La legge di bilancio 2018, già approvata al Senato, stanzia 1,7 miliardi di euro per il rinnovo dei contratti degli statali fermo da 10 anni, ma la misura non è ritenuta soddisfacente dal segretario Turi della Uil scuola, che si è dichiarato convinto che nel secondo passaggio alla Camera “salteranno fuori altre risorse”. In imminenza di elezioni, e dopo un’intensa attività del ministro Fedeli nel corso del suo mandato a sostegno dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici — anche se il ministro Fedeli, ovviamente, opterebbe per “delle lavoratrici e dei lavoratori” — si leva dal mondo della scuola la richiesta di più risorse, ed ancora più risorse, per i docenti. Il comunicato unitario Flc-Cgil, Cisl-scuola, Uil-scuola Rua e Snals Confsal del 30 novembre — non uniti, con grande rammarico della Camusso, sulle pensioni, ma compatti nel mondo della scuola — ha annunciato il proseguo della contrattazione e la raccolta di firme per un “coinvolgimento ampio della società civile”; per una scuola “dove tutte le professionalità hanno dignità e riconoscimento” (leggasi no bonus premio, e quindi più risorse uguali per tutti).
L’esiguità di alcuni provvedimenti previsti nella legge di bilancio per il mondo delle università e della ricerca, quali i 20 milioni per il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio universitarie (Fis), o i 15 milioni totali per borse di studio concesse per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca, non sembra scoraggiare i sindacati della scuola convinti che, fatto trenta, si possa fare trentuno. Li anima, a quanto sembra, la stessa determinazione che ha portato alla reintroduzione, in forma strutturale anche se in extremis e in taglia ridotta, del bonus bebè nella legge di bilancio; una misura che appare molto più lungimirante dell’intenzione di “far saltar fuori altre risorse”, vista la dura lex, sed lex del no babies now, no students then.
Ad ogni modo, sul sito del Miur il ministro Fedeli saluta la legge di bilancio 2018 come un passo importante e positivo, anche in considerazione delle misure per la stabilizzazione dei ricercatori universitari ad essa collegate, e segnala anche il decreto per le lauree professionalizzanti e “la loro armonizzazione con l’offerta degli Its” come “una risposta alla necessità espressa dalle nostre e dai nostri giovani di potersi qualificare rapidamente e anche alla domanda di personale altamente formato che viene da imprese e mondo delle professioni”.
Quindi non solo contratti, smartphones in classe e uscita da scuola senza genitori? Sembrerebbe di no, anche se taluni dei pronunciamenti del ministro non suscitano certo l’interesse mediatico delle dichiarazioni su smartphones o titoli di laurea personali non conseguiti, e nemmeno incontrano il favore di tutti nella scuola: la sua dichiarazione a favore della scuola paritaria nel corso del festival della Dottrina sociale a Verona non ha suscitato interesse, tranne che in coloro che continuano a portare avanti la battaglia per la legge della parità Berlinguer, tuttora disattesa de facto.
Anche quanto detto dal ministro e pubblicato dal Corriere relativamente al prossimo concorso docenti del 2018 contiene un punto potenzialmente innovativo, perché i docenti “potranno scegliere in quale regione candidarsi (e quindi a quale regione essere destinati)”, evitando le “assenze del lunedì”, i certificati medici di docenti che hanno “accettato” il ruolo al Nord ma risiedono al Sud. “Basta furbetti del lunedì”, insomma.
Una sottolineatura che riflette la formazione del ministro Fedeli, sindacalista di lunga data, e nella quale non è pertanto contemplata un’ottica diversa, quella di una regionalizzazione delle competenze (percorsi formativi con anche curricoli differenziabili) in ambito scolastico. L’esito di questa decentralizzazione sarebbe una differenziazione di modelli didattici quali quella della Germania, per numero di anni di corso e possibilità di scelta, rispetto alla quale anche la sperimentazione in cento scuole della quadriennalizzazione dei percorsi liceali, per citare l’esempio più recente, è un tentativo inevitabilmente limitato; anche se, al momento, è una delle poche occasioni non per un semplice ripensamento del quadro orario, ma per una reale innovazione dei percorsi didattici.