Caro direttore,
E’ di qualche settimana il gioco di forza dei sindacati confederali per strappare il possibile da una contrattazione iniziata il 30 novembre 2016 alla vigilia del referendum costituzionale e culminata un anno dopo con qualche incontro ed un nulla di fatto presso L’Aran. Nel frattempo la legge di bilancio decreta che non ci sono soldi e rende di fatto inutili le contrattazioni che si susseguiranno probabilmente fino a fine anno. La trattativa sembra spaccare già i cinque sindacati con potere di firma, e ciò forse anche grazie al tam-tam sui social che gli insegnanti stanno facendo dall’inizio dell’anno scolastico sull’ipotetica “mancetta” che rifiutano categoricamente.
Per dovere di cronaca occorre precisare che l’aumento previsto di 85 euro è da intendersi a fine triennio, un triennio che inizia il 1° gennaio 2016 e che è contraddistinto da un aumento progressivo di 15 euro per il primo anno, 40 per il secondo e 85 per il terzo anno ovvero il 2019. Cifre che si riducono a meno del 50 per cento nette, visto che dalla cifra iniziale occorre detrarre circa il 24 per cento di contributi previdenziali a carico dello Stato, il 9 per cento di contributi a carico del lavoratore e l’aliquota Irpef del 27 per cento.
C’è anche da considerare che occorre scontare l’intensità di vacanza contrattuale al momento presente nei cedolini e compresa fra 12 e 13 euro. Ciò vuol dire che per il primo anno nella migliore delle ipotesi l’aumento è di 2 euro lordi? Sul tavolo delle trattative pare ci siano anche decisioni sui tre giorni di permesso retribuito annui e su 40 ore aggiuntive di attività oltre alle 40+40. Ore da dedicare alla formazione e già velatamente menzionate nella legge 107/2015.
Professione Insegnante, comunità di quasi 100mila docenti su Facebook non ci sta e fa sapere che in caso di firma di un tale contratto straccerà le tessere di quei sindacati che approveranno la proposta. E’ nata, infatti, da circa un mese una petizione che chiede ai principali sindacati di non firmare un contratto che non preveda almeno 200 euro netti al mese di aumento, tanti quanti gli insegnanti meritano dal momento che il contratto è fermo da 9 anni e che nel frattempo il costo della vita è cresciuto del 12,5 per cento (fonte Il Sole 24 Ore). Un aumento che, ci tiene a precisare Professione Insegnante, è da definire “adeguamento”.
La petizione partita on line a fine ottobre ha raggiunto quasi 80mila firme e punta a rappresentare un no categorico alla firma di un contratto cosi come si prospetta. Tra l’altro la legge di bilancio è in fase di votazione in Parlamento e non si capisce come l’Aran possa cambiare proposte radicalmente. I sindacati ci sperano ma si tratta di un’operazione di facciata che punta semplicemente ad arrivare alla fine con il classico: “abbiamo fatto tutto il possibile ma non potevamo rinunciare a questo aumento importante per i docenti”. 40 euro netti sarebbero un aumento importante?