In nessun secolo, come in quello appena trascorso, si è potuto assistere al succedersi di cambiamenti in modo così radicale com’è avvenuto nel campo delle arti figurative. Non solo i temi e gli stili si sono totalmente rinnovati, ma persino il modo di intendere l’esperienza creativa e la sua fruizione sono stati completamente ridefiniti, tanto che a stento si riesce ad accomunare un’opera del XIX e una del XX secolo senza suscitare sgomento o perplessità nella maggior parte degli osservatori. La questione risulta ancor più paradossale se si considera che per molti, anche ai giorni nostri, risulta più facile identificarsi con un capolavoro del passato che non in una creazione di un artista contemporaneo. Il problema viene vissuto con un certo imbarazzo già nelle aule scolastiche, dove l’arte degli ultimi decenni viene normalmente relegata nelle ultime frettolose lezioni dell’ultimo anno scolastico, a poche settimane dagli impegni che attendono gli studenti per lo svolgimento dell’esame di stato. Si perde, così, un’occasione per potersi introdurre ad uno dei fenomeni certamente più complessi della nostra civiltà.
Occorre innanzitutto non considerare il Novecento in modo univoco e riduttivo: in un secolo travagliato da due guerre mondiali che hanno sconvolto innanzitutto il territorio del “vecchio” Continente, bisogna distinguere tra i primi tre lustri, attraversati dalla vicenda impetuosa e sconvolgente delle Avanguardie storiche, e gli anni tra i due conflitti, caratterizzati dal “ritorno all’ordine”, con la ripresa delle tecniche tradizionali della pittura e della scultura, ma con soggetti e linguaggi decisamente diversi da quelli che avevano caratterizzato gli ultimi decenni dell’Ottocento. Nella seconda metà del secolo, dopo la ripresa dell’atteggiamento avanguardistico, suggerito dalle vicende del dopoguerra, dagli anni della contestazione giovanile e dai movimenti politici rivoluzionari, si assiste ad un nuovo ripensamento in cui linguaggi e temi, si giustappongono e si sovrappongono spesso all’interno del percorso di uno stesso autore, dando vita al fenomeno della “Transavanguardia”. Insomma il Novecento non è un periodo a senso unico e tendenze complesse e tra loro contraddittorie si intrecciano nella sua trama.
A ben vedere questi aspetti contrastanti possono essere colti fin dalle sue premesse: se le innovazioni tecnologiche, come l’invenzione e la diffusione della fotografia e del cinema, e le nuove scoperte scientifiche, dalla relatività di Einstein alla meccanica quantistica di Planck e Maxwell, provocano negli artisti uno sguardo rinnovato sulla realtà, caratterizzato da istantaneità, dinamismo, molteplicità dei punti di vista, d’altra parte l’apertura dell’Europa alle civiltà del continente asiatico e africano genera un’apertura inedita verso il “primitivo”. La fuga verso l’altrove, l’adozione di tecniche e di comportamenti che esaltano il mito del “buon selvaggio” contro la corruzione e le disumanizzazioni della civiltà borghese, diventano un paradigma essenziale per poter comprendere gli sviluppi dell’arte contemporanea, dalle suggestioni filo-africane di Picasso ai comportamenti più anticonvenzionali degli ultimi performer. Smarriti i tradizionali punti di riferimento, alcuni artisti si sono soffermati a interrogare la propria attività artistica, trasformando le loro opere nel campo aperto delle loro domande, come emerge nell’opera straordinaria di Magritte o nelle rigorose installazioni di Kosuth.
A mio avviso ci sono due snodi essenziali che hanno impresso una direzione inequivocabile alle vicende artistiche del nostro secolo.
Il primo riguarda il movimento Dada, legato all’eccentrica diaspora di politici, artisti e intellettuali che tra il 1916 e il 1918 riempie i locali del cabaret Voltaire di Zurigo. Come riferirà in seguito Tristan Tzara, “verso il 1916-17, la guerra sembrava che non dovesse più finire (…) Noi eravamo risolutamente contro la guerra (…) L’impazienza di vivere era grande. Il disgusto si applicava a tutte le forme di civilizzazione cosiddetta moderna, alle sue stesse basi, alla logica, al linguaggio, e la rivolta assumeva dei modi in cui il grottesco e l’assurdo superavano di gran lunga tutti i valori estetici” (intervista alla radio nazionale francese, 1950). Il ready-made o l’installazione ambientale come i fantastici Merzbau di Kurt Schwitters (stanze assemblate di oggetti appartenuti al vissutodell’artista), liberano la creatività dell’artista oltre le forme tradizionali, in opposizione al buon gusto, al senso della compostezza e ragionevolezza di quel mondo che si voleva deliberatamente contestare.
Il secondo è legato ad un anno tragico, il 1937, quando nei mesi convulsi della guerra civile spagnola Picasso dipinge Guernica, evocando il tragico bombardamento della cittadina basca e esponendo l’opera durante l’Esposizione Universale di Parigi, aperta dal mese di maggio al novembre dello stesso anno. Nel mese di luglio, a pochi giorni dall’inaugurazione della manifestazione parigina, Joseph Goebbels inaugura a Monaco di Baviera la “Mostra dell’arte degenerata”, arrecando un vulnus indelebile alla libertà di espressione e di ideazione di qualsiasi artista. Da quel momento emblematico totalitarismi e avanguardie hanno sancito la loro irrimediabile estraneità. Si potrebbe persino affermare che la tutela di un atteggiamento sperimentale e rivoluzionario sarebbe diventato, anche nei decenni a venire, l’unico antidoto alla violenza inaudita dei regimi totalitari. Del resto le conseguenze di quegli eventi non si sono ancora definitivamente spente nel nostro presente e possono essere ancora verificate nelle opere e nelle recensioni critiche dei cataloghi che ne accompagnano le esposizioni.
Il corso sulle “Nuove prassi e nuovi linguaggi nell’arte contemporanea” promosso dall’associazione ToKalOn, in collaborazione con la Fondazione Zucchelli, il Malpighi La.B di Bologna e Casa Testori si offre come un’interessante opportunità per accostarsi alle vicende del XX secolo, rispettandone il variegato e complesso sviluppo. Il corso si articola in quattro videoconferenze, rivolte a docenti e studenti delle scuole medie superiori. Beatrice Buscaroli, docente dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna presenterà “1900-’25. L’affaccio sul secolo. L’arte tra volontà e rappresentazione”; Elena Pontiggia, dell’Accademia delle Belle Arti di Brera affronterà il secondo appuntamento dal titolo “1925-’50. Il sogno della classicità. L’arte negli anni tra le due guerre”; il terzo incontro sarà tenuto da Davide Dall’Ombra dell’Università Cattolica di Milano, dal titolo “1950-’75. Tra realismo e arte concettuale. L’arte del secondo dopoguerra”; infine l’incontro di Marco Tonelli, dell’Accademia delle Belle Arti di Foggia, verterà su “1975-2016. L’arte dal postmodernismo alla contemporaneità”. Per ulteriori informazioni si può prendere visione della brochure del corso.