Appuntamento puntuale ed inevitabile quello, ogni anno, con la legge di bilancio, la nota “Manovra” contesa tra sogni ed aspettative di molti e strategie e assalti di altri. 

Quali novità per la scuola, allora, nella Manovra 2018?

Il pacchetto di misure finanziarie che la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha confezionato per la legge di bilancio 2018 mirano sostanzialmente da un lato a dare sostanza al patto sottoscritto circa un anno fa con i sindacati di categoria — che dovrebbe portare nel 2018 alla ridefinizione dei contratto del personale della scuola — e, dall’altro, a riconoscere il maggior impegno dei dirigenti scolastici dovuto agli adempimenti derivanti dalla Buona Scuola e dalle tante incombenze per le supplenze, per le assegnazioni delle cattedre, per le vaccinazioni obbligatorie, e per le responsabilità in materia di sicurezza.



Già la Manovra 2017 aveva stanziato risorse per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, ma alla fine la contrattazione era stata bloccata proprio per mancanza di coperture finanziarie. Ecco allora giustificate le novità della legge di bilancio 2018, che prevede risorse finanziarie per aumenti degli stipendi dei docenti e dei presidi, con l’esclusione, al momento, dei dipendenti amministrativi, tecnici ed ausiliari (Ata). 



Per i dirigenti scolastici si tratta di una prima risposta ad una richiesta, non più procrastinabile, di equiparare la loro retribuzione fissa a quella dell’area dirigenziale della pubblica amministrazione di cui essi fanno parte, rispetto alla quale percepiscono una retribuzione molto più bassa. Con la legge di bilancio 2018 si proverà a risolvere questa disparità, avvicinando il loro trattamento retributivo a quello delle aree dirigenziali negli altri comparti del pubblico impiego. I dirigenti scolastici potranno avere tra i 400 e i 500 euro in più in busta paga alla voce che assegna alla categoria 95 milioni di euro nel bilancio 2018. 



Attraverso il rinnovo dei contratti statali e del comparto della scuola, i docenti potranno avere, invece, in busta paga 85 euro in più lordi, rispondenti alla voce di perequazione di 1,65 miliardi di euro stanziati. Per i docenti e gli Ata assunti a tempo indeterminato nella scuola — come per tutti i dipendenti statali — si sta discutendo per un congelamento del bonus di 80 euro introdotto dal governo Renzi per chi guadagni attorno ai 26mila euro. I sindacati chiedono, inoltre, anche alcune modifiche alla legge della Buona Scuola e, in particolare, che possano essere spostate le risorse del bonus per il merito ed il bonus di 500 euro per la formazione dei docenti sugli aumenti dei loro stipendi. Questa quota economica, pertanto, cambierebbe da quota variabile in base al merito, a quota fissa della busta paga dei docenti. 

Infine, nonostante le dichiarazioni della ministra Fedeli che prometteva interventi in favore dell’assunzione di circa 6mila unità di personale Ata, categoria peraltro sotto organico, non sono al momento previste alcune risorse specifiche. Così come quelle necessarie al reclutamento di posti per i docenti della primaria e dell’infanzia. Entrambe le categorie sono escluse dalla legge di bilancio, nella quale ad oggi non sono previste assunzioni straordinarie né per il personale Ata né per gli insegnanti di elementari e materne.

Bisogna ricordare però che questo non è ancora il testo definitivo e che tutto dipenderà da quali emendamenti verranno approvati in Parlamento. Queste mancanze saranno colmate oppure anche questa volta per Ata e insegnanti si tratta di un’occasione perduta? Queste settimane di dibattito e di confronto sono decisive. 

Bisognerà attendere le prossime settimane per poter dare un giudizio definitivo e per vedere quali categorie di personale della scuola sarà effettivamente oggetto degli interventi previsti, tra suk, blitz notturni, assalti alla diligenza che il racconto delle sedute parlamentari per l’approvazione delle leggi finanziarie ci ha consegnato negli ultimi anni.

La speranza è che, nel redigere una legge di bilancio che si rispetti, molte delle risorse allocate non siano solo considerate “spese”, ma “investimenti”, prioritari e da salvaguardare a tutti i costi. E la scuola, con le persone che per essa lavorano, meritano, oggi, di essere considerati bene prezioso di una nazione e, per questo, oggetto di  investimenti decisivi per l’incremento del loro ruolo.