LIPSIA — “Le cartelle cambiano il mondo, non le borse porta-documenti”. Così si è potuto leggere per mesi, in Germania, in un manifesto elettorale dei liberali. Da qualche giorno radio, televisione e giornali tedeschi hanno la scuola come notizia fondamentale. Cominciamo con alcuni dati. Uno studio voluto dai ministri della cultura tedeschi ha interrogato 29.559 scolari della quarta classe delle elementari in circa 1.500 scuole di tutti i Länder della Germania. Oggetto della valutazione sono state le materie di tedesco e matematica. Il termine di paragone era uno studio analogo del 2011: vi è un peggioramento nell’ortografia, nella capacità di ascolto e nella matematica. Lo standard ottimale nelle competenze “lettura” ed “ascolto” viene raggiunto solamente dal 10% degli scolari tedeschi. Per quanto riguarda l’ortografia, dal 9%. Due terzi degli scolari della quarta classe raggiungono invece lo standard regolare, mentre nel 2011 erano tre quarti. Quest’ultimo viene raggiunto solamente da circa la metà. Anche in matematica viene registrato un peggioramento: solo il 62% degli scolari raggiunge lo standard regolare. Tra i Länder vi sono poi delle differenze notevoli. Per esempio in ortografia nel Land Bremen non raggiungono lo standard minimo il 40,2% degli scolari (il peggior risultato) e in Baviera il 12,5 %. Il Baden-Württemberg, che qualche anno fa era secondo solo alla Baviera, è scaduto a risultati desolanti, per esempio il 22,2% degli scolari non ha raggiunto lo standard minimo. I migliori Länder sono ora la Baviera e la Sassonia in cui il 74% degli scolari raggiungono lo standard regolare nella lettura, mentre per esempio in Bremen sono il 48%.



La causa di questi risultati a livello nazionale sembra essere il fenomeno dell’eterogeneità degli scolari. Dal 2011 al 2016 è aumentato di un terzo il numero degli scolari che hanno una storia di emigrazione alle spalle: si tratta del 34% degli scolari (anche questa è un’informazione del consiglio dei ministri della cultura). E vi è inoltre un 17% in più di scolari integrati nelle scuole regolari con un bisogno di un sostegno speciale. 



Jasper von Altenbockum, editorialista della FAZ, ha commentato con un certo sarcasmo scrivendo che lo studio conferma ciò che tutti coloro che in Germania hanno bambini nelle elementari sanno: nella scuola imparano a leggere, a calcolare e a scrivere solo coloro che hanno a casa chi li aiuta con competenza. Chi a casa non sa il tedesco, come le famiglie degli immigrati, ha difficoltà anche nella scuola. E per di più, aggiunge l’editorialista, si pretende da scolari ed insegnanti di fare l’impossibile e cioè “includere” chi ha un bisogno particolare di sostegno nelle classi regolari senza averne una competenza adeguata. 



Per riflettere adeguatamente su questo studio bisognerà tenere conto di tutti i dati, per esempio del fatto che gli scolari con una storia di immigrazione alle spalle si trovano bene nelle scuole tedesche e si impegnano con le forze che hanno per raggiungere un buon livello, anche se non sempre con risultati adeguati. Bisognerà anche aggiungere che Länder come Amburgo o la Baviera, pur con un alto numero di immigrati, hanno saputo migliorarsi, il primo, e raggiunto i migliori risultati in tutti gli ambiti di competenza di cui stiamo parlando il secondo. In una città come Berlino, in cui non vi è una stabilità nella politica della scuola e in cui sono state fatte moltissime riforme troppo “sperimentali”, ritirate poi quando non si ottenevano i risultati sperati, si sono raggiunti risultati molto bassi. 

Infine, pur dovendo tener conto che vi è un limite a tutto, anche alle cose che possono essere raggiunte nella scuola (von Altenbockum), sarà necessario in modo non ideologico ma realistico mettere in moto tutto ciò che serve per arricchirla: per esempio con la promozione di idee innovative che vogliono con ragione una scuola aperta alle forze presenti nella società (quartieri, associazioni). Sarà necessario che tutti gli attori classici in gioco nel mondo della scuola (insegnanti, famiglie e alunni) si rimbocchino le mani per educare una percezione che gli altri non sono un ostacolo, ma una chance per la propria vita e che il successo da solo non può essere raggiunto senza un’attenzione alla solidarietà con gli altri uomini. 

Lo studio presentato a Berlino dai ministri della cultura non tiene conto del mondo digitale, che non dovrebbe essere oggetto di considerazioni moralistiche, ma essere preso per quello che è: una realtà, un luogo in cui si trovano ad agire quasi tutti i ragazzi e che non è necessariamente in contrapposizione con le competenze di lettura, ascolto e calcolo matematico. Occorre anche il coraggio di dire che un’insistenza sul valore della solidarietà, per esempio con gli stranieri, può aiutare a vivere meglio, anche se il costo dovesse essere dapprima una diminuzione nel raggiungimento dei diversi standard previsti. Sarà, credo, necessario che quel 10% di ragazzi che raggiungono lo standard ottimale, con l’aiuto di adulti attenti e competenti nelle classi (insegnanti) e nelle famiglie (genitori), nel quartiere e nelle associazioni si impegnino per primi in quel grande valore della solidarietà che li arricchirà sia a livello umano che professionale. Così che non la rassegnazione (il limite di ciò che è possibile fare), ma la speranza conduca noi tutti in un impegno che non può non coinvolgere tutti, perché “le cartelle cambiano il mondo, non le borse porta documenti”.