Le sentenze confermano la legge, la legge conferma la realtà: sul fronte dell’eterno rapporto-scontro tra scuole paritarie e scuole pubbliche arriva un’altra sentenza, questa volta dal Tribunale dell’Aquila, che ribadisce una volta di più la norma in Costituzione. Ed elimina ancora il possibile “dubbio” sorto dalla profonda differenza tra scuole private e paritarie: solo le seconde infatti hanno ruolo pubblico e validità per l’appunto “paritaria” con quelle statali. Ma veniamo ai fatti: il Tribunale abruzzese interviene in favore di una ricorrente che non le erano stati riconosciuti gli anni di lavoro presso una scuola paritaria per quanto riguarda le operazioni mobilità. In particolare, una docente di una scuola dell’infanzia, aveva rivendicato il riconoscimento di 15 anni svolti nella scuola paritaria (per un totale di 90 punti in graduatoria), e in questo modo sarebbe riuscita a scavalcare nelle graduatorie diversi colleghi ad Avezzano. Il problema è che i suddetti colleghi hanno ricevuto il trasferimento desiderato, e lei invece no: da qui il ricorso, con la sentenza del Giudice del Lavoro che ha ribadito la legge e ha dato ragione alla docente. «La L. 62 del 2000 ha affermato che il sistema nazionale di istruzione ‘…è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali” e che le suddette scuole paritarie svolgono un servizio pubblico», si legge nella sentenza riportata da La Tecnica della Scuola. Non solo, la Circolale del Miur 163/2000 ha anche preteso che in termini di parità, tutti gli istituti non statali devono «‘dichiarare che il personale docente è munito di titolo di studio abilitante ovvero di specifica abilitazione’ e, altresì, dichiarare che il rapporto di lavoro individuale per tutto il personale della scuola è conforme ai contratti collettivi di settore, così pervenendo ad una piena omogeneità tra il servizio d’insegnamento svolto nelle scuole statali e quello alle dipendenze degli istituti privati paritari».



LA LEGGE PARLA CHIARO

La domanda che sorge però è la seguente: perché se da anni, dopo leggi, riforme e contro riforme, l’ordinamento è chiaro, c’è ancora bisogno di ribadirlo? Cosa non vuole essere accettato del fatto che la scuola paritaria svolge, esattamente come quella statale, una funzione e un ruolo pubblico? La legge, almeno questa volta, è chiarissima: «Il riconoscimento della parità scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale e, più in generale, impegna le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione della finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola. Le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico e devono accogliere chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi; compresi gli alunni e studenti con handicap», si legge nell’ordinamento per la libertà di educazione ai sensi della Legge del 10 marzo 2000, n. 62. Fare confusione con i termini tecnici, per carità, può capitare, ma continuare nella perseveranza di “scambiare” scuole “private” con “paritarie” – mettendo così in rilievo la presunta non funzione pubblica della paritaria in questione – ci sembra molto più diabolico che non un’errore di “distrazione”.

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