Dopo la sentenza della Corte di Cassazione Civile del 19 settembre scorso che ha condannato un docente e il dirigente per la tragica morte di uno studente di terza media, finito sotto lo scuolabus 15 anni fa, il mondo della scuola è stato scosso e attraversato da una miriade di polemiche e diverse prese di posizione. La sentenza ha ribadito che “l’attività di vigilanza esercitata dall’Istituzione scolastica non deve arrestarsi, fino a quando gli alunni non vengano presi in consegna, da altri soggetti e dunque sottoposti ad altra vigilanza”.  



Niente di nuovo. Alla base della condanna c’è il regolamento d’istituto della scuola in questione che si impegnava a far salire e scendere gli alunni dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola, demandando al personale scolastico anche la vigilanza nel caso in cui i predetti mezzi di trasporto ritardassero. L’accertamento del mancato adempimento dell’obbligazione assunta ha logicamente e giuridicamente fondato la responsabilità civile dell’amministrazione. 



Immediate le reazioni. Molti dirigenti scolastici hanno comunicato alle famiglie che i figli quasi adolescenti non potevano più uscire da scuola da soli, facendo anche riferimento all’art. 591 del Codice penale: “chiunque abbandona una persona minore di anni 14 della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”. Risultato: Si dovrebbe uscire da scuola solo con mamma e papà oppure con altri adulti responsabili, appositamente autorizzati a prendere in consegna gli studenti. 

Ma la soluzione prospettata, sull’onda dell’emozione contingente, non appare praticabile e ha creato non poche situazioni spiacevoli, dal malcontento dell’utenza fino alla soluzione estrema attivata da qualche scuola di chiamare le forze dell’ordine quando i genitori non si sono recati a scuola per i ritirare i figli. La politica non si è fatta attendere. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha dichiarato che “i ragazzini di 14 anni vanno protetti in base a una legge per la tutela dei minori. La legge in vigore va rispettata, non si transige sull’obbligo di presenza di un familiare all’ingresso e all’uscita di scuola”. E ha aggiunto: “L’autonomia è importante ma si può sperimentare anche di pomeriggio”.



Apriti cielo. Le famiglie sono insorte, supportate da pareri di educatori e psicologi pro ragazzini “indipendenti”. Per il pedagogista Daniele Novara la scelta che i ragazzini della scuola media debbano essere accompagnati a scuola dai genitori “è un’idea balzana dettata dalla paura, dalla mancanza di responsabilità pedagogica e dalla burocratizzazione della scuola”. In Italia solo il 30 per cento dei ragazzini torna a casa da solo. Nel resto d’Europa si arriva al 90 per cento. “L’età 11-14 è quella dell’autonomia: così precludiamo ai ragazzi ogni percorso di crescita. Li vogliamo chiudere in casa? Non è protezione, ma solo paura”.

La questione è arrivata in Parlamento, nella prossima legge di bilancio è stato inserito un emendamento ad hoc che si intitola “Misure volte a incentivare il processo di auto-responsabilizzazione dei minori di 14 anni, finalizzate a consentire l’uscita autonoma dei minori dai locali scolastici”, prevedendo la possibilità per i genitori di autorizzare l’uscita autonoma da scuola dei figli minori di 14 anni, sollevando la scuola da ogni responsabilità. 

Se davvero sarà adottata questa soluzione normativa, sicuramente le scuole faranno un enorme sospiro di sollievo. Tuttavia l’art. 591 del Codice penale sarà un grande macigno che continuerà a pesare solo sulle spalle delle famiglie. 

Dal mio punto di vista un’altra strada è possibile. La responsabilità della crescita dei ragazzi è necessariamente affidata a una comunità educante che deve agire riconoscendo i diversi soggetti educanti (genitori, scuola, società territoriale) e attivando relazioni educative solidali. Sono convinto che la scuola sia il crocevia di relazioni tra soggetti e contesti che fanno parte della vita dei bambini. Ed è anche luogo di progettualità, dove pensare i modi e le forme attraverso cui accompagnare i bambini in percorsi di crescita che consentano di affinare la loro comprensione del mondo e di imparare ad abitarlo da cittadini. Un percorso impegnativo che presuppone la ricerca di un punto d’incontro tra le responsabilità della scuola e della famiglia in rapporto all’educazione all’autonomia dei minori con garanzia della loro sicurezza.

L’occasione è utile per aprire una riflessione volta a interpretare le attuali condizioni socio-culturali in cui vivono i minori. Quindi, pensare di adeguare la normativa vigente, anche attraverso interventi correttivi dell’art. 591 Cp, attribuendo efficacemente le responsabilità ai soggetti interessati, valorizzando e riconoscendo compiutamente l’autonomia organizzativa delle scuole.

Come ha già efficacemente sostenuto l’Anp, “l’obiettivo è coinvolgere le volontà di tutte le componenti per un patto tra scuola e famiglia che faccia del Regolamento di Istituto uno strumento di gestione condiviso ed efficace nell’interesse della crescita e della sicurezza degli studenti. Le Istituzioni scolastiche sono tenute ad adottare disposizioni interne onde esercitare la vigilanza, effettiva e potenziale, dei minori ad esse affidati che dovranno tener conto di diversi fattori ambientali e individuali ed essere supportate dalle decisioni e dalle scelte organizzative conseguenti concordate con le famiglie. I genitori dovranno assumersi la responsabilità della richiesta di autorizzazione di uscita autonoma dei figli e sottoscrivere una dichiarazione di impegni che la scuola valuterà, autorizzando o meno, sulla base di criteri definiti, l’uscita autonoma al termine delle lezioni agli alunni frequentanti la scuola secondaria di I grado. In tale contesto è fondamentale assicurare un raccordo tra la richiesta di autorizzazione e formula d’impegno genitoriale con il regolamento d’istituto, il Pof e il patto di corresponsabilità educativa che sono adottati dal Consiglio d’Istituto, di cui fanno parte anche i genitori”.

Mi sembra un modo alternativo per affrontare la questione, allo scopo di coinvolgere la responsabilità genitoriale in una materia così delicata, ma ineludibile, del rientro a casa in autonomia degli alunni della scuola media, ed inoltre costituisce un ragionevole tentativo di dare concretezza al nebuloso concetto di “vigilanza potenziale” cui ha spesso fatto riferimento la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

All’orizzonte forse sarà in arrivo qualche novità legislativa più adeguata alle attuali situazioni socio-culturali tuttavia, come ha già scritto su queste pagine Alfio Pennisi, “sarà solo un’alleanza educativa quella che permetterà alla legge di funzionare, collocandola all’interno di una relazione non litigiosa e sospettosa ma solidale tra i due soggetti che condividono l’obiettivo della crescita integrale del figlio/alunno, famiglia e scuola”.