato con le due principali voci degli anni di servizio anche pre-ruolo (ma rigorosamente solo nella scuola statale), e i “corsi” (che tutti i docenti fanno proprio per aumentare il punteggio), è stato l’unico criterio per accedere all’ambito territoriale, richiesto di solito secondo un fattore di pura vicinanza geografica alla dimora del docente. E d’altronde, con una chiamata nazionale, centralistica (il doppione dell’assunzione pervenuta a chi ha fatto domanda nelle varie fasi del piano di assunzione della legge 107/2015), come accusare chiunque di voler cercare di non sradicarsi dal territorio di appartenenza/lavoro?
E d’altra parte, l’evidente eccedenza di figure professionali, prevalentemente al Sud, rispetto all’utenza scolastica non può essere risolta, in un sistema unico, se non “spalmando” su tutta l’azienda le eccedenze; l’alternativa, un sistema regionale che assorba solo la quota di docenti necessaria al sistema regionale, sarebbe la “grande rivoluzione”, da scontarsi con disoccupazione da una parte e carenza di organico dall’altra. Una rivoluzione impensabile ad oggi, visto che la chiamata diretta per competenze ha fatto sì che la Flc Scuola, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals Scuola annunciassero di voler rimettere al giudice amministrativo la legge 107/2015 in quanto anticostituzionale.
La decisione di ricorrere alle vie legali motivata da “danni, scontento e contenzioso” che la chiamata diretta starebbe provocando a causa delle procedure “imposte” dal ministro Giannini, colei che ha impedito il coup d’état, e che ha invece “liberarizzato” la chiamata per competenze, proponendo procedure che sarebbero, a detta delle suddette sigle sindacali, non “corrette”.
Ma cosa ci sarà mai scritto in queste competenze (solo indicative e non prescrittive), da generare “procedure non corrette”?
Nelle competenze presenti nell’allegato A che il Miur ha predisposto a titolo di suggerimento non ci sono criteri, a colpo d’occhio, che si discostino dalla prassi scolastica. Le macroaree sono tre, “esperienze”, “titoli” e “attività formative”. La prima voce è la più ricca di indicazioni e suddivisa in sotto aree; le voci di “area organizzativa e progettuale” sono ben note (ad es. tutor orientamento, collaboratore del ds eccetera), lo stesso dicasi per area accoglienza ed intrusione (aree a rischio, disabilità, dispersione…). Più problematica la cosiddetta “area della didattica”, dove compare il Clil (l’unica didattica corrispondente ad un preciso obbligo di legge e ad incarichi assegnati (e si spera svolti) soprattutto negli ultimi due anni scolastici), due denominazioni abbastanza ampie da essere sufficientemente generiche (didattica laboratoriale, innovativa) e voci quali alternanza scuola-lavoro, educazione ambientale, Socrates /Erasmus ecc.
La coincidenza con quanto si fa nella scuola statale, decisamente avviata da almeno vent’anni ad ampliare la propria offerta formativa seguendo le spinte dei vari ministri e governi, e quanto suggerito nelle competenze, mi sembra abbastanza importante. Stracciarsi le vesti per queste competenze? Chi degli ex precari non ha avuto mai nessuno di questi ruoli o non è stato coinvolto in alcuna attività didattica laboratoriale inclusiva digitale o che dirsi si voglia? Se le sigle sindacali si stracciano le vesti, lo fanno perché viene meno, per quanto flebilmente, il principio che nella scuola non si avanzi per merito, ma per vecchiezza.
Ma le vesti vanno stracciate, perché l’elenco delle competenze è l’elenco del fare, e non dell’essere, che ben si sposa con il Ptof e il Rav di una scuola, perché descrive la figura professionale del docente secondo la stessa logica. Ma un collega, chi vuole accanto? Un dirigente scolastico, che collaboratore cerca? Uno studente, che prof ha in mente? I genitori, che docente vogliono? Forse tutti potrebbero gradire le soft skills, quali ad es. autonomia, fiducia, flessibilità, capacità di pianificazione ed organizzazione, team work, ed altre skills di natura pedagogica, che hanno a che fare con l’interferenza continua fra adulto e giovane/giovani per cinque ore in ambiti non ancora virtuali, ma reali.
Tuttavia nel modello di cv predisposto, sempre a titolo di “suggerimento”, dal Miur, non esiste una area “profiling”. Cosa del tutto incongruente con la “rivoluzione” annunciata, visto che qualsiasi cv per una azienda prevede il profiling del candidato, che comprenderebbe non solo le experiences e skills, ma anche le ambizioni, i desideri, le aspirazioni del candidato. Per tutto questo, che mi risulta essere fattore essenziale nella scelta del candidato migliore per il posto migliore, rimane la sola mail di candidatura, che i dirigenti scolastici dovranno leggere, assieme al cv, verificando la congruenza con il Ptof e sapendo anche motivare la scelta. Il tutto, mediamente in una quindicina di giorni (scarsi). La rivoluzione? Ancora al jeu de paume. Le ferie per i ds? A Natale.