I dislessici nelle nostre scuole: un realtà difficile, ma investita da un cono d’ombra. L’approvazione della legge 170/2010 e il DM 5669/2011 con allegate linee guida hanno aumentato la coscienza pubblica del fenomeno, non solo nel mondo della scuola, stimolando nuovi approcci per affrontarlo. Ma nella realtà non è sempre così. L.M. è una tipica mamma italiana che lavora e si preoccupa dell’educazione dei due figli Carlo e Luca (i nomi sono di fantasia). Vivono a Roma e Luca sceglie di iscriversi al liceo classico.
Signora L.M., perché la certificazione per Luca è arrivata così tardi?
E’ arrivata per caso e su richiesta di Luca successivamente a quella del fratello Carlo, anche quella fatta su nostra richiesta. Nessun docente in entrambi i casi si era accorto di nulla. Luca a Natale del primo anno di liceo ha confessato ansie e difficoltà e avendo ascoltato i risultati del fratello ha chiesto di fare gli stessi test. Arriva la diagnosi di dislessia, disortografia e discalculia.
In base al consiglio orientativo, obbligatorio per legge, quale scuola superiore era stata indicata per Luca e perché ha scelto proprio il liceo classico?
I docenti delle medie consigliarono l’istituto tecnico, perché, pur essendo intelligente e vivace, mentalmente non si applicava abbastanza. Come genitori e come persone ne siamo rimasti contrariati, primo perché in ogni scuola, per imparare, bisogna studiare, secondo perché, non avendo mai parlato con lui, non consideravano i desideri e i punti di forza e di debolezza e terzo perché il risultato dei test di orientamento a pagamento a scuola aveva dato come esito il liceo. Luca ha scelto l’istituto classico che frequenta convinto dalle parole di uno studente durante l’open day.
Qual è stata la reazione emotiva di Luca alla scoperta di essere dislessico? Insomma, come l’ha presa?
Ha dato un nome alle sue difficoltà, ma non l’ha presa bene: non vuole essere diverso dagli altri e purtroppo quasi tutti gli strumenti compensativi e dispensativi sono diversi. Purtroppo, poi, i suoi professori ci hanno fatto intendere che secondo loro non era vero che era dislessico. La sua autostima ne ha risentito tantissimo, per non parlare del suo stato d’ansia. Stiamo ancora lottando.
Lei denuncia che i professori di Luca non applicano in maniera precisa quanto indicato nel piano didattico personalizzato (Pdp). Può farci degli esempi concreti, in particolare per latino e greco?
Il primo anno, pur avendo un Pdp, hanno solo dato una data alle verifiche orali e permesso l’uso di mappe e formulari fatti da noi, nessuna didattica e verifica appropriata. Luca è stato rimandato a settembre in italiano con il 5 e mezzo. A natale successivo, nutrendo qualche dubbio, a casa faceva gli esercizi giusti, a scuola il più delle volte erano insufficienze, abbiamo deciso di capire bene. Nessuno ci ha aiutato: la scuola diceva di fare il giusto, la psicologa e il Policlinico Gemelli non potevano assisterci a scuola per la numerosità degli assistiti, gli avvocati sapevano solo come fare ricorso al Tar.
Abbiamo quindi studiato e letto tutto ciò che trovavamo e abbiamo chiesto copia delle verifiche. Il Pdp firmato, non veniva applicato. Ecco alcuni esempi di didattica di latino e greco: la professoressa di greco ha fatto imparare e lo ha interrogato con verifica scritta senza mappe e tabelle su 64 verbi a memoria su cui doveva riconoscere il tema, la parola derivata in italiano e il paradigma (i dislessici non dovrebbero imparare a memoria); il professore di italiano programmava l’interrogazione su epica e lo interrogava su letteratura. Solo noi genitori stiamo ancora cercando un metodo per aiutare Luca e Carlo nello studio del latino e del greco. Su internet abbiamo trovato consigli su come fare le mappe e i formulari su altre materie, ma nulla su latino e greco. E’ per questo che continuiamo a chiedere.
Nella mail che mi ha mandato, lei ha scritto che state lottando perché i professori non credono che il ragazzo sia dislessico. Com’è possibile?
Al primo anno il referente Dsa disse chiaramente: “la certificazione medica che avete presentato è privata, vedremo se il Policlinico Gemelli confermerà la diagnosi” e gli altri docenti dissero: “Luca è intelligente, sta attento in classe, ma la sua proprietà di linguaggio non è all’altezza di un liceo classico e fa errori di ortografia, sa le cose ma non abbastanza bene. Visto che è intelligente, voi state cercando solo di facilitargli la vita. Il liceo classico non è per tutti”. Al secondo anno il professore di italiano addirittura ha detto: “Signora, anche ammesso che riusciamo a farlo diplomare, cosa farà nella vita?” e la professoressa di inglese: “considero sempre il punto dislessia”.
Adesso, Luca ha sviluppato un metodo di studio adeguato alle fragilità che gli sono state riscontrate, in particolare per lo studio del greco e del latino?
Su alcune materie sì, ma su latino e greco brancoliamo ancora nel buio. Non avendo una didattica appropriata, il lavoro a casa è tanto. Sarebbe più semplice avere le mappe, durante la spiegazione; provare vari tipi di verifiche o analizzare quelle fatte, per trovare le migliori (faccio un esempio: nelle verifiche di inglese ho notato che se offrono scelta multipla secca, lui non ne sbaglia una; se deve scegliere tra frasi lunghe e complesse, si confonde); se alcune verifiche di latino o greco fossero trattate come alcune verifiche di inglese (vero o falso, crocette, o traduzioni più brevi). Ma questa è fantascienza.
Avrebbe qualche consiglio pratico da dare ai genitori che si dovessero trovare nella sua situazione? La nostra chiacchierata, a mio avviso, deve sensibilizzare non solo i docenti ma anche quei genitori che sono meno attivi nel far valere i diritti del proprio figlio alla luce della normativa vigente sui Dsa in qualunque scuola si trovino.
Se vi accorgete che vostro figlio ha difficoltà a scuola, parlatene con lui, chiedete in cosa ha difficoltà, come si sente, come viene trattato a scuola, parlatene con i docenti e chiedete cosa vedono, poi se avete il sospetto, fate subito la certificazione. In caso sia già certificato, ma le difficoltà permangono, allora parlate sempre con vostro figlio, leggete la legge e le linee guida del Miur, parlate con i docenti, analizzate le verifiche e controllate se applicano il Pdp. Il più delle volte applicano solo le verifiche programmate, ma sappiate che anche come si strutturano le verifiche è importante. Sperimentate sempre approcci diversi (mappe con fotografie, mappe con colori, dizionari on line, o mini dizionari creati da voi, registrazioni, uscite didattiche e tutto ciò che vi venga in mente), finché non trovate lo strumento che meglio si adatta a vostro figlio. La cosa importante è stare accanto a loro e non lasciarli soli.
Quali sviluppi ha avuto la vicenda?
Questa è la nostra storia fino all’anno scorso. Nel frattempo abbiamo iscritto anche il secondo nella stessa scuola alla classe digitale per ridurre le diversità. Tutti ci davano dei pazzi, ma io e mio marito ci siamo detti che almeno dovevamo combattere con un solo istituto. La dirigente scolastica ha sostituito il referente Dsa con un nuovo professore, con competenze specifiche nelle difficoltà dell’apprendimento, molto collaborativo e cooperativo, all’opposto del suo predecessore. I due coordinatori di classe hanno lo stesso spirito. E’ un sogno e sta continuando, perché tutti loro si sono interessati ai nostri figli, hanno letto le relazioni psicologiche fatte dagli specialisti e si sono dati da fare con i colleghi; le cose stanno cambiando con la maggior parte dei docenti (resistono solo in pochissimi, tra cui greco e inglese). Siamo fiduciosi, i voti stanno migliorando anche se siamo ancora alla ricerca di aiuti per latino e greco.
In base alla sua esperienza di genitore, la scuola media prepara bene chi vuole proseguire studi impegnativi come il liceo classico?
Per noi la scuola media non prepara affatto alla prosecuzione degli studi. Non si insegna un metodo di studio, un’organizzazione, la dialettica, l’arte del pensare. I docenti spesso leggono i libri durante la spiegazione, invece di andare a braccio, in fondo sono materie che dovrebbero conoscere. I ragazzi così si annoiano e non ascoltano più. I compiti a casa non sono di consolidamento del lavoro fatto in aula, ma si sostituiscono alle spiegazioni. E’ come se non esistesse una programmazione e un’organizzazione. Sembra che i ragazzi non siano visti come persone da aiutare a sviluppare e crescere, ma come una platea scomoda.
Cosa si sente di dire, in conclusione?
Se la scuola ci appoggia, probabilmente il nostro liceo diventerà un eccellenza per i Dsa e noi avremmo salvaguardato il diritto allo studio dei nostri due figli. Grazie per l’opportunità che ci ha dato.