Finalmente sembra si stia imboccando la strada giusta e la sentenza del Tribunale dell’Aquila che ha riconosciuto il servizio prestato nelle scuole paritarie uguale a quello prestato nelle scuole statali, ai fini di graduatorie e mobilità, sembra essere una boccata d’ossigeno nel dibattito sulla “parità”, spesso inquinato da una mai morta ideologia di chi non si rassegna al doveroso rispetto della legge 62/2000 che da ben 17 anni ha sancito che “Il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali” e, come ha ribadito il giudice del lavoro, “tutte svolgono un servizio pubblico”.



Questa sentenza assume ed assumerà un’importanza fondamentale poiché evidenzia e sancisce che tutti coloro che operano o usufruiscono del servizio di istruzione debbono aver pari dignità proprio perché, in scuole statali o paritarie, contribuiscono ad esercitare un servizio pubblico (come i docenti) o a fruirne (come gli studenti).



Questo è un tassello importante che completa i chiarimenti che hanno connotato il recente dibattito a partire dalla sottolineatura dell’onorevole Luigi Berlinguer, “padre politico” della legge di parità, quando ha voluto evidenziare che con questa norma si è voluto dare corpo e regolamentazione ad un diritto previsto dalla Costituzione nel terzo comma dell’art. 33 (Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione).

Oggi si può finalmente dire che oltre agli studenti, cui la stessa Costituzione nel quarto comma dell’art. 33 garantisce “un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”, anche ai docenti viene riconosciuta una pari dignità poiché, come ricorda il giudice del lavoro del Tribunale dell’Aquila, Annamaria Tracanna, nella sua ordinanza del maggio scorso, “in linea con la giurisprudenza che ha rilevato l’identica valenza dei servizi svolti negli istituti scolastici statali e paritari sul presupposto dell’ingresso nell’ordinamento della legge n. 62/2000 (c.d. legge per la parità scolastica), da cui deriva l’omogeneità degli stessi anche sul piano giuridico ed economico — ha dichiarato il diritto delle ricorrenti al computo, nella graduatoria per la mobilità, a.s. 2016-2017, del servizio di insegnamento svolto in istituto scolastico paritario”.



Come sappiamo, nel nostro sistema giuridico, le diverse sentenze dei giudici, a volte discordanti, servono a fare “giurisprudenza”, ma in questo caso l’interpretazione definitiva viene dall’importante conferma della sentenza del Consiglio di Stato del 10 novembre scorso con cui si accoglie definitivamente l’istanza e si dà all’interpretazione una rilevanza nazionale e definitiva.

Ora si spera che i temi sulla parità vengano affrontati con spirito diverso anche quando toccano altri diritti derivanti dalla legge 62/2000, come quelli dei genitori ad una libera scelta educativa per i propri figli, o aspetti economici, cominciando laddove (vedi legge sul sistema integrato 0-6) l’applicazione del principio di sussidiarietà consiglierebbe un grande sostegno alle scuole paritarie esistenti anche ai fini di un comprovato risparmio per il bilancio dello Stato.