Il 20 settembre a Roma sono stati presentati, durante il convegno “Meritocrazia nella scuola! Tanti miti da sfatare?” organizzato da Anp e Forum della Meritocrazia, in collaborazione con Great Place to Work, i risultati della ricerca Leadership & Meritocrazia nelle scuole italiane, alla quale hanno partecipato un campione di 831 rispondenti, dirigenti, docenti e personale non docente di 14 istituti scolastici di ogni ordine e grado selezionati sul territorio nazionale.
Il report mostra che il livello di percezione della meritocrazia nella scuola, misurato attraverso l’indice sintetico fornito dal modello di rilevazione di Great Place to Work, adattato per la circostanza alle scuole, è al 59% (+4% di percezione su un campione di aziende eccellenti in Italia, +30% circa sulla media delle aziende private italiane e +40% sulla pubblica amministrazione). Il dato non varia rispetto all’appartenenza territoriale e addirittura cresce andando da Nord a Sud: la percezione sintetica varia infatti da un 58% nel nord Italia, a un 59% nel centro Italia e a un 65% al sud.
I dati sono abbastanza sorprendenti, in quanto smentiscono la vulgata comune che vede le scuole secondarie caratterizzate da bassi livelli di efficienza e meritocrazia, mentre le colloca addirittura al livello delle migliori aziende italiane, che come abbiamo scritto più volte sono generalmente meno brave delle multinazionali.
Addirittura il dato migliore di percezione di meritocrazia è stato rintracciato all’Istituto Volta di Perugia (84%), che lo posiziona tra le migliori organizzazioni italiane in quanto a percezione di meritocrazia da parte dei dipendenti. In sostanza quasi 9 dipendenti su 10 dichiarano, se intervistati anonimamente, che c’è meritocrazia nei loro luoghi di lavoro. La preside dell’istituto è la professoressa Rita Coccia, che con il suo team di lavoro e i suoi docenti rappresenta una vera storia di merito.
Il risultato della scuola di Perugia è infatti straordinario, se consideriamo che impiega circa 160 dipendenti, ma ancora più importanti sono i risultati di performance della scuola, che dimostrano una volta di più il rapporto tra meritocrazia ed eccellenza nelle prestazioni al cittadino.
Il Volta ha infatti praticamente raddoppiato in questi anni i propri studenti da 800 a 1.600 persone. In poche parole nel territorio si è diffusa la notizia della bontà della scuola e sempre più le famiglie hanno deciso di mandare lì i propri figli, arrivando addirittura a preferire l’istituto tecnico ai licei della zona.
Secondariamente la scuola in questione mantiene rapporti costanti con circa 400 aziende del territorio che avviano ogni anno circa 1.000 percorsi di alternanza scuola-lavoro. Lascio immaginare al lettore cosa sarebbe il nostro Paese se questi risultati fossero comuni a tutte le scuole.
Chiedendo alla professoressa Coccia quale sia il segreto di questo successo, emergono alcuni tratti importanti che caratterizzano le buone organizzazioni. Innanzitutto quello che gli inglesi chiamano “walk your talk”, ovvero la capacità di essere coerenti con le proprie dichiarazioni. Quello che si promette si fa. In secondo luogo la presenza di regole chiare e certe che valgono per tutti. I docenti, anche gli ultimi arrivati, sanno cosa ci si aspetta da loro e quale supporto possono avere. Infine l’umiltà e la semplicità di chi ha valori solidi e li pratica senza grandi proclami.
Interessante è pure la lezione generale che possiamo trarre per tutto il sistema dell’Istruzione. Questo “livello di meritocrazia” è maturato infatti prima dell’introduzione delle legge 107 (Buona Scuola) e quindi senza per esempio la possibilità di distribuire bonus di merito ai docenti (che in alcuni casi ha comportato un maggiore onere di attività) né la possibilità di reclutarli per chiamata diretta. Questo significa che la meritocrazia può nascere anche prima delle riforme laddove le leggi dello Stato arrivano spesso in ritardo rispetto a best practice che spontaneamente emergono sul territorio.
Mi chiedo allora se chi ha risultati eccellenti non possa meritare una maggiore autonomia organizzativa e gestionale rispetto al Miur e se dal territorio non possano nascere dei campioni del merito che poi vengano “catturati” dagli uffici ministeriali per diffondere le loro buone esperienze. Un po’ una replica di quanto fatto dal giudice Mario Barbuto, passato dal tribunale di Torino al ministero della Giustizia.
In fondo gli ottimi risultati, anche a livello locale, sono le migliori referenze e garanzie per una “promozione”. Se questa modalità di “carriera” si diffondesse, vi sarebbero cambiamenti più silenziosi e meno pomposi delle grandi riforme, ma probabilmente molto efficaci.