Alcuni anni fa Tzvetan Todorov ha chiesto scusa di quello che ha fatto. Queste scuse sono contenute, tra l’altro, in un volume ampiamente diffuso anche in Italia, dal titolo significativo: La letteratura in pericolo. Cos’ha fatto Todorov, certo non da solo ma assieme a tutte le facoltà letterarie d’Europa? Ha contribuito ad imporre il modello strutturalista nello studio della letteratura, essendone uno dei capofila. Per quanto attiene i programmi della nostra scuola, fin dalla primaria, ma anche la metodologia didattica, lo strutturalismo è quella cosa che ha spinto gli insegnanti, ormai nella quasi totalità, a presentare in classe un brano — un racconto, una poesia — come un cadavere da vivisezionare. A guardarlo da fuori può addirittura sembrare assurdo, ma è così: persino a bambini di sette-otto anni abbiamo detto ormai da generazioni che un racconto è quella cosa fatta da un’introduzione, una descrizione, uno svolgimento, una conclusione… che una poesia è quella cosa fatta di rime, accenti, metrica, strofe…
Nulla di più innaturale, violento, stravolgente. Siamo stati di fronte allo stupore di ragazzi e bambini, capacissimi in natura di cogliere la bellezza di un racconto o di un’immagine poetica e farla diventare esperienza personale e profonda, parlando loro di strutture, di involucri, di scheletri morti. Come se avessimo comprato loro un gelato e li avessimo costretti a mangiare la carta della confezione. Da qui il crollo della lettura, degli iscritti alle facoltà umanistiche, la scomparsa della parola letteratura nei corsi universitari, i dubbi sul senso dell’insegnamento del patrimonio letterario nazionale, il rifiuto della stragrande maggioranza dei ragazzi di leggere qualcosa finito il percorso scolastico.
I più accorti tra gli insegnanti cominciano a capirlo e a lavorare in modo diverso. È il caso del gruppo di lavoro che ha prodotto un metodo, e una serie di libri, molto interessanti. Essi fanno capo a Serenella Bertoli e Siria Magon e il titolo del loro libro, molto significativo, è Alla ricerca dei libri perduti (Bonomo editore, Bologna). L’idea è tanto semplice quanto rivoluzionaria: fornire agli studenti, per la lettura e il lavoro in classe, opere integrali e non brani desunti da esse. Un’altra delle nefande conseguenze dello strutturalismo, infatti, è proprio la superfetazione delle famigerate antologie scolastiche, quasi sempre accozzaglia di brani di plurime provenienze che gli insegnanti adottano, spesso scegliendo la meno peggio.
Le autrici di questo libro ci avvisano che non esiste l’antologia ideale e che la loro esperienza le ha portate ad osservare che alla fine del percorso scolastico i ragazzi non hanno memoria di quello che hanno letto, mentre ricordano bene titoli, autori, raccolte incontrate per intero. Esiste infatti un tempo lungo e lento, più connaturato alla nostra facoltà di apprendimento e contrario all’uso dei moderni strumenti elettronici, che rende la lettura integrale di un romanzo più adatta alla costruzione di un patrimonio personale di cultura.
La fine del percorso proposto, infatti, giunge, attraversando opere intere, alla formazione di un’antologia personale per ogni ragazzo, oltre a quella di una propria biblioteca, cosa importantissima come sanno tutti coloro, tra noi, che ne posseggono una.
“Alla ricerca dei libri perduti” è una guida attenta e concreta alla costruzione di un metodo: si tratta di capire quali libri scegliere (esclusi quelli di mera evasione, dicono le autrici, senza paura della stoffa linguisticamente profonda del testo, anche questo in controtendenza rispetto a scuole che da anni riducono e riducono la proposta per una falsa idea di larga inclusione), dell’importanza della voce e della lettura e rilettura, del parallelo con la produzione scritta, dell’attenzione ai generi come l’epistola, l’autobiografia, il giallo, il fantasy, la poesia… Sempre nella coscienza generale che la scuola non è un accumulo di sapere, un collage di brani, un ritaglio di nozioni e strutture vuote di senso, ma un’esperienza che grandi e giovani compiono camminando alcuni anni insieme.