Si è concluso domenica 12 novembre a Roma il 6° congresso nazionale dell’ADi (Associazione docenti e dirigenti scolastici italiani). Questa Associazione di docenti e dirigenti — e metterli insieme è già per la scuola italiana una caratteristica particolare — si caratterizza ormai da due decenni per proposte sulla scuola particolarmente innovative e non scontate. Un fatto interessante per un panorama molto statico e prevedibile qual è ormai quello degli operatori della scuola organizzati.



Decentralizzazione organizzativa del sistema e forte autonomia delle scuole, sottolineatura dell’importanza della formazione per il lavoro e conseguentemente forte interesse per l’istruzione e formazione professionale, valorizzazione della leadership educativa, costante richiesta di una carriera per gli insegnanti contro egualitarismo o premialità improvvisate, sostegno alla valutazione del sistema e delle scuole sono stati negli anni gli elementi essenziali dei suoi programmi e delle sue richieste al sistema politico ed amministrativo. Insieme ad una forte attenzione per tutte le modalità didattiche e le riflessioni pedagogiche che hanno negli anni costituito il cuore dei tradizionali seminari di fine febbraio. Oltre che per i contenuti, l’ADi si è caratterizzata per il costante ed approfondito riferimento alle realtà internazionali del mondo della educazione, sul quale ha fornito informazioni e riflessioni ma anche ampio materiale di riferimento per scuole e singoli insegnanti. Una caratteristica del tutto peculiare nel  panorama italiano, provinciale a partire dai livelli dell’accademia. 



In questo autunno ci troviamo in una fase di stanca e di attesa. Si stanno spegnendo gli effetti — negativi o positivi — della “Buona Scuola” e siamo alla vigilia di una nuova stagione politica dai contorni più che mai incerti. Sulla scuola c’è molta stanchezza: con Lombardi, Berlinguer, Moratti, Gelmini e “Buona Scuola” se ne son viste di tutti i colori. Ogni ondata riformatrice differentemente ispirata al tentativo di adeguarsi all’aria dei tempi od all’imposizione di visioni più o meno organiche dell’educazione, se non della società, ha lasciato dei sedimenti che si sovrappongono confusamente. La scuola conseguentemente tende a chiudersi nello scetticismo, impegnata a smaltire l’indigestione di “organico” che sembra essere il lascito più significativo della “Buona Scuola”.



Con l’indispensabile ottimismo della volontà, ADi ha rilanciato due punti fermi del suo programma.

1. La creazione di istituti autonomi a statuto speciale, per la quale è stato predisposto un complesso articolato di legge: progettazione didattica autonoma con i soli vincoli in uscita (esami di stato e prove Invalsi), propri organismi di gestione ed indirizzo, possibilità di acquisizione di risorse esterne, reclutamento di insegnanti su candidatura e chiamata secondo le regole già in atto per tre scuole secondarie inferiori sperimentali di Firenze (scuola-città Pestalozzi), di Genova e di Milano. L’articolato è stato costruito con l’apporto del prof. Carlo Marzuoli dell’Università di Firenze. 

2. La definizione di una carriera degli insegnanti, per la quale è stata predisposta un’analisi preliminare dettagliata che prevede le diverse tipologie (dentro le scuole e di sistema anche a livello territoriale), le modalità di accesso, i tempi di impegno e le modalità di retribuzione.

Ci sarà qualcuno che vorrà raccogliere questa sfida?