L’inizio della scuola porta con sé tante novità, molte speranze e le solite infinite preoccupazioni. Quest’anno torna attuale una vignetta “vintage” (un po’ datata) di Guido Clericetti nella quale un padre, il primo giorno di scuola, raccomandava al figlio di non chiedersi che cosa la scuola avrebbe fatto per lui, ma di impegnarsi per fare lui stesso qualcosa di buono per la scuola. Vignetta che riecheggiava il famoso discorso di insediamento di Kennedy del 1957. 



Infatti da quest’anno le nostre famiglie ed i nostri imprenditori sono chiamati a contribuire — se lo vogliono — allo sviluppo della scuola che preferiscono tramite il cosiddetto “School Bonus”. 

Ma cerchiamo sinteticamente di capire di quale novità stiamo parlando. La Legge 107/2015 (“Buona Scuola”) aveva previsto la concessione di un credito d’imposta per favorire le erogazioni liberali in denaro (donazioni) destinate poi agli investimenti in favore di tutti gli istituti del Sistema Nazionale di Istruzione, vale a dire le istituzioni scolastiche statali e le istituzioni scolastiche paritarie private e degli enti locali. Donazioni finalizzate alla realizzazione di nuove strutture scolastiche, alla manutenzione e al potenziamento di quelle esistenti oltre che al sostegno di interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti. 



La disciplina del credito d’imposta “School bonus” non è del tutto nuova e presenta numerose analogie con il credito d’imposta a sostegno della cultura e dello spettacolo (cosiddetto “Art bonus”) già in essere. Il nuovo credito d’imposta introdotto dalla legge 107/2015 è stato poi modificato in parte dalla legge di stabilità 2016 ed è riconosciuto alle persone fisiche, agli enti non commerciali e ai soggetti titolari di reddito d’impresa (“sono redditi di impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali”), sia in forma individuale che collettiva (società). 



Lo “School bonus” si applica a tre periodi d’imposta 2016, 2017, 2018 e le erogazioni liberali in esame sono ammesse al credito d’imposta nel limite dell’importo massimo di 100mila euro per ciascun periodo d’imposta. Il credito d’imposta è riconosciuto a condizione che le erogazioni liberali siano versate in un apposito capitolo delle entrate del bilancio dello Stato e secondo le modalità definite con il citato DM 8 aprile 2016 e perciò occorre versare le somme sul codice IBAN: IT40H0100003245348013362600. I versamenti devono perciò essere effettuati distintamente per ciascuna istituzione scolastica beneficiaria e nella causale del versamento deve essere riportato, nell’esatto ordine di seguito indicato: il codice fiscale dell’istituzione scolastica beneficiaria; il codice della finalità alla quale è vincolata ciascuna erogazione, vale a dire: “C1”: realizzazione di nuove strutture scolastiche; “C2”: manutenzione e potenziamento di strutture scolastiche esistenti; “C3”: sostegno a interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti; il codice fiscale delle persone fisiche o degli enti non commerciali o dei soggetti titolari di reddito d’impresa. Il credito d’imposta è pari al 65% delle erogazioni liberali effettuate in ciascuno dei due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2015 (anni 2016 e 2017, per i soggetti “solari”); 50% delle erogazioni liberali effettuate nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 (anno 2018, per i soggetti “solari”).  

Considerato l’ammontare massimo delle erogazioni agevolabili (pari a 100mila euro per ciascun periodo d’imposta), l’ammontare massimo del credito d’imposta spettante sarà quindi pari a 65mila euro, per ciascuno degli anni 2016 e 2017 (soggetti “solari”)e pari a 50mila euro, per l’anno 2018 (soggetti “solari”). Il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo. La quota annuale non utilizzata può essere riportata in avanti, senza alcun limite temporale. Il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale sono stati effettuati i versamenti. 

Le donazioni saranno poi riassegnate ad un apposito Fondo del Miur, per l’erogazione alle scuole beneficiarie che riceveranno il 90% dell’erogazione. Una quota pari al 10% delle somme complessivamente iscritte annualmente su questo fondo sarà assegnata alle istituzioni scolastiche che risultano destinatarie delle erogazioni liberali ma in un ammontare inferiore alla media nazionale: una sorta di perequazione nazionale. I soggetti beneficiari (le scuole) dovranno dare pubblicità dell’ammontare delle somme ricevute per ciascun anno finanziario, della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni stesse indicando precisamente le attività da realizzare o in corso di realizzazione. Tale comunicazione dovrà avvenire tramite il sito Internet istituzionale della scuola nell’ambito di una pagina dedicata e facilmente individuabile, nel portale telematico del Miur e nel rispetto delle disposizioni della privacy. 

Senza soffermaci ulteriormente su dettagli di carattere fiscale, intuiamo facilmente che il Governo ha inteso coinvolgere direttamente famiglie e imprenditori nella riforma della scuola iniziata nel 2015. Almeno finanziariamente! Se da una parte pertanto ciò pare andare in una direzione condivisibile di “sharing-society”, di “responsabilità collettiva” come l’ha definita il ministro Giannini, dall’altra ci si chiede per quale motivo non sia stata preferita una forma di agevolazione fiscale che avrebbe ridotto il reddito del benefattore con una deducibilità totale, visto che l’investimento nella scuola dovrebbe essere premiato senza condizioni né limiti. L’ammontare complessivo delle donazioni ne avrebbe risentito positivamente. Ma staremo a vedere. 

Rimangono comunque in vigore altre forme di agevolazioni per chi volesse donare a favore di scuole paritarie (dal “Più dai meno versi” alle detraibilità Irpef e deducibilità varie previste dal Testo unico dei redditi) gestite da Onlus o cooperative sociali. 

C’è pertanto da aspettarsi nei prossimi mesi una intensa campagna informativa (#graziescuola sarà l’hashtag della campagna sui social) sia da parte del ministero che delle scuole. Queste ultime scopriranno il potenziale e grande valore del fund-raising o del crowd-funding (raccolta fondi) per crescere grazie a nuove risorse. Sarebbe stato auspicabile prevedere la presenza di “comitati School bonus” composti da genitori ed insegnanti per organizzare la destinazione finale dei fondi e come raggiungere efficacemente potenziali nuovi benefattori, ma nel testo di legge tutto sembra ridursi ad una norma fiscale, tra le tante. 

Anche nel documento “la Buona Scuola” mancano espliciti e forti riferimenti alla famiglia come protagonista dell’educazione e si trova un solo accenno alle scuole paritarie. Il coinvolgimento e la libertà di scelta dei genitori può essere, invece, un’importante forza motrice dell’innovazione del sistema nazionale di istruzione. Non possiamo rivolgerci alle famiglie “solo” per chiedergli una pur necessaria condivisione finanziaria. La scuola in Italia ha bisogno di essere realmente autonoma, libera dallo statalismo e dal corporativismo, “connessa” alla realtà totale (non solo alla rete), al territorio. Per rispondere a questi ed altri bisogni lo strumento dello “School bonus” potrebbe essere un’autentica risorsa, l’inizio di una sussidiarietà reale di cui oggi si sente tanto l’urgenza.