Ci risiamo. L’erogazione del contributo statale alle scuole paritarie è stato sbloccato, ma in netto ritardo, cosicché gli stipendi del personale del mese di agosto in molti istituti non sono stati pagati nei tempi dovuti e anzi molti docenti lo stanno ancora aspettando. 

Che sia una questione burocratica o una vicenda legale come in questo caso, fatto sta che a rimetterci è sempre l’anello debole della scuola italiana, la scuola paritaria. Come è noto le rette scolastiche coprono dieci mesi e una gestione oculata dei bilanci permette il pagamento delle tredicesime a dicembre e anche il versamento del Tfr, ma la difficoltà finanziaria diventa stringente nei mesi di luglio e agosto. Per ottemperare a tali difficoltà il Miur ha sempre erogato il suo contributo proprio alla fine di luglio o entro agosto, per permettere la regolazione degli emolumenti estivi ai dipendenti.



Lo scorso anno erano arrivati i fondi 2014 perché l’accordo in Conferenza stato-regioni aveva previsto che tutta la quota fosse erogata dal ministero dell’Istruzione e quindi l’aggiustamento della procedura aveva causato 12 mesi di ritardo. Questa volta l’intoppo è dovuto a un ricorso presentato da Aninsei, l’associazione di categoria a cui aderiscono le scuole private non statali e non paritarie, di cui è socia Confindustria, la quale ha chiesto al Consiglio di stato di non essere discriminata sulla concessione dei contributi statali. Il supremo tribunale amministrativo con sentenza 292/2016 ha stabilito che le “scuole gestite da enti senza scopo di lucro e gli enti con scopo di lucro sono da equiparare nella concessione di contributi diretti o indiretti”, per cui Aninsei ha chiesto di partecipare alla spartizione dei 530 milioni stanziati nella finanziaria 2016. 



Il Miur, con una lunga elaborazione durata oltre 4 mesi, a giugno emana il decreto legge 367/2016 e inizia la procedura di elargizione dei fondi alle sole paritarie, con il parere favorevole della Corte dei conti che arriva solo a inizio agosto. Il provvedimento del governo ribadisce i contenuti del decreto 200/2012, in cui le scuole con finalità non commerciale sono quelle che hanno rette annuali al di sotto del costo medio delle scuole statali, secondo cui per la scuola dell’infanzia, la retta massima non dovrà superare i 5.700 euro l’anno, 6.600 per la scuola primaria, 6.800 per la media e i 6.900 euro per le scuole superiori. 



Inoltre l’articolo 5 del DL 367 stabilisce tra l’altro che le scuole con finalità non commerciale debbano prevedere nello statuto il divieto di distribuire utili, di reinvestirli nelle attività scolastiche, nonché di devolvere il patrimonio ad altri enti simili all’atto della liquidazione dell’ente. Un decreto, che sembra scritto proprio per resistere all’urto della sentenza e di un nuovo ricorso, che Aninsei ha regolarmente presentato. 

In questo modo, dalla seconda metà di agosto i soldi hanno cominciato il loro iter, anche se sono ancora nella disponibilità del Mef e a metà settembre non erano ancora arrivati alle direzioni regionali, i cui uffici dovrebbero essere in grado di distribuire i fondi entro ottobre. 

Sono in molti a sperare, perché le difficoltà gestionali dei singoli istituti, soprattutto le piccole scuole dell’infanzia, sono diventate insopportabili e quest’ultima vicenda rende palese come una legge che regoli in modo organico il settore delle scuole paritarie sia improcrastinabile. La legge 62/2000 che istituì la parità scolastica non è più sufficiente a garantire i principi fondamentali di un comparto che conta oltre 900mila studenti e decine di migliaia di docenti. Le varie sentenze, i numerosi decreti ministeriali presentano oramai un quadro fortemente disorganico, per cui è diventato evidente che tanti posti di lavoro, il reddito di tante famiglie, l’ educazione e la formazione di una fetta consistente della popolazione scolastica italiana, non possa più dipendere dalla sentenza e dall’interpretazione di un giudice o dalle intuizioni di un ministro. 

Il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, che ha sempre difeso all’interno degli ultimi governi le istanze delle scuole paritarie, ha dichiarato ad un quotidiano che è bene che siano stati sbloccati questi soldi, che erano fermi non certo per volontà del Miur. “Le scuole erano giustamente preoccupate per i loro bilanci e a loro abbiamo dato una risposta positiva. Ma ancora non basta. Ora lavoriamo per arrivare a un’effettiva parità scolastica”. Molti fanno il tifo per il sottosegretario, affinché abbia la forza di rendere operative le sue convinzioni e riesca a convincere della necessità di una legge organica sulla parità il ministro Giannini e il premier Renzi. Anche questa sarebbe una Buona Scuola.